I “passi” di Famiglie Insieme
nel 2018-2019
“Amoris Laetitia”
Quest’anno “Famiglie Insieme” rifletterà sull’Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco scritta a conclusione del sinodo sulla famiglia.
Per questo, per avere uno sguardo d’insieme sul documento, sono stati invitati Ornella e Roberto Amodio dell’ufficio diocesano Famiglie e Vita.
Si riportano qui di seguito un sunto della loro presentazione.
Il sinodo sulla famiglia, che si è svolto in due sessioni nel 2014 e nel 2015, è stato preparato con una grande consultazione delle diocesi e delle parrocchie di tutto il mondo. L’ “Amoris Laetitia”, che è la sintesi fatta dal papa dopo aver ricevuto le conclusioni dell’assemblea, è quindi nato in un certo senso dal basso riportando la voce di molti fedeli.
Papa Francesco, dopo l’esortazione “Evangelii gaudium“, propone “Amoris Laetitia” a sottolineare come la gioia è un tema a lui molto caro: la gioia del Vangelo, la gioia della famiglia.
La famiglia ci fa entrare nella realtà dell’amore trinitario.
Colpisce subito un linguaggio diverso da quello solito dei testi della Chiesa perché è un linguaggio semplice rivolto a tutti; ma la semplicità non diminuisce lo spessore dei suoi contenuti.
Per iniziare si danno 5 chiavi di lettura del documento per tracciarne le linee generali, poi si definiscono i 9 capitoli che saranno esaminati nel corso dell’anno.
Chiavi di lettura:
- Il coraggio di amare per sempre. Viviamo in una cultura del provvisorio dalle cose alle persone. I paragrafi 39 e 40 esprimono questo concetto con enfasi. Al 319 si sottolinea persino «colui che non si decide ad amare per sempre, è difficile che possa amare sinceramente un solo giorno».
- Uno sguardo positivo sull’amore coniugale e sulla famiglia. Per lungo tempo la Chiesa ha indicato il matrimonio come “remedium concupiscentiae“ quasi una scappatoia per evitare guai e peccati più gravi. Il papa sottolinea invece tutta la bellezza della creazione della famiglia come scelta vocazionale di impegno e condivisione.
- La misericordia pastorale come chiave di lettura delle situazioni difficili. Nei pastori, ma anche nel comportamento di tutti i fedeli, quando c’è l’indecisione nel definire una situazione occorre far prevalere la misericordia. Le parole d’ordine sono: accompagnare ed accogliere.
- L’applicazione della “legge della gradualità”. Che non è “gradualità della legge” ma la paziente attesa per una graduale crescita dell’attività umana, anche delle coscienze.
- Avere sempre a mente che il tempo è superiore allo spazio. Ci sono situazioni in cui tutto è limitato al momento presente con la tentazione del tutto e subito. Invece, dando tempo alle cose, si possono risolvere problemi che al primo impatto sembrano insuperabili. Imparare dal contadino che ha la pazienza di attendere la crescita del raccolto.
Si evidenzia ora in breve il contenuto dei 9 capitoli.
Capitolo 1: Alla luce della parola
Sono presentate alcune figure significative di famiglie presenti nella Bibbia. Al punto 16 si dice: “La Bibbia considera la famiglia anche come la sede della catechesi dei figli”.
Capitolo 2: La realtà e le sfide della famiglia
Descrive la situazione attuale della famiglia e ci invita a partire da quello che abbiamo davanti per iniziare ad affrontare situazioni reali con obiettivi percorribili. Si chiede di fare “autocritica” (AL 36). Si sottolinea che a volte si è proposto più un peso di cui farsi carico piuttosto che un cammino di crescita. C’è anche un monito agli educatori: “siamo chiamati a formare le coscienze e non a pretendere di sostituirle”.
Capitolo 3: Lo sguardo rivolto a Gesù: La vocazione della famiglia
Al num. 61 si dice Il matrimonio è un «dono» del Signore”. Quindi (AL 62) “L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”: Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio”.
Il matrimonio è un sacramento quindi segno e strumento dell’amore di Dio. Essendo segno dobbiamo far vedere tramite di esso come Dio ci ama.
