I “passi” di Famiglie Insieme
nel 2012-2013
La fede, vissuta nella coppia e nella famiglia
Dalla costituzione dogmatica “Lumen Gentium” (LG,11)
Il sacerdozio comune esercitato nei sacramenti
I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio. Da questa missione, infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale.
d.G.i
Un sacramento per significare e partecipare il mistero di unità e fecondità che è il rapporto tra Cristo e la Chiesa.
Stiamo leggendo, in quest’anno B del ciclo triennale, il capitolo 10 di Marco con le esigenze forti del vangelo su indissolubilità, bambini, denaro. L’insegnamento di Gesù sul divorzio suscita paura in molti credenti, i divorziati ed i risposati; induce molti a sentirsi esclusi da Dio, trattati duramente dalla Chiesa.
Le domande che vengono poste a Gesù non sembrano puntare alla scoperta delle verità profonde del matrimonio, sembrano puntare a legittimare il “permesso” dato da Mosè per la “durezza del cuore”, espressione che nella Bibbia significa indurimento del cuore, resistenza a Dio.
Gesù va oltre all’intenzione originaria del Creatore, “all’inizio”.
Cosa vuole Dio dal matrimonio dell’uomo e della donna? Questo conta per Gesù, perché corrisponde al bene dell’uomo.
Che cosa permette all’uomo e alla donna di diventare una cosa sola, non solo socialmente, giuridicamente, ma insieme, in profondità? Gesù non da un comandamento, ma ricorda che Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e l’uno per l’altro. Lo scopo della creazione è questa unità. Così partecipano all’unità di Dio.
Questo è il dono immenso che Dio fa all’umanità. Vivendolo si realizza la scopo di tutta la creazione, come dirà Paolo in Efesini.
Perciò l’unione fisica dei due richiede anche l’unione spirituale. Perciò l’uomo non può dividere quello che Dio ha unito.
Questo è il matrimonio compiuto con il si della creatura al Creatore.
Altrimenti si cade nell’estraneità, nell’adulterio del cuore prima che del corpo.
E’ bello quello che diceva Martin Buber quando parlava del senso della vita come ricerca della scintilla del divino che è nell’altro sotto la scorza delle abitudini della vita. Il dinamismo dell’amore dovrebbe giungere a dire nel tornare a casa a chi è in attesa non “sono io” ma “sono tu!”
Questo è il più profondo desiderio dell’uomo.
Questo il dinamismo della santità coniugale che dice l’unità di Dio Gesù dona questo insegnamento sulla strada verso Gerusalemme, dove sarà chiamato a dare la vita. Ne parla come Figlio che non desidera latro che fare la realizzazione del volere del Padre per il bene dell’uomo. In lui non c’è accusa di colpa e di peccato per chi si trova in situazioni difformi. Sulla croce il suo progetto andrà in pezzi, perché rifiutato e fallito. Perciò porta nel suo morire tutti i matrimoni che vanno in pezzi. E li affida ai credenti nel sacramento e alla sua proposta di santità che si apre per annunciare che nessuno resta escluso dalla misericordia che sa accogliere da Dio la vocazione all’amore anche quando si sperimenta l’essere andato in pezzi del progetto di vita e quando si fa fatica a trovare nell’altro la scintilla dell’amore Quest’anno, dedicato alla fede da riscoprire e professare, vogliamo vivere gli incontri per approfondire la vocazione alla santità nella vita di coppia e di famiglia.
C.n & E.o
Vi raccontiamo la nostra esperienza di partecipazione al convegno di Milano del giugno scorso su “La Famiglia: il Lavoro e la Festa”. Era un’esperienza da non perdere anche in mezzo alle tante difficoltà che hanno caratterizzato la vita della nostra famiglia quest’anno. Eravamo la famiglia meno numerosa, che aveva fatto il viaggio più breve. Una grande grazia ed un’accoglienza particolare dei milanesi che hanno accolto con gioia nelle loro case famiglie provenienti da tutte le parti del mondo. Il pomeriggio per arrivare al luogo dell’incontro con il papa, è stato un viaggio faticoso ma che ha coinvolto anche i ragazzi. Quando poi arrivi, vedi da lontanissimo un punto bianco che è il papa. Certo diverso da come lo si vede seduti comodamente a casa; ma l’emozione è diversa. Grande è stata anche l’emozione quando il papa ha citato dei brani del testo che abbiamo seguito durante l’anno. Ci siamo sentiti preparati e pronti a quest’appuntamento che ha rappresentato il termine del cammino del nostro anno. L’incontro di Milano è arrivato per la nostra famiglia nel momento migliore perché uscivamo da tre mesi faticosi. Ha rappresentato un momento di ritrovo della famiglia unita. Poi abbiamo fatto subito dopo l’esperienza di Medjugourie. Anche lì c’è una montagna da scalare che rappresenta veramente il cammino quotidiano. Quella salita è dura ma finisce ed invita a sperare che sia lo stesso per le fatiche che ogni giorno abbiamo di fronte. Enrico era scettico per l’appuntamento. Riteneva una cosa difficile da credere. Poi invece è stato più lui ad avvertire una presenza vera. Nel buio della notte non si vede niente, ma si è sentita una presenza. Ora il nostro cammino riprende. Abbiamo avviato un gruppo parallelo a Cercola e speriamo che con il vostro aiuto saremo capaci di portarlo avanti.
F.o
Ci siamo sentiti rappresentati da voi al convegno di Milano. E’ bello far parte di un corpo che partecipa alla coralità. Ho temuto l’argomento di stasera che potesse sfociare in una serie di lamentele di quello che potevano essere le aspettative del Concilio e che poi sembrano non realizzarsi. Credo invece più che mai opportuno fermarsi sulla riscoperta del sacramento del matrimonio che nel Concilio ha avuto tanta parte e risonanza. Dobbiamo chiederci come rivitalizzare il giorno per giorno della nostra vita matrimoniale. Come ritrovare i momenti lieti. Il matrimonio è una corda a tre capi di cui un capo è Dio. Ed ecco l’esperienza di stasera nella capacità di essere partecipando anche a cose diverse che però ci lega. Ci è a cuore il bene di tutte le famiglie anche se lo facciamo in maniera separata. Se siamo impegnati a coinvolgere gli altri, saremo impegnati per primo a coinvolgere noi stessi. Sentirsi chiamati per qualcosa è un fuoco che ci brucia dentro; e questo fa bene prima cosa a noi. Se si risponde a questo fuoco che arde dentro di noi, ci si viene ricompensati dalla grazia. Sappiamo che c’è anche la croce che Dio ci propone; dobbiamo riscoprire la forza della grazia sacramentale; anche nel matrimonio si vive la croce con le tante famiglie rotte e disunite. Occorre vivere ed essere presenti vicino a chi soffre per questa disunità.