Capitolo 4: L’amore nel matrimonio
È quasi un libro a parte che si inserisce all’interno dell’esortazione. Il papa spiega l’inno alla carità dalla lettera di San Paolo ai corinzi agli sposi ed invita a vivere l’inno alla carità nella vita matrimoniale.
Capitolo 5: L’amore diventa fecondo
Il papa invita ad allargare l’orizzonte non solo alla fecondità della creazione di una nuova vita ma anche alla generazione dell’amore in tutte le sue forme. Gli sposi devono insegnare ai figli l’amore in cui credono.
Occorre anche considerare la gratuità dell’amore: «i figli sono amati ancora prima che arrivino» ed anche «i figli sono amati prima di aver fatto qualsiasi cosa per meritarlo» (AL 166).
Capitolo 6: Alcuni suggerimenti pastorali
Le famiglie devono essere soggetto della pastorale e non solo oggetto della pastorale. Le famiglie non hanno solo bisogno di pastorale ma devono essere loro stesse protagoniste della pastorale.
Ai num. 202 e 203 si sottolinea l’importanza della formazione nei seminari dei futuri sacerdoti per una preparazione più adeguata ai temi della famiglia e si aggiunge “Perciò è importante che le famiglie accompagnino tutto il processo del seminario e del sacerdozio, poiché aiutano a fortificarlo in modo realistico”.
Si chiede anche di “guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio” (AL 205 e seg.) e “accompagnare nei primi anni della vita matrimoniale” le giovani coppie (AL 217 e seg.)
Capitolo 7: Rafforzare l’educazione dei figli
Il papa chiede di affrontare l’educazione dei figli con “paziente realismo”. La trasmissione della fede va adattata a ciascun figlio ed afferma che “I bambini hanno bisogno di simboli, di gesti, di racconti. Gli adolescenti solitamente entrano in crisi con l’autorità e con le norme, per cui conviene stimolare le loro personali esperienze di fede e offrire loro testimonianze luminose che si impongano per la loro stessa bellezza” (AL 288).
Capitolo 8: Accompagnare, discernere e integrare la fragilità
È un capitolo molto denso che ha attirato l‘attenzione dei media quasi fosse l’unico tema trattato nell’esortazione. In tutte le situazioni occorre avvertire le spie che si accendono ed intervenire in tempo prima che si possa solo constatare che non c’è nulla da fare.
Alcuni suggerimenti importanti:
- Dinanzi alle famiglie ferite, la Chiesa non deve giudicare; «sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione» (AL 296).
- Non tutte le situazioni sono le stesse. Già al capitolo 6 aveva descritto situazioni totalmente diverse, da affrontare in modo diverso:
- casi in cui la separazione è inevitabile e talvolta anche moralmente necessaria (AL 241).
- la situazione dei divorziati non risposati (AL 242).
- la situazione dei conviventi e dei separati risposati (AL 243).
- Per ciascuno di questi, occorre mettere in atto strategie diverse e per questo è importante stabilire dei criteri di discernimento quali:
- nei casi di un’unione consolidata dove tornare indietro creerebbe più problemi (AL 298).
- verificando il comportamento verso i figli nel momento del distacco e nei tempi successivi.
- l’esistenza o meno di tentativi di riconciliazione.
- la situazione del partner abbandonato che a volte cade in enormi difficoltà.
- le conseguenze che si potrebbero arrecare al resto della famiglia.
Anche sulla base di quanto esposto ai num. 296-299 sulle situazioni irregolari, il papa afferma: “è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi.”
Il criterio cardine è quindi quello di una misericordia pastorale: le leggi morali non possono essere usate come pietre (AL 305). Come pure si chiede di adottare il criterio dei piccoli passi perché non tutto è da considerarsi “bianco o nero” (AL 305). Sempre in questo punto (AL 305) si richiama quanto detto nella Evangelii Gaudium (EG 44) «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà».
Capitolo 9: Spiritualità coniugale e familiare
Per attuare un vero cammino di santificazione nella vita familiare, come l’esempio di alcune coppie di sposi elevati agli altari, occorre:
- riscoprire la preghiera in famiglia
- prendersi cura l’uno dell’altro
- far diventare le parrocchie “famiglie di famiglie”
A conclusione di questo riassunto si riporta quanto indicato nelle due diapositiva allegate.
La prima contiene dei consigli pratici di papa Francesco agli sposi (AL 226):
1) Datevi sempre un bacio al mattino.
2) Beneditevi tutte le sere.
3) Aspettate l’altro ed accoglietelo quando arriva.
4) Uscite qualche volta insieme.
5) Condividete le faccende domestiche.
6) Festeggiate le belle esperienze.
La seconda lancia la grande sfida di Amoris Laetitia : “Sappiate sempre “indicare strade di felicità” (AL 38).
L’incontro di questa sera è dedicato alla lettura del primo capitolo dell’Amoris Laetitia e incominciamo recitando il salmo 128 (127) citato proprio in questo capitolo quasi a voler entrare, all’inizio dell’esortazione in una famiglia che aspetta.
Nel salmo è citata la tavola, il momento in cui la famiglia si riunisce, per accogliere le beatitudini del salmo. E’ quindi una famiglia sotto la benedizione di Dio. L’Amoris Laetitia, così come abbiamo già riflettuto nella presentazione generale del testo a novembre è frutto del lavoro di due Sinodi sulla famiglia svoltisi nel 2014 e nel 2015 di cui il papa ha tratto le conclusioni.
Il primo capitolo è quasi una ouverture che tocca tutti i temi che verranno poi trattati a lungo nei capitoli successivi.
La proposta di riflessione che ci viene fatta stasera, dando per certo che tutti abbiano avuto modo di leggere il testo proposto, è quella di sottolineare alcune frasi dei vari numeri per aprire una discussione in comune.
N. 9: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne” (Gen 2,24).
La situazione attuale sembra che molti giovani non riescono a fare questo passo di allontanamento rimanendo legati ai propri genitori anche quando le condizioni di lavoro lo richiedono. E’ come se mantenessero sempre un piede, un legame nella famiglia di origine. E’ invece importante ritrovare questo spirito di scelta unitaria e duratura per identificare l’essere con cui si vuole diventare “per sempre” una sola carne.
N. 11: “Il nostro Dio, nel suo mistero più intimo, non è solitudine, bensì una famiglia, dato che ha in sé paternità, filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore. Questo amore, nella famiglia divina, è lo Spirito Santo”. (Giovanni Paolo II)
Il battesimo ci rende parte della chiesa ma i sacramenti che creano la chiesa sono il matrimonio e l’ordine sacro, ma senza il matrimonio il sacerdote non battezza nessuno. Così come recita un libro, è questa la prima generazione senza fede perché la trasmissione della fede si sta esaurendo. Per questo il papa menziona spesso i nonni perché sono quelli che possono ancora suscitare una trasmissione della fede che è stata sempre la fonte della continuità.
N.12: “un aiuto che gli corrisponda” (Gn. 2,18-20)
Si sceglie il compagno non solo per ricoprire una solitudine ma per completare un rapporto d’amore, un aiuto che gli sia simile.
Quando si vive nella vedovanza, le persone anziane spesso si lamentano di “essere sempre sole”, anche se sono contornate dall’affetto dei figli e nipoti. Ma la solitudine nasce dalla mancanza di quella persona che è stato “l’aiuto che gli corrisponde” e che non può essere a volte ricoperto da altre presenze anche se attente ed affettuose.
Questa solitudine non può essere riempita da nessuno perché siamo prima chiamati alla vocazione di un legame personale con Dio.
N.13: “Si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne” (Mt 19,5; cfr Gen 2,24)
L’unione matrimoniale non solo nella donazione corporea ma anche in quella spirituale. Ed allora ci si chiede subito: “come è possibile e cosa significa ricominciare un cammino con un’altra persona, creando una nuova unione?
Da sottolineare il verbo “saranno” perché è un qualcosa che occorre raggiungere, è sempre un divenire. Allora, nei casi di una nuova unione, possiamo pensare che questo percorso non si sia mai completato.
Gesù parla del divorzio dicendo: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi”. Ed infatti ci sono alcuni separati che scelgono di essere fedeli al matrimonio anche dopo la separazione. C’è un disegno di Dio nell’unità che deve essere rispettato anche nelle difficoltà. Ma questa scelta può essere accettata solo se c’è una scelta di fede forte.