R.a
Di fronte a grosse difficoltà è difficile mantenere un legame neutro. C’è una leggerezza generale nell’affrontare il sacramento. I genitori spesso non sono i maestri dei figli. Per la catechesi è quasi togliersi un pensiero quando si arriva a portarli al sacramento della eucarestia. Occorre invece ripartire da una riscoperta dei sacramenti.
d.G.i
La salvezza delle persone e della società è strettamente connessa con una felice situazione familiare… che non dappertutto brilla (G.S. 47). E’ la realtà del nostro tempo che la Bibbia conosce e non nasconde: un ideale altissimo e le ombre, che oscurano l’ideale. Didattica e pedagogia nei testi e nelle vicende descritte, perché Dio possa condurre l’uomo, attraverso storie positive e negative, all’annuncio altissimo del N.T.. Un cammino graduale che guardiamo stasera con l’A.T. ed a gennaio con il Nuovo. La Genesi presenta come una “spina dorsale le famiglie di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, sottolineando più il piano di Dio su di esse che l’esemplarità coniugale dei singoli, come in Abramo e Agar; in Giacobbe e le due mogli Lia e Rachele più altre di secondo grado, Zippa e Bila; in Davide, attratto dal fascino femminile e debole con i figli. L’A.T., però, presenta famiglie che vivono il matrimonio in modo esemplare, come nel libro di Rut, in quello di Tobia e Sara, nel dramma della madre dei sette figli uccisi al tempo di Antioco IV. L’insieme di queste pagine luminose ed intrise di miseria umana, è il segno del “filo d’oro” che lega l’ideale e la realtà, per portare alla scoperta del pensiero di Dio che permane e si ripropone come una nostalgia che spinge ad accoglierlo e praticarlo.
I profeti utilizzano l’allegoria nuziale che resta anche nei tempi pi duri, per ravvivare la vocazione a testimoniare l’amore “per sempre”: così Osea, Geremia, Ezechiele. E così fanno il Libri “sapienziali” che presentano sia la figura forte e dolce della moglie virtuosa (Sir. 26) sia quella distorta dell’uomo infedele che si inganna “chi mi vede?” (Sir. 23,18). Il Cantico riporta il dialogo d’amore tra due fidanzati che si cercano reciprocamente con gioia e trepidazione, come un’ “inconsapevole” profezia del sogno di Dio per l’uomo e la donna chiamati ad essere “immagine e somiglianza di Lui” in consapevole atteggiamento di dono senza fine “mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la morte è l’amore (Ct. 8,6-7). E’ un messaggio profondo che fa capire la vocazione a vivere l’esperienza umana come luogo, ambiente, della rivelazione dell’amore “per sempre” Da questa lunga storia di ombre e luci emerge una visione alta dell’amore di coppia, tale da corrispondere al progetto originario di Dio.
Ne parlano i due racconti della creazione:
a) la tradizione jahvista (sec. X a.C.)
testimonia la riflessione ebraica: l’uomo è chiamato ad uscire dalla solitudine, cose che gli animali non gli possono dare. La donna perciò viene creata dal’uomo, perciò dignità, dialogo, amore. Da questa uscita nasce il primo canto nuziale “questa volta essa è carne della mia carne”; in cui l’autore vuole esprimere l’unità della coppia, pur nella distinzione delle persone.
“Per questo…” i rapporti e gli affetti da cui si è ricevuto l’essere e il vivere vengono relativizzati, perché si manifesti il fine dell’unità. Il matrimonio”per sempre” è chiamato ad essere il segno dell’unità primordiale, alla quale è chiamato tutto il creato, come dirà il N.T.
b) la tradizione sacerdotale (VI sec, a.C.)
esprime in modo ancora più solenne la chiamata all’unità. Dio crea “ad immagine e somiglianza”; perciò l’uomo e la donna saranno pienamente tali solo se saranno “maschio e femmina”. In questa dualità possono diventare immagine di Dio, non isolatamente.
La “dialogicità” dei sessi diversi apre il dono, all’amore, alla fecondità, e realizza visibilmente l’immagine di Dio, che è l’amore.
La tradizione sacerdotale sottolinea la procreatività pur non tacendo l’aspetto unitivo. E’ l’equilibrio tra i due aspetti che deve segnare per sempre il matrimonio come Dio lo ha concepito nel suo disegno originario.
Il dramma della disunità, con la deresponsabilizzazione, le accuse reciproche, diventa violenza sui valori dell’unità e della procreazione, con le conseguenze che esplodono nell’attualità.
E’ il dolore dell’attesa che si compie la redenzione del mondo.
Come coronamento della creazione, Dio ha donato la vita all’uomo, maschio e femmina. Li guardò, li benedisse, pieno di commozione e affetto, come succede davanti a due ragazzi innamorati. Li benedisse! E’ la storia del suo amore eterno.
T.o & R.a
Siamo convinti che c’era un disegno di Dio sul nostro matrimonio, perché abbiamo iniziato molto presto. Abbiamo percorso insieme un cammino e siamo arrivati. Ma vogliamo tornare proprio al nostro matrimonio. Abbiamo ripensato al brano che scegliemmo per la celebrazione e che non è tra quelli che normalmente si propongono come lettura.
Noi abbiamo scelto il brano dei discepoli di Emmaus. L’ultima frase dell’omelia che Sandro pronunciò fu: “cominciate questo viaggio, ma veniteci a raccontare quello che state sperimentando nella vostra vita”. Era quello per noi il modo di andare incontro agli altri.
Nella vita di coppia abbiamo cercato di camminare insieme in modo che tutte le decisione siano di coppia e non del singolo.
Abbiamo cercato anche di creare un percorso che si è allargato quando sono arrivati i figli.
Ci sembra a volte di ripercorrere il cammino dei discepoli di Emmaus, che non riconoscono Gesù che cammina con loro.
Il nostro impegno di fede di accompagnare i giovani fidanzati che è stato molto più arricchito rispetto a quello che si riesce a dare. C’era anche una provocazione: sembra che il matrimonio ha perso il suo valore. Occorre parlare del “per sempre”.
La crisi dipende dal fatto che vogliamo avere un senso di libertà. Il progetto dell’uomo è un progetto limitato perché appena non si realizza uno degli obiettivi che si sono posti, allora tutto va a rotoli.
Il progetto di Dio non si realizzerà mai e noi siamo in un divenire. Su questo ci si può interrogare perché dobbiamo guardare a qualcosa che sembra non si possa raggiungere mai.
Si vive la crisi del “per sempre” perché nelle coppie giovani si tende a relativizzare prendendo quello che mi va bene al momento.
C’è nei giovani “tatuati” un segno di qualcosa che deve rimanere “per sempre”; c’è quindi un valore che che non riusciamo a vivere, un desiderio di qualcosa che deve durare anche se poi non riusciamo a viverlo
L.a
Più che una logica economica siamo stati invasi da un individualismo esasperato. Più “libertà di” piuttosto che “libertà da”. Si ha paura di perdere al propria libertà e non si fa spazio nella coppia. Il peccato originale è la voglia di imporre la propria libertà. Abbiamo anche la responsabilità di trasmettere questa visione ai nostri figli. Far vedere ai figli di saper perdere la propria libertà per far spazio all’amore di coppia.