In alcuni casi si può addirittura interpretare come un dono il restare soli per dedicarsi interamente al Signore.
C’è da fare un percorso a priori nell’adolescenza per educare all’affettività per capire che Dio chiama ad un “per sempre” prima con Lui e poi con il partner.
La comunità cristiana è chiamata a stare a fianco di queste persone con accoglienza, accompagnandole nelle loro difficoltà.
N.14: “I tuoi figli come virgulti d’ulivo” (Sal 128,3),
E’ una promessa del completamento della famiglia. E’ un compito artigianale che va costruito ogni giorno. I figli vedono cosa fanno i genitori; non si può imporre loro la nostra volontà ma è più importante l’esempio.
Essere santi significa vivere la propria fede nella quotidianità. Anche nel rapporto con i figli ci si può santificare.
N. 17: I figli sono chiamati ad accogliere e praticare il comandamento: “Onora tuo padre e tua madre” (Es 20,12), dove il verbo “onorare” indica l’adempimento degli impegni familiari e sociali nella loro pienezza, senza trascurarli con pretese scusanti religiose (cfr Mc 7,11-13). Infatti, “chi onora il padre espia i peccati, chi onora sua madre è come chi accumula tesori” (Sir 3,3-4).
L’attenzione ai genitori, specialmente quando sono nell’età della vecchiaia passa attraverso mille modi. Anche il donare il proprio tempo, che sembra essere tolto alle altre attività, moltiplica il tempo a disposizione. Si può dire che quando poi il genitore a cui si è dedicato tempo non c’è più, non si ha più tempo a disposizione ma sembra di non riuscire a completare tutto. Quindi “donare il tempo, lo amplifica”.
N. 18: Il Vangelo ci ricorda anche che i figli non sono una proprietà della famiglia, ma hanno davanti il loro personale cammino di vita.
C’è sempre il dilemma se lasciare i figli decidere del loro futuro o istradarli fino addirittura ad imporre un percorso che vogliamo loro facciano.
Noi siamo spettatori di quello che avviene intorno a noi specialmente nel rapporto con i figli. IL SIgnore ci ha dato una sola arma ed è la preghiera. A volte di fronte a quello che vediamo nei nostri figli dobbiamo fare come Mosè che salì sul monte a pregare mentre si svolgeva la battaglia.
Impariamo anche da Maria alle nozze di Cana. Lei affida a Gesù gli sposi perché “non hanno più vino”. Vede un problema, un imbarazzo, non sa cosa fare, né sa cosa può fare il Figli. Ma li affida perché sia Lui a decidere in che modo intervenire.
Anche questo è il compito dei genitori che, in alcune circostanze, hanno solo la strada di affidare i propri figli al Signore perché Lui la trovi.
Continuiamo la riflessione sul 1° capitolo dell’Amoris Laetitia.
I paragrafi dal 19 al 22 sono intitolati “Un sentiero di sofferenza e di sangue” e può sembrare che la famiglia venga considerata una tortura. Vediamoli nel dettaglio.
N. 19: “E’ la presenza del dolore, del male, della violenza che lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore.” ed anche “La Parola di Dio è testimone costante di questa dimensione oscura che si apre già all’inizio quando, con il peccato, la relazione d’amore e di purezza tra l’uomo e la donna si trasforma in un dominio: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà» (Gen 3,16).
C’è la sensazione di sofferenza quando ci sono cose che scuotono la pace familiare, anche le tensioni familiari tra figli e genitori.
Quando i figli si sposano la famiglia si allarga e include anche generi e nuore che diventano parte della famiglia. E se questa nuova famiglia si rompe non sempre si riesce a tagliare questo legame perché sono diventati parte della famiglia. Anche nel periodo del fidanzamento si riesca a considerare figli i nuovi “arrivati” perché ci si affeziona.
Nel mondo attuale la convivenza è “normale” e bisogna avere comprensione per questa situazione anche se non si riesce a condividerla.
N. 20: “E’ un sentiero di sofferenza e di sangue che attraversa molte pagine della Bibbia …”. La famiglia come era all’inizio oltre che un ideale evangelico era anche una conquista culturale. Noi abbiamo molto drammatizzato sia il matrimonio che la sessualità rispetto a quello che comprendevano i primi uomini.
Per noi è diventato un problema dopo che Gesù ha richiamato l’ideale di Dio nel rapporto uomo-donna. Bisogna convenire che è un fallimento la separazione specialmente quando ci sono anche i figli. Nei figli si percepisce una paura quando i genitori litigano perché c’è il timore di una rottura.
Apprezzo questo calarsi nella realtà del documento perché attualmente essa è dura: oggi la vita della famiglia è fatta di sudore, rotture, difficoltà. Ed il Sinodo innanzitutto ha cercato di verificare come agire per sanare queste rotture e queste difficoltà.
I paragrafi dal 23 al 27 sono intitolati “La fatica delle tue mani”
N. 23: “Che il lavoro sia una parte fondamentale della dignità della vita umana, lo si deduce dalle prime pagine della Bibbia, quando si dice che «il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2,15).
Il non lavoro è anche causa di separazione perché nascono incomprensioni, depressioni ed abbattimenti.
La precarietà del lavoro genera una perdita di dignità dell’uomo e della donna che si ripercuote sulla famiglia.
La crisi della famiglia nasce dal non prendere seriamente il sacramento del matrimonio. Non bisogna generalizzare perché anche prima si rompevano le famiglie e se non lo facevano era perché si sopportavano. L’argomento è molto complesso e con molte sfaccettature. Noi come società viviamo in un mondo molto malato. Il mondo è cambiato e la tecnocrazia ci invade e ci propone situazione che prima non esistevano. Alcuni sono abbastanza forti nel comprendere queste situazioni ma persone più deboli percepiscono solo i dubbi che ne derivano.
I paragrafi dal 27 al 30, che concludono il capitolo sono intitolati “La tenerezza dell’abbraccio”
N. 27: “Cristo ha introdotto come segno distintivo dei suoi discepoli soprattutto la legge dell’amore e del dono di sé agli altri (cfr Mt 22,39; Gv 13,34)
N. 28: “Nell’orizzonte dell’amore, essenziale nell’esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia, risalta anche un’altra virtù, piuttosto ignorata in questi tempi di relazioni frenetiche e superficiali: la tenerezza.”
Don Giovanni diceva che i rapporti di coppia sono carenti di tenerezza e per motivi diversi qualcosa viene a mancare tra moglie e marito; specialmente quando non si è più giovani viene a mancare l’armonia.
Talvolta ci sentiamo carenti di tenerezza e nasce l’aridità. La tenerezza non è da sottovalutare ma da tenere sempre presente. Con il nostro comportamento possiamo aiutare a non cadere in queste situazioni.
In un recente incontro mons. Rocchetta, esperto della pastorale familiare, ha parlato di tenerezza. Ha sottolineato 3 punti che vogliamo qui riportare:
- Nella Bibbia si parla di misericordia di Dio ma spesso il termine giusto da usare è tenerezza.
- Ogni coppia dovrebbe abbracciarsi almeno 4 volta al giorno come segno di affetto e di appartenenza.
- Nella sua esperienza mons. Rocchetta ha fondato la “casa della tenerezza” a Perugia dove con 11 coppie cura le crisi di coppie. Un suo dato è che circa il 60% delle coppie in crisi riescono a superare le difficoltà con questa terapia.
Anche nei nostri incontri di preparazione al matrimonio diciamo ai fidanzato che se è bene che un uomo non sia solo è anche bene che una coppia non sia sola. Se una coppia non cerca un aiuto nei momenti del bisogno, difficilmente da sola riesce a superare le difficoltà. E’ vero che bisogna avere le strutture che siano capaci di aiutare chi è in difficoltà ma occorre anche che le coppie vogliano farsi aiutare.
N. 29: “Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la Parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di persone che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.”
La chiesa non è solo un problema che riguarda i sacerdoti ma riguarda anche la famiglia perché anche noi, come famiglia, abbiamo le nostre responsabilità. Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza e l’immagine perfetta della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo è riflessa nella famiglia come padre, madre e figli. L’armonia si percepisce e si realizza di più in una famiglia e quindi la famiglia è il luogo privilegiato per conoscere la Santa Trinità.