F.o
Amore e responsabilità, un libro di papa Giovanni Paolo II: l’altra persona è un fina e mai un mezzo. Se è quindi un fine non può che realizzarsi tramite un progetto.
d.F.o
Non è un progetto ma una vocazione: il progetto sembra bloccante, quasi come una paura della verità. Con i giovani c’è in preparazione uno spettacolo. Fare una domanda a papa Giovanni. Nel guardarmi intorno, nessuna verità mi convince come si può dire che Gesù è la verità.
I giovani sono allergici alle parole dogma, verità perché hanno paura di non essere più liberi.
L’immaturità è dei 40-50 enni, perché dovrebbe essere loro il modello di vita.
Non essendoci certezze non ci sono verità. Questo progetto di Dio diventa il mio progetto. Dio mi limita perché non mi permette di realizzare quello che voglio fare.
Bisogna creare un concetto di vocazione al matrimonio. Dio chiama i due ad essere d’esempio.
C.e
Quando due persone si sposano, anche se sono fedeli al progetto, può capitare che non riescono a conoscersi fino in fondo.
M.o
Ho ripensato che tempo fa parlando con qualcuno mi fece notare che ogni coppia che si forma, non è l’unica combinazione che si può realizzare. Ciascuno di noi potrebbe realizzare una coppia perfetta anche con un persona diversa da quella che abbiamo scelta per la nostra vita. Eppure quando ci siamo scelti, noi crediamo realmente che questo è quello che il Signore Dio voleva per noi, che questo è il disegno che Dio aveva realizzato per noi. In questo quindi dobbiamo sentirci veramente chiamati a realizzare quel progetto che non si realizza una volta per tutte, ma che viene ogni giorno completato, con un lento lavoro di aggiustamento, miglioramento, completamento.
F.o
Sto pensando alla preghiera che proponiamo ai giovani che si preparano al matrimonio: “il dono di Dio”.
Il matrimonio cristiano si pone soem punto di riferimento. Questo modello di vita non è più quello normale. Il legame “per sempre” fa paura. La nostra società ammette anche la convivenza, si può anche vivere in questa maniera. Si arriva la matrimonio con tanti condizionamenti. C’è un’industria del matrimonio che ci spinge a fare il matrimonio.
Dobbiamo invece far vedere la bellezza della nostra fede e la bellezza del matrimonio. E’ una vita che si realizza e non un vincolo. Restiamo nella bruttezza se non facciamo vedere questa bellezza
Guardiamo anche agli avvenimenti di questi giorni. In America, il discorso del presidente Obama che ha detto: “Non ti ho mai amata così tanto e sono contento che la Nazione si sia innamorata di te“. L’ha fatto forse per “ruffianeria” ma ha dato il senso della coppia. Questa è una testimonianza dell’importanza della presenza dell’esistenza di una coppia.
M.a
Occorre associare la vocazione al matrimonio alla vocazione al sacerdozio. Nel matrimonio c’è la missione durante il cammino a due. Durante il cammino esistono le cose positive ma anche quelle negative. Vedo che intorno a me si perde la capacità di superare le difficoltà. Il senso della missione. Non si può abbandonare l’impresa alle prime difficoltà. Il matrimonio è una missione.
S.a
E’ una domanda che rivolgo a tutti: ho sempre creduto, ho sempre avuto il dono della fede. Ma nella mia vita ho dovuto vivere momenti difficili. Mio fratello ha perso la moglie dopo un anno di matrimonio seguito ad un lunghissimo fidanzamento. E’ rimasto solo con la figlia di pochi mesi. Aveva una fede forte condivisa insieme alla sua compagna. Ora è arrabbiato con Dio per questa vita distrutta. Questa rabbia nasce dalla perdita di un progetto. Come si può reagire a queste situazioni.
d.G.i
Solo il Signore che ha dato la vocazione è capace di capire perché poi l’ha tolta. C’è un passaggio nella vocazione che richiede tanto silenzio. Dice la Bibbia: Dio è un Dio geloso, la prima vocazione è quindi il racconto con Dio. Quando Gesù è morto sulla croce ha chiesto aiuto al Padre perché si è trovato a vivere la perdita di tutto quello per cui era venuto.
Rivediamo il capitolo 16 di Ezechiele con la rappresentazione di un amore che sembra perduto e invece si rivela fedele.
B.a
Sono colpita. Ho ripensato alla nostra unione. Mia madre mi diceva spesso: Ti sposerai con una persona più grande di te, più matura e che ha passato una prova di vita, una prova di difficoltà.
Una sera mi trovai per caso vicino a Pino. Nessuno dei due doveva essere lì in quel momento, veramente stavamo lì per caso.
Ci sono voluti poi 16 anni per raggiungere il matrimonio. E lo abbiamo deciso quando abbiamo avuto la consapevolezza di dover essere l’uno per l’altra.
Il progetto di Dio è andato avanti e si è concretizzata anche nell’arrivo di Emanuela che non doveva proprio essere messa in considerazione. Nella nostra partecipazione di nozze abbiamo messo una frase di Charles de Focault: “Ed è per noi un’esigenza d’amore, il donarci”
d.F.o
Dal Vangelo di Luca (2, 1-20)
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Atto primo: Maria e Gesù
Salire a Betlemme che è per antonomasia la città di Davide – città di Dio Ora è BETLEMME la città di Davide (storica) che diventa la CITTA’ DI DIO perché qui nasce il Figlio di Dio
Gv.4,20-23: I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano.
Gv.2,19-21: Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Ap.21,22 In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio.
MEDITAZIONE
Il viaggio di Gesù avviene dentro la storia. Su tutta la terra c’era il dominio del’imperatore Augusto. Quello che racconta Luca non è una storia ma “la” storia.
Tutto il mondo conosciuto era sotto un imperatore: Augusto, colui che viene adorato come un dio. Abbiamo un signore ed un dio, signore della terra adorato come un dio.
L’angelo del Natale annuncerà la nascita di un Signore e di un Dio, “Nuovo Signore” e “Nuovo Dio”.
Giuseppe sale dal Nord al Sud da Nazareth a Gerusalemme. “Sale” perché l’andata di Giuseppe non è un andare geografico ma teologico. Betlemme si trova vicino a Gerusalemme. Il pellegrinaggio è in salita perché occorre incontrare Dio. Il centro della città di Dio viene spostato da Gerusalemme a Betlemme. Il centro diventa Betlemme perché è la città di Davide, chiamata, scelta, eletta, amata, santa. Betlemme è la nuova Gerusalemme dove Dio abita.