N. 30: “Davanti ad ogni famiglia si presenta l’icona della famiglia di Nazareth, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi. Come i magi, le famiglie sono invitate a contemplare il Bambino e la Madre, a prostrarsi e ad adorarlo (cfr Mt 2,11). Come Maria, sono esortate a vivere con coraggio e serenità le loro sfide familiari, tristi ed entusiasmanti, e a custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio (cfr Lc 2,19.51). Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente. Perciò può aiutarci a interpretarli per riconoscere nella storia familiare il messaggio di Dio.”
Io mi sono fatto la convinzione che senza Maria non si vive da nessuna parte. Da bambino mi hanno sempre insegnato a pregare Gesù ed ho fatto fatica col tempo a capire la Madonna. A volte è difficile comprendere la ripetitività del Rosario ma capisco che è importante come contatto continuo con Maria.
Il capitolo secondo dell’Amoris Laetitia che esamineremo stasera ha il titolo “LA REALTÀ E LE SFIDE DELLE FAMIGLIE”
E’ una grande fortuna far parte di un gruppo famiglie perché molte famiglie soffrono di un senso di solitudine. Giovani coppie si trovano sole, lontano anche dalle famiglie di origine e tra loro scende il silenzio.
Essere accompagnati specialmente all’inizio della vita di coppia è importante perché condividere un cammino aiuta per sostenersi e fare le scelte giuste. Non solo perché siamo cristiani ma perché è importante condividere le scelte.
Questo secondo capitolo parla a lungo della creazione e della gestione dei gruppi famiglie.
Oggi la famiglia è un “recipiente” in cui c’è tutto. La chiesa deve offrire un accompagnamento a tutte queste realtà. La parrocchia non può andare a prendere le persone ma deve invece offrire un servizio. Non si trova tempo da dedicare a questa attività ma se il tempo si trova si è poi ripagati. Perché è un tempo dedicato a se stessi, alla coppia.
Questo capitolo ci è sembrato una denuncia dei problemi della famiglia di oggi. Tutti noi ne abbiamo consapevolezza guardando le nostre famiglie e la cerchia che ci circonda.
Non manca, come sempre in papa Francesco, l’obbligo della speranza.
Sottolineiamo 3 punti che ci possono far riflettere sul nostro impegno.
Punto 37:
“Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle.”
Per chi ha conosciuto Matilde Giardina, ne voglio ricordare un suo pensiero che aveva molto forte: il primato della coscienza. Non so quanto siamo capaci di fare questo. E’ più facile dirlo che bisognerebbe farlo e non farlo realmente.. Occorre agire nel rispetto delle capacità che le altre persone hanno di agire. Non bisogna forzare ma dare campo libero al Signore di agire in ogni persona.
Punto 49:
Se tutti incontrano difficoltà, in una casa molto povera queste diventano più dure.[36] Per esempio, se una donna deve allevare suo figlio da sola, per una separazione o per altre cause, e deve lavorare senza la possibilità di lasciarlo a un’altra persona, lui cresce in un abbandono che lo espone ad ogni tipo di rischio, e la sua maturazione personale resta compromessa. Nelle difficili situazioni che vivono le persone più bisognose, la Chiesa deve avere una cura speciale per comprendere, consolare, integrare, evitando di imporre loro una serie di norme come se fossero delle pietre, ottenendo con ciò l’effetto di farle sentire giudicate e abbandonate proprio da quella Madre che è chiamata a portare loro la misericordia di Dio. In tal modo, invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in «pietre morte da scagliare contro gli altri»
Le parole del papa quasi mi commuovono perché tante volte in una realtà come quella di Napoli siamo portati a giudicare. Segnalo che non dice “convertire” ma “comprendere”. Si parla anche degli anziani e degli ammalati ed al punto 48 dice “La Chiesa, […] sente il dovere di aiutare le famiglie che si prendono cura dei loro membri anziani e ammalati»”
Punto 57:
“Le realtà che ci preoccupano sono sfide. Non cadiamo nella trappola di esaurirci in lamenti autodifensivi, invece di suscitare una creatività missionaria. In tutte le situazioni «la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. […] I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana».”
Spesso poniamo alle famiglie degli obiettivi belli ma troppo distanti da loro. Dare alle famiglie la certezza di un cammino da dover fare indipendentemente dal traguardo dove possono arrivare. Dobbiamo puntare sulla base fondamentale dell’amore per costruire giorno per giorno un cammino.
Occorre ricordare che “Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro.” [35]
Bisogna anche considerare che: “Altre volte abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario.” [36]
La serata è stata dedicata alla riflessione sul capitolo 3 dell’Amoris Laetitia.
Si riportano qui di seguito alcuni paragrafi particolarmente sottolineati nel corso della discussione con alcuni commenti che ne sono seguiti.
Par. 59 “Il nostro insegnamento sul matrimonio e la famiglia non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita.”
Questa affermazione ispira tutto il capitolo che stiamo leggendo
Il papa sottolinea anche al num. 60 “Entro tale quadro, questo breve capitolo raccoglie una sintesi dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. Anche a questo riguardo citerò diversi contributi presentati dai Padri sinodali nelle loro considerazioni sulla luce che ci offre la fede. Essi sono partiti dallo sguardo di Gesù e hanno indicato che Egli «ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio». Allo stesso modo, il Signore ci accompagna oggi nel nostro impegno per vivere e trasmettere il Vangelo della famiglia.”
Num. 71: Nella famiglia umana, radunata da Cristo, è restituita la “immagine e somiglianza” della Santissima Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore. Da Cristo, attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia dello Spirito Santo, per testimoniare il Vangelo dell’amore di Dio».
Abbiamo una grande responsabilità perché dobbiamo essere attenti a testimoniare questa somiglianza. E’ una responsabilità grande che deve nascere da una consapevolezza.
Gli sposi sono immagine di Cristo e della Chiesa in un amore totale; di questo dovremmo avere consapevolezza e fondare il nostro matrimonio su questa forza dello spirito e non sulle nostre forze umane. I coniugi dovrebbero continuamente invocare lo Spirito Santo per essere aiutati nel loro cammino.
Num. 73: “…Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. …”
Le situazioni che si vivono in famiglia sono tali da creare tensioni che vengono poi facilmente scaricate sul compagno. Solo la forza del sacramento permette di superare questi momenti.
Viene portato ad esempio la vita insieme di due persone che si sono sempre dichiarate “atee”, si sono sposati solo in municipio ma che sono stati capaci di vivere con dedizione la loro unione sopportando la malattia di lei e del figlio senza mai un attimo di debolezza.
Altra punto di riferimento è la famiglia di Nazareth che richiama il libro di Carlo Carretto “Famiglia piccola chiesa”. Nella comunità di Spello si parla spesso di come si vive in famiglia il nostro Nazareth.
Tutto il capitolo 3 è incentrato sulla misericordia; in particolare si richiamano le situazioni imperfette (num. 77-78). Al num. 77: Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose», benché non manchino neppure le ombre. Possiamo affermare che «ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male – una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante –, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, religione o regione appartenga».
Mentre al num. 78 si afferma: Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.
“Dallo sguardo alla carezza” pensando al cambiamento della chiesa nei confronti delle famiglie ferite. E’ fondamentale quanto detto al num. 78 circa il riconoscimento delle situazioni di dolore. L’apertura e la possibilità di un cammino nella fede anche in situazioni che non permettano la completa comunione. Al num. 79 si legge: «Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione»
La chiesa quindi non dà risposte generiche al mondo perché ci deve essere sempre un cammino personale di riavvicinamento.
Al num. 82 si parla della genitorialità; in particolare “I Padri sinodali hanno affermato che «non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia». L’insegnamento della Chiesa «aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità”
Rispettare quindi la dignità della persona perché ciascuno di noi fa un cammino; sono certamente passi avanti che la chiesa ha fatto in questi tempi.
Il cammino vocazionale è importante. Tempo fa si parlava di vocazione solo per la vita religiosa e sacerdotale. Ora invece si parla di scelta vocazionale anche per la vita matrimoniale. Quindi, a paragone del cammino fatto dai seminaristi, la preparazione al matrimonio dovrebbe essere accompagnata per un periodo più lungo e non solo, come si fa ora, in prossimità della data del matrimonio. Per arrivare a scegliere il sacramento del matrimonio bisogna essere prima innamorati di Dio. Solo vivendo così il sacramento lo si può confermare ogni giorno.