Il luogo di Dio non è il tempio o il monte ma la persona, l’uomo Gesù. Qui è dove ora abita Dio. Dio non va trovato nel tempio ma in spirito e verità.
Noi siamo chiamati ad incontrare Dio nella persona di Gesù.
Coincide la storia dell’uomo con la storia di Dio: ” si compirono per lei i giorni del parto”; Dio non è fuori dalla storia ma dentro la storia.
“Primogenito”: nel greco del nuovo testamento viene dato il significato ebraico/aramaico; con i termine primogenito viene designato il figlio e fratelli e sorelle sono tutte le persone del clan.Ricaviamo due insegnamenti teologici:
1) E’ il primo, l’unico, l’autentico discendente promesso a Davide.
2) da Esodo 34,19: ogni primogenito è mio dice il Signore, cioè consacrato a Dio. In greco consacrato è Christos.”Lo avvolse in fasce”: anche qui il termine usato è per dire che quel bambino che nasce è proprio un uomo. Anche gli angeli diranno “brefis” (feto appena partorito). Luca ci vuole dire che è un uomo come noi. Tutti i vangeli sottolineano molto i tratti umani d Gesù. Nella cultura greco-orientale l’icona è Maria distesa ed il bambino che giace in un sepolcro. Luca sottolinea in modo particolare la presenza delle fasce perché anche nel sepolcro Gesù è avvolto nelle fasce e Giovanni nel sepolcro vide le fasce ed il sudario e “vide e credette”.
“Per loro non c’era posto nell’albergo”: si intende qui il caravan serraglio dove si fermavano le carovane. Possiamo trarne un significato teologico: non c’era posto per il figlio di Dio nella casa degli uomini.
Quindi: Quale Dio sto adorando?, quale monte sto cercando?
Atto secondo: Angeli del Natale
GLORIA a Dio e PACE agli uomini. Nella notte del natale il cielo tocca la terra e la terra alzo lo sguardo al cielo da dove verrà la salvezza annunciata, attesa e sperata.
Lc.3,21-22 Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Mt.17,5 Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
Is.6,3 Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria».
Lc.19,38 dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
MEDITAZIONE:
Sono angeli un po’ particolari che parlano tanto e poi cantano. In altri brani gli angeli sono solo presenza ed il solo Gabriele parla con gli uomini.
La presenza degli angeli nella Bibbia è la rivelazione di Dio nel mondo. Quando c’è una manifestazione della divinità di Gesù ci sono gli angeli: nascita, resurrezione, ascensione e nella prospettiva del suo ritorno.
I pastori erano in un atteggiamento di veglia, non dormivano. Dio si rivela di solito nel sonno ma qui i pastori sono svegli e l’annuncio che gli arriva e proprio perché sono svegli. I pastori erano considerati fuori dalla società religiosa: erano ignoranti perché non andavano mai alla sinagoga, inadempienti perché non salivano mai al tempio a leggere il libro sacro. Dalla società civile, invece, erano ritenuti ladri e briganti: tutti si tenevano lontano dai pastori.
Per Luca invece i pastori sono i piccoli; a questi il terzo vangelo dedica particolare attenzione considerandoli i prediletti di Dio. Sono i piccoli ai quali sono annunciate “queste cose”.
Il racconto della nascita in Luca è come un overture di un brano sinfonico dove vengono accennati i temi che poi avranno sviluppo nel vangelo.
Che cosa dice l’angelo ai pastori? L’angelo fa un annuncio, porta una buona notizia. La buona notizia è: “E’ nato!” L’angelo che porta l’annuncio porta anche la gloria di Dio che inonda di luce gli scartati dalla società, i pastori che ora vengono illuminati rispetto al resto del mondo.
Il timore è il modo in cui la persona reagisce alla chiamata del Signore (come fa la Madonna all’annuncio dell’angelo).
Non temete! Vi annuncio una grande gioia. Noi siamo chiamati ad essere portatori di gioia. L’anno della fede ci spinge ad avere la gioia e di portarla agli altri; la gioia semplice di chi si lascia amare da Dio.
Una grande gioia che sarà di tutto il popolo, non è solo per voi. Il motivo della gioia è che è nato Gesù nella realtà umana; è nato il nuovo cesare ed il nuovo Augusto.
Il segno che viene dato – troverete un bimbo in una mangiatoia – è completamente diverso dai simboli del potere e della dignità regale. All’annunciazione, l’arcangelo Gabriele aveva detto: “sara il figlio dell’altissimo”.
Gesù che nasce è colui che risorgerà e sarà il Signore della storia. Un bambino avvolto in fasce ha bisogno di tutto e giace in una mangiatoia segno della povertà. Solo con la fede si può comprendere che Lui è il nuovo Cesare augusto; ma anche noi abbiamo la tentazione di volere un Cesare Augusto terreno.
Nell’annuncio che fanno gli angeli c’è un parallelismo tra cielo-terra e gloria-pace. Da quel momento gloria di Dio e pace agli uomini sono inscindibili. Gli angeli infatti non fanno un auguri ma affermano una realtà: è gloria a Dio, è pace agli uomini
Dal termine greco endochia (favore, benevolenza), gli uomini hanno il favore di Dio, sono benvoluti da Dio. Questo è il vangelo, la buona novella, la novità: il punto culminante dell’amore di Dio è il bambino in fasce.
Atto terzo: Pastori
I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. C’è un’urgenza in questo nostro tempo, il coraggio di partire per nuovi eventi sostenuti dalla fede di un annuncio sconvolgente. La comodità e il ripetitivo non è per coloro che seguono il Vangelo di un Dio fatto uomo
Gv. 3,16-17: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Lc. 7,14b-16: Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
MEDITAZIONE:
Protagonisti del terzo momento sono i pastori. Protagonisti non solo della scena perché iniziatori della trasmissione della buona novella, del vangelo. Gli angeli non ci sono più, son venuti solo ad annunciare.
I pastori dicono “muoviamoci”. Nella nostra fede siamo chiamati a muoverci. Se ne andarono”senza indugio”; cosa muove questi pastori? la curiosità. Abbiamo noi una sana curiosità nella nostra fede? O meglio una esagerata curiosità nella nostra fede? L’insegnamento dei pastori è che non c’è tempo da perdere
Quando loro trovano quello che gli hanno detto credono che è vero, non è stato un sogno.
Quindi: vanno, trovano, vedono, credono; quattro termini fondamentali per la nostra fede. Andare quindi, cercare, partire, trovare; il nostro cercare non è senza scopo, senza meta.
Carlo Carretto ci dice: ho cercato ed ho trovato. Noi cristiani, seguaci di Gesù troviamo se cerchiamo; altrimenti vuol dire che non sappiamo cercare Nella sacra scrittura Gesù dice: a chi mi cerca io mi faccio trovare.
Vedono: non è un vedere fisico, ma un vedere oltre il segno tanto che riconoscono. Riconosco che quel bambino è il Kyrios, il Salvatore. Gesù si fa trovare nella nostra vita, se lo cerchiamo. Ed è con la nostra ricerca che si relaziona con noi ed in questo momento si rivela. In questo momento mi guarisce, mi rende santo; in questo momento cerco, trovo, riconosco.
Il Natale quindi è una continua nascita.
I pastori non possono tenerselo dentro, vanno a raccontarlo. Noi invece spesso abbiamo il pudore di raccontare. Ci dovremmo vergognare delle cose che vanno male, non di quelle che vanno bene. Siamo miopi a non vedere quello che Dio ci dona. Immaginiamo cose grandi da fare. I pastori, invece, sono i veri primi apostoli che vanno a raccontare quello che avevano sentito e visto. Loro sono stati rivestiti della gloria di Dio e loro sono la gloria di Dio. I pastori si fanno annunciatori.Betlemme (casa del pane)
Nasce a Betlemme colui che sarà il pane; Gesù è il nostro pane quotidiano, colui che sostiene la nostra vita, ora e adesso.
L’anno della fede deve nascere dalle piccole cose, la preghiera insieme, la vittoria sul pudore di dirselo l’un l’altro, il coinvolgere i figli. Anche se questo non si può realizzare in pieno, la proposta va lanciata, occorre avere il coraggio di proporre.
Chiediamo che Dio possa aprire una strada nuova nella nostra vita di famiglia. Quante volte diciamo non c’è niente da fare. Se Dio avesse detto: non c’è niente da fare, Betlemme non sarebbe stata il centro del mondo.
La preghiera e l’incontro con Dio fa grandi miracoli anche sulla fede dei nostri figli e di chi ci è intorno.
d.G.i
Nel Nuovo Testamento la visione del matrimonio è tutta sotto il segno del comandamento “nuovo” di Gesù, dell’amore reciproco.
Per conseguenza parole apparentemente sorprendenti e dure, come “capo della moglie”, “sottomissione”, “ubbidiente” non indicano rapporti servili, di dipendenza giuridica, ma piuttosto la disponibilità reciproca, frutto ed espressione dell’aver fatto proprio quello che Gesù manifesta come desiderio profondo, la ragione del suo dire la vita. Dopo la lavanda dei piedi dice testualmente “vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi (Gv. 13,15), e incalza: “come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv. 13,35). Il suo sogno traspare dalla sua preghiera di quella notte “tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano essi in noi” (Gv. 17,21). Tutto il vivere cristiano è, in qualsiasi forma si svolga, nel segno della vita trinitaria, e teso a raggiungerla.
Gli autori del Nuovo testamento si rifanno al pensiero di Gesù come chiave per penetrarlo e comprenderlo e viverlo. Si può sintetizzare così:
- il matrimonio entra nel disegno primordiale del Creatore, che esige l’indissolubilità che realizzi e manifesti l’unità
- la legge di Mosè che prevedeva il ripudio non era accondiscendenza di Dio, ma durezza di cuore del popolo chiuso nella proposta di Lui
- perciò il passaggio ad altre nozze è adulterio. Così Gesù in Mt 19,2-9
Alla luce di questo pensiero emergono le conseguenze nella vita dei Cristiani in Cor.7, Ef. 5, Col.3, che sono di S.Paolo e 1 Pt.3
- marito e moglie hanno gli stessi diritti e doveri; perciò devono sentirsi parte l’uno dell’altro, non sono più ma non solo essere
- Paolo si rifà al comando del Signore “ordino non io ma il Signore” per ribadire l’impossibilità del divorzio, prevede la possibilità della separazione, ma riproponendosi il traguardo della riconciliazione (1 Cor. 7,2-10
- il matrimonio è segno sacramentale dell’unione di Cristo con la Chiesa (Ef.5,21-33; Col.3,18-19; 1Pt.3,1-8)
Alcuni spunti di riflessione vengono in rilievo:
Tutto è sotto il segno dell’amore, per cui l’essere sottomessi l’uno all’altro non è indice di passività, di possessività, di annullamento della persona che si sottomette. C’è dunque una strada da percorrere, che coinvolge ogni membro della famiglia, anche il marito che viene detto “capo” della vita familiare. Una dipendenza che mostra nella reciprocità la forza liberante del Vangelo.
Il rapporto marito-moglie, per i cristiani che sono legati nel sacramento, deve guardare e modellarsi al rapporto Cristo-Chiesa, che è nel suo senso più profondo rapporto di amore nuziale: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (v.25).
Che cosa significa? Solo che il rapporto Cristo-Chiesa è il modello di amore reciproco degli sposi? Oppure, altre a questo, significa che Cristo entra nell’amore umano dei battezzati, lo fermenta dal di dentro, lo purifica da tutte le inevitabili scorie di egoismo e di predominio sull’altro per renderlo segno e riflesso della sua nuzialità verso la Chiesa, a sua vota riflesso della Trinità? S.Paolo pensa e propone proprio questa vocazione altissima del matrimonio. Perciò il “matrimonio nel Signore” immerge nel mistero di Dio che, per poter portare alla salvezza, penetra l’umanità come uno sposo con la sposa, e la rende Chiesa, sposa di se. Il Matrimonio “nel Signore” perciò non è mai una realtà privata, ma è espressione dell’ecclesialità matura nella fede; deve servire alla crescita della Chiesa di cui è inizio, “ecclesiale”, nella quale gli sposi sono chiamati a creare rapporti di fede e di amore tra di loro e con i figli, ma amore che abbia caratteristiche di gratuità e di misericordia, di comprensione e di solidarietà, caratteristiche mostrate da Gesù nel suo incontro con l’umanità.
E’ in questo che si esprime la sacramentalità del matrimonio cristiano, che è fonte e tesoro a cui attingere per vivere nell’amore.
Quando la lettera ai Colossesi parla di vivere per il Signore e non per gli uomini (Col.3,23) vuole prospettare questa profondità di cuore e di consenso a Dio, al suo progetto di unità.
L’amore umano diventa rivelazione del nome di Dio. E’ Dio che fa questo, lo rende possibile alla piccolezza dell’uomo viene da pensare che la famiglia non esisterebbe se Dio non lo facesse. E viene da dirgli di si
La novità del Nuovo Testamento la si trova proprio nell’ultimo discorso di Gesù: è la preghiera rivolta al Padre “ti chiedo che siano una cosa sola”. Il sogno del Signore è la vita che lui è venuto a portare, la vita della Trinità. La conseguenza è il comandamento nuovo, il comandamento dell’amore. L’amore scambievole è alla base di tutti gli insegnamenti del Vangelo.
Le parole sull’indissolubilità del matrimonio nel discorso sul divorzio, in Mt. 19, non sono un linguaggio giuridico. Viene dall’aver fatto proprio la legge dell’amore reciproco. “Per sempre” diventa un obbligo morale non una costrizione. Il sottomettersi non è una diminuzione ma è un’esperienza d’amore.
Il sogno del Signore è l’immagine della lavanda dei piedi e questa non si riferisce solo al matrimonio ma in tutti i modi in cui il cristiano deve vivere la fede.
Se uno accetta questo coinvolgimento si può capire che il matrimonio entra nel disegno primordiale ed esige l’indissolubilità.
La legge di Mosè non è stata un’accondiscendenza ma la conseguenza della durezza del cuore degli uomini. Ogni altra unione è un adulterio.
Da questo segno nascono alcune conseguenze: marito e moglie hanno gli stessi diritti e doveri (Cor. 7); S.Paolo ha conosciuto il Signore dopo lo scontro/incontro con la gente e quando parla del matrimonio dice: “non io ma il Signore ve lo dice”, parlando dell’unità.
In questo periodo stiamo facendo uno sforzo con il gruppo dei separati per credere che c’è un “oltre” del Signore perché attraverso le cose negative può far sperimentare che esiste un amore che ci può sostenere.
Non scandalizzarci dei fallimenti ma avere la chiarezza che sotto l’amore tutto avvolge; non c’è annullamento della persona ma invito a proseguire su una strada di positività, anche se faticosa.
C’è una strada da percorrere che coinvolge tutti i membri della famiglia. Il rapporto Cristo/Chiesa è così profondo da esprimere un significato nuziale.
Che significa: “ha dato se stesso per la chiesa”? E’ solo un segno di modello, è solo un’esortazione alla bravura, alla pazienza, alla sopportazione? O significa che Cristo entra nell’amore umano dei battezzati, lo purifica, lo vivifica.
Il Cristo ha usato nella dinamica del rapporto di amore per la chiesa la stessa logica e dinamica della logica sessuale. Cristo “penetra” la chiesa per vivificarla.
C’è la tenerezza, c’è la compassione, la convivenza: nel Cantico dei Cantici tutto ciò non rimane astratto o devozionale ma assuma forma viva e concreta.
Chi vive il matrimonio ha la sacramentalità di Gesù fatto uomo sposando l’umanità
Il matrimonio nel Signore non è un fatto privato; la Chiesa è una cosa bella che il Signore ha pensato.
P.o
Ho avuto momenti di fede contrastati che col tempo sono cresciuti. La mia realtà, nella mia infanzia, mai avrei immaginato di trovarmi una compagna. Pensavo ad una vita libera. Nel tempo ho capito che il Signore mi aveva messo a fianco una persona. Poi l’arrivo di Emanuela è stato un segno del Signore. Il nostro matrimonio è cresciuto nel gruppo, che ci faceva crescere.
B.a
E’ stato molto importante riceve quest’invito stasera. Ci è stato di stimolo perché non amiamo parlare in pubblico. Ci avviciniamo ai 25 anni di matrimonio ed è anche un momento per riflettere. Scegliemmo il vangelo di Matteo: “Non che dice Signore, Signore!” Ed la parabola dell’uomo saggio che costruisce la casa sulla roccia. Il nostro desiderio è stato quello di costruire una casa sulla roccia non solo per noi ma anche per chi ci stava intorno. Tutto questo è stato possibile dalla presenza del Signore e dell’amore. Abbiamo avvertito la sua presenza. IL segno più forte è stato la nascita di Emanuela. Una cosa che sembrava impossibile è stato invece così naturale. Il Signore ha trovato il modo di farsi presente in mezzo a noi, e noi abbiamo visto la presenza del Signore personificata in tante persone che in mezzo a noi ci hanno aiutato a portare avanti il nostro disegno.
Più si va avanti negli anni, più ho bisogno della mano di Pino e Pino non ha più la forza di un tempo. Riusciamo comunque a trovare il modo di fare, casomai in altro modo. Noi abbiamo la certezza che il Signore è con noi. Noi abbiamo due binari paralleli, ognuno nella sua direzione. Quello che ognuno fa, lo fa per l’altro. In questo, il nostro parallelismo trova la congiunzione nell’altro. Quello che facciamo sempre insieme è la partecipazione al gruppo di Piedigrotta ed a quello dei piccoli fratelli. E’ il punto nel quale ci troviamo in perfetto accordo.
C.o
Siamo sposati da 26 anni; con grande semplicità facemmo la funzione in Chiesa. Sono stato sempre un credente ma con dubbi e perplessità. Grazie al gruppo di Piedigrotta ho ritrovato un cammino diverso. Il Signore ci ha aiutato con la sua riservatezza a ritrovare e trovare una strada.
F.o
Una serata piena di stimoli. Un anno fa uscì un libro: “Sposati e sii sottomessa”, scritto da un giornalista che sostiene che la sottomissione fonda il matrimonio perché la donna che è più forte è capace di sostenere la famiglia. C’era un film negli anni ’60 (Il padre di famiglia) con Nino Manfredi; un capofamiglia che non realizza niente dei sogni che aveva, ma che si rende conto che senza la moglie non funziona niente. Il capo è chi si mette al servizio. Racconto un’esperienza personale: per Linda e me è stato fondamentale il cammino nel Signore anche nel fidanzamento. Questo cammino fu segnato dalla presenza di un sacerdote che ci aiutò a percorrere con tappe mensili un cammino di revisione ed a verificarci, prima in coppia e poi singolarmente.
Poi lo abbiamo continuato anche dopo il matrimonio ed anche con le figlie per un periodo di tempo. Questo cammino ci ha aiutato ad accettare ed a cogliere le diversità che ci sono tra noi con rispetto reciproco nelle decisioni personali. Se abbiamo capito l’importanza del rapporto con il Signore, diventa importante come momento fondamentale, come esercizio periodico. Il rinnovo delle promesse viene fatto ogni momento.
Dall’altra parte c’è invece la vocazione alla separazione. Ho imparato molto dalle persone separate e fedeli al matrimonio. Ora i vescovi lo propongono anche negli incontri dei fidanzati. La sacralità del matrimonio è sottolineata e compresa da chi ha perduto questa realtà, ha perduto questa bellezza.
M.a
Il nostro cammino è stato diverso perché quando ci siamo sposati non c’erano i corsi di preparazione. A me è sembrato che il nostro incontro è stato voluto dal Signore. C’era una radice forte che ci diceva di fare il matrimonio in chiesa anche se non c’è stato nessuno che ci ha guidato. Il Signore stesso ci ha guidato ed abbiamo avuto forte la volontà di dare al nostro matrimonio l’importanza massima.
Solo dopo abbiamo iniziato a partecipare ad un gruppo vocazionale che ci ha avvicinato alla parola di Dio e abbiamo ora la necessità di partecipare perché insieme siamo aiutati a crescere.
F.a
Il nostro percorso è stato stimolo ad altri. Abbiamo avuto la fortuna di avere una guida che ci ha aiutato a crescere insieme. Abbiamo il ricordo della figura di un grande saggio, persona impegnata, ma che era sempre capace di manifestare la sua presenza. Tutto questo come un dono particolare. Con lui abbiamo trascorso una giornata in preparazione al nostro matrimonio. In quel giorno ci sembrò condensato tutto quello che era stato un percorso di tanti anni. Queste scelte ti accompagnano per tutta la vita. Sono la base di quello che siamo riusciti a fare in tanti anni.
d.G.i
In ognuno di voi c’è una storia ed una presenza, la presenza della madre chiesa che ci accompagna e ci guida.
La sacramentalità è per costruire l’ecclesialità: vivere nel Signore significa aiutare, condividere.
Ci sono tante crisi non risolte: l’identità della donna, la relazione con i figli; nella coniugalità si perde la libertà; nell’esperienza di tanti essere sposati significa meno essere.
P.o
Abbiamo visto varie famiglie che si sono sposate e si sente sempre la presenza che viene dall’alto anche in coppie che si professano atee.
d.G.i
- Dopo la riflessione sul sogno di Dio Creatore, “maschio e femmina li creò… i due saranno un’unica carne (Gen.2) a novembre;
- Dopo l’annuncio del Nuovo Testamento “amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa (Ef.5), a gennaio;
guardiamo il si al progetto di Dio che si fa vita umana nel dono del sacramento, del lato del consenso, della promessa di matrimonio.
- Qual’è il significato specificatamente cristiano del matrimonio? (C.d.A. 735) Gli sposi sono ministri del sacramento e destinatari che ricevono un dono. Con una scelta libera, ispirata dall’amore, impegnano la loro persona e per l’intera esistenza con un consenso che è progetto di vita e donazione personale e reciproca. La promessa contiene l’impegno alla fedeltà per tutta la vita, di amarsi ed onorarsi, di accogliere i figli con responsabilità. Questo consenso è il sacramento. Il Signore lo abita con il suo Spirito perché esprima, contenga e comunichi l’amore di Cristo per la Chiesa. Consacra i due sposi come coppia, non come singoli, e dona loro una specifica vocazione alla santità, che è una delle vie per vivere il vangelo.
- Questo impegna ad un cammino quotidiano. L’amore coniugale si costruisce giorno per giorno. Non si resta fedeli, ma lo si diventa continuamente con rinnovata attenzione e progressiva integrazione delle capacità vitali. Al di là della sfera istintiva ed affettiva, vi sono interessate molte altre esperienze: casa lavoro, vita ecclesiale e sociale, avvenimenti e scelte quotidiane, disagi e difetti, gioie e amarezze. Prima però bisogna crederci, almeno con la stessa convinzione, che ci rende pronti a ricominciare con l’educazione dei figli dopo ogni insuccesso, e con la stessa tenacia con cui cerchiamo di perfezionare la nostra abilità lavorativa. Anche nel rapporto di coppia occorrono responsabilità, fedeltà agli impegni presi, spirito di sacrificio. Le tensioni non mancheranno mai, ma il superamento è sempre possibile. “…Non è il vostro amore a sostenere il matrimonio, ma d’ora innanzi è il matrimonio che sostiene il vostro amore (D.Bonhoeffer, CdA 1057).
Come descrivere la felicità di quel matrimonio che la Chiesa sigilla, l’offerta eucaristica conferma, la benedizione garantisce, gli angeli annunciano in cielo, il Padre approva? Neppure su questa terra, infatti i figli si sposano rettamente e giustamente senza il consenso del padre. Quale giogo è mai quello di due fedeli uniti in un’unica speranza, in un solo desiderio, in un unico rispetto, in un solo servizio! Essi sono fratelli l’uno per l’altro e si servono reciprocamente; nessuna distinzione tra carne e spirito. Anzi sono veramente due in una carne sola,e dove la carne è una , uno è anche lo spirito. Pregano insieme, insieme si inginocchiano, insieme digiunano; si ammaestrano l’un l’altro, si esortano l’un l’altro, insieme si sostengono. Sono uguali nella Chiesa di Dio, uguali nelle angustie, uguali nelle persecuzioni, uguali nelle consolazioni. Nessuno ha segreti per l’altro, nessuno evita l’altro, nessuno è per l’altro di peso. Visitano liberamente i malati, danno sostentamento ai poveri. Le elemosine sono fatte con libertà e i sacrifici senza conflitti, le incombenze quotidiane non conoscono impedimenti. Il segno di croce non si fa di nascosto, il saluto non causa trepidazione, la benedizione non la si deve dare in silenzio. Tra di loro risuonano salmi e inni; insieme lodano il Signore, meglio che possono. Cristo vede queste cose e se ne rallegra, invia loro la sua pace. Dove vi è una tale coppia, là anch’egli si trova; e dove è lui non vi è posto per il male.
F.o
Ricordiamo la promessa che ci facemmo il giorno del matrimonio, ma preparare questo intervento di oggi è stata una riscoperta ed una sottolineatura dei verbi. Recentemente il verbo “io prendo te” è cambiato in “io accolgo te”; un cambiamento importante: “prendo” ha un significato materiale, “accolgo” è quello che facciamo nelle nostre case, ed impegna di più la sfera personale ed affettiva. Sono 36 anni che ci conosciamo tra fidanzamento e matrimonio. E’ una presenza che mi ha accompagnato . Un’accoglienza reciproca che ci fa camminare insieme. Condividere anche le decisioni importanti da prendere nel mondo del lavoro.
Il verbo “promettere” ha diversi oggetti che lo seguono: promettere di amare, in genere si riduce l’amore al trasporto. Ma c’è di più: amare significa avere quella premura, vicinanza, è un promettere di accogliere e non cacciare più. E’ un patto subordinato perché non si parla di dovere ma di amore.
Essere fedele è interpretato spesso in senso riduttivo; se un altro ha un problema, il problema diventa mio, anche questa è fedeltà. Non nascondiamoci perché le discussioni ci sono, ma onorare significa anche fermarsi in tempo per evitare che si arrivi a parole che pesano. L’amore va coltivato e difeso.
In tutto questo la fede aiuta, anche con la preghiera insieme. La condivisione della fede aiuta molto e dà una spinta in più.
A.a
La parola che più ha caratterizzato la nostra vita insieme è il rispetto per il lavoro dell’altro in modo da far partecipare l’un l’altro al proprio campo di attività. Rispetto anche per le nostre famiglie di origine. Ognuno ha il suo carattere e non siamo perfetti. Nel corso del tempo le discussioni sono diventate più costruttive, si riesce ora più facilmente a trovare un punto di accordo. L’affidarsi da forza per sostenere i periodi difficili
F.o
Chi incontra i fidanzati vorrebbe portare esperienze di questo tipo. Il rinnovo delle promesse dovrebbe essere 24 ore su 24. E’ una cosa che va fatta. Fare il rinnovo delle promesse durante la liturgia è importante ma solo come celebrazione di quello che dobbiamo fare ogni giorno. Sottolineo il termine fedele che non è solo il tradire ma avere fede, poter contare sull’altro. C’è una fede da riscoprire non solo nel Signore ma anche nell’altro.
Si può promettere l’amore. E’ l’altra sfida che lanciamo ai ragazzi , l’amore sentimentale, l’amore dello stare insieme e l’amore donazione, Sono i tre segmenti dell’amore che proponiamo ai fidanzati. Benedetto XVI ha distinto questi tre elementi – eros, filia, agape – che si trovano in Dio come espressione della sua entità.
L’amore di fedeltà esiste: in ospedale si vedono esempi di assistenza tra marito e moglie che danno grande testimonianza. Onorare ha un significato importante perché racchiude tutto. L’importanza del patto: per dare importanza al patto occorre un testimone; nel matrimonio è Gesù il testimone ma nello stesso tempo è chi sostiene il patto. Le difficoltà che arrivano sollecitano a riscoprire il patto. Il libricino “In due – i 5 segreti”, seguito dai giovani sposi nel loro cammino porta questi argomenti: il patto; la comunicazione; la comunione d’animo; l’ora della verità; il colloquio nella coppia e tra le coppie.
G.i
I coniugi devono essere diversi! Anche nella Genesi Dio ci dona questa complementarietà, ti dono quello che tu non hai. Occorre quindi accettare la diversità, ed è questa la scommessa del matrimonio. Le discussioni fanno bene. E’ difficile accettare le decisioni dell’altro perché per semplicità si vuole arrivare alla soluzione più facile. Occorre la forza di essere capaci di ascoltare l’altro
d.F.o
“Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. (1 Cor. 15,17).
La Resurrezione di Gesù è la questione, è la difficoltà, è il dubbio.
Ci guida il vangelo di Luca sulla resurrezione. Traduzione in modo letterale, dal greco
Ora il primo dei sabati, all’alba profonda, vengono al sepolcro portando gli aromi che prepararono. Ora trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro. Ora, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. E avvenne, mentre erano senza via d’uscita circa questo, ecco che due uomini stettero davanti a loro in veste sfolgorante Ora, mentre esse venivano prese da timore e chinavano i volti verso terra. Dissero loro: Perché cercate il Vivente con i morti? Non è qui, ma è risorto. Ricordate come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo del Figlio dell’uomo che deve essere consegnato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso e al terzo giorno alzarsi? E si ricordarono delle sue parole. E, ritornate dal sepolcro, annunciarono tutte queste cose agli Undici e a tutti gli altri. Ora erano Maria, la Maddalena, e Giovanna e Maria di Giacomo; e le altre con loro. Dicevano agli apostoli queste cose, e parvero loro come deliranti queste parole, e non credevano loro. Ora, Pietro alzatosi, corse al sepolcro, e, curvandosi, vide le sole bende, e se ne andò presso di sé meravigliandosi di ciò che era avvenuto.
Il primo dei sabati: Luca ci racconta di 7 sabati: 1) Gesù a Nazareth che proclama lo Spirito sopra di se, 2) a Cafarnao guarisce l’indemoniato che faceva la professione di fede, 3) camminando nei campi di spighe e proclamandosi Signore del sabato, 4) nella sinagoga dove guarisce un uomo con la mano paralizzata, 5) guarisce una donna curva, 6) guarisce un idropico, 7) la sepoltura.
Gesù è l’inviato del Padre, pieno di spirito santo ed annuncia la novità di Dio. C’è da cambiare il modo relazionarsi ed è finito quel tempo e ne deve iniziare un altro. E lo fa vedere con questi gesti: i segni della guarigione per arrivare a fare la professione di fede.
Con la sepoltura un mondo vecchio muore e le cose nuove ricominciano. Il settimo giorno Dio si riposò. Il settimo giorno è il riposo di Dio nell’uomo.
Il riposo sabbatico è il tempo della contemplazione non solo riposo dal lavoro ma riposo per contemplare il lavoro che abbiamo fatto. E’ anche la festa del riposo dell’uomo di Dio. Dio è il senso di tutto. Questo settimo giorno è la fine ma anche l’inizio dell’ottavo giorno, il giorno dei figli di Dio, dove la porta è sempre aperta.
E’ il giorno nuovo, il giorno senza tramonto, perché la luce è il Cristo risorto. Siamo nell’alba dove c’è buio e non ancora luce, stato del non più ma del non ancora. Le donne ritornano al sepolcro perché erano le stesse che erano sotto la croce, spettatrici della deposizione nel sepolcro; è importante che vedono dove l’avevano deposto.
Il sepolcro è la fine del cammino di ogni uomo; portano gli aromi che avevano preparato. Nel mondo semita gli aromi sono espressione di omaggio, rispetto ed onore per la morte. E’ quindi onore al defunto.
La morte è la signora di tutti “Nulla homo po’ scappare” (san Francesco) ed anche il figlio di Dio ha preso la morte. Gli amori sono il segno dell’amore dello sposo.
Arrivano al sepolcro e vedono la pietra già rotolata, non come invece riporta Matteo. Quella pietra che aveva chiuso tutto nella morte è ora rotolata via: qualcosa è successo! Nella tradizione si pensa anche che il corpo sia stato portato via. Quindi la prima scoperta della Pasqua è la pietra che è stata rotolata via.
Entrarono e non trovano il corpo, seconda sorpresa: le donne erano andate per trovare il corpo e non avrebbero immaginato che questo non c’era più. E’ un dato fondamentale: il corpo non c’è più. Non è questo che crea la fede nella Pasqua. E’ il contrario: siccome il corpo non c’è più, posso credere nella Resurrezione. L’assenza del corpo non è creazione della fede pasquale ma condizione della fede pasquale. Occorre leggere il vangelo pensando di trovarsi personalmente in quella situazione. Così il vangelo non è la lettura di un racconto ma è la vita perché io sono protagonista.
La traduzione letterale dice: “erano senza via d’uscita”. Nella vita di tutti il giorni arrivano gli imprevisti; la reazione di queste donne è rimanere sospese. Ci può essere la possibilità che il morto non c’è perché è vivo. Non è un contemplare un Gesù morto e risorto. La nostra fede è entrare nel mistero, non basta credere.
La morte si è trasformata in vita; non è automatico che un morto risorga; non è automatico che nella vita ci sia l’impossibile che diventa possibile come accade nella resurrezione.
Ci sono due uomini con una veste splendente segno della divinità. Luca annuncia quello che aveva già detto nell’Annunciazione: “Nulla è impossibile a Dio”. Bello ma impossibile da credere, ci vuole tutta la fede di Maria.
L’impossibile non è l’incarnazione ma la resurrezione. La verità che cambia la mia vita è che io sono destinato alla vita eterna.
Vuol dire vivere la vita non solo con la speranza ma con la certezza. La mia resurrezione non è solo