La condiscendenza è il calarsi di Dio sulle creature. Dio si è adattato alle situazioni umane, ha accompagnato l’uomo. Dio non abbandona queste situazioni difficili e diverse perché Dio non abbandona nessuno. Dio dà sempre una speranza in ogni situazione difficile.
Dio è sceso fino a dove l’uomo è arrivato per dargli, in ogni condizione, una speranza.
L’incontro finale per l’anno 2018-19 si è svolto nel salone del caminetto della parrocchia
Dopo il canto “Vieni Spirito” don Giuseppe fa una meditazione sul passo del vangelo Mt 14,22-33:
Gesù cammina sulle acque
22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Nel brano si distinguono tre parti diverse: Gesù sulla montagna, la tempesta e Pietro cammina sulle acque.
Il “subito dopo” si riferisce al miracolo della moltiplicazione dei pani appena avvenuto al capitolo precedente.
Gesù costringe gli apostoli ad andare sull’altra riva salendo sulla barca perché temeva che potevano essere esaltati dalla folla che aveva assistito al miracolo.
Anche Gesù si nasconde sul monte per la stessa ragione; sceglie il monte che è il luogo della preghiera, perché più vicino a Dio. Gesù cerca una solitudine piena di preghiera. Nella preghiera Gesù cerca la volontà di Dio.
La preghiera di Gesù non è solo un comunicare con il Padre ma la ricerca del progetto di vita nella sua vita..
Chiediamoci: come ci poniamo noi davanti alle scelte della nostra vita? Gesù spesso è solo davanti alle scelte della sua vita e, a colloquio con il Padre, cerca la sua volontà.
La tempesta.
La tradizione della chiesa ha visto in questa barca in mezzo alle onde la chiesa nel mondo contemporaneo. Anche S. Agostino fa questo paragone.
Gesù appare alle prime luci dell’alba. Questa situazione richiama il passaggio del Mar Rosso dove gli Israeliti, alle prime luci dell’alba videro i corpi e Mosè intonò il canto.
Richiama anche la resurrezione dove sta scritto: “le donne andarono di buon mattino”.
Gli ebrei non erano un popolo di pescatori e del mare avevano abbastanza paura.
Gli esegeti dicono che questo brano del vangelo sia stato scritto nella prime fasi della comunità. Si ponevano quindi la domanda: “Il Signore dove è?” Gesù viene scambiato per un fantasma così come nelle prime apparizioni dopo la Pasqua.
In questo brano c’è la richiesta di saper riconoscere Gesù nella traversata della vita che noi facciamo. Ci sono momenti sereni e momenti di timore e non sempre è facile tenere presente questa “presenza” del Signore.
Parliamo con facilità delle nostre croci e cadute mentre facciamo fatica a riconoscere la Resurrezione ed insieme la nostra resurrezione e trasformazione.
L’avvento sottolinea l’aspetto della speranza, il Natale l’esaltazione della nostra umanità nella venuta del Cristo, la quaresima la fatica della vita e la Pasqua la nostra resurrezione.
La barca dove noi viviamo non è nostra ma è la barca del Signore e sarà lui ad averla a cura al di là del nostro impegno.
Chiediamoci: “Come vediamo il Signore?” Pietro ascolta la parola di Gesù: cammina sulle acque basandosi sulla parola di Gesù. Poi subentra il rumore del vento, il rumore di altre vosi che lo fanno dubitare e quindi affondare.
In quel momento c’è il grido: “Signore salvami!” Le difficoltà della vita ci fanno sperimentare la necessità di chiedere aiuto al Signore.
La preghiera più vera è dell’uomo che sta affogando e chiede aiuto.
La fede ci fa camminare sulle acque. La tempesta in corso è la situazione della nostra vita e ci fa ricordare che c’è un Salvatore che può aiutarci a camminare sulle acque.
“Uomo di poca fede”, come per tutti noi: ma anche quel poco di fede che ci è rimasta può aiutarci a risvegliarci quando ci troviamo nella difficoltà.
E’ importante che in questa traversata della vita la presenza del Signore sia lampante, visibile.
La domenica noi diciamo “Io credo”. Anche se è una comunità che ci sostiene, la fede è una scelta personale.
A nessuno di noi manca un’esperienza della vita in cui sentiamo la mano del Signore che ci aiuta a riemergere dal nostro affondare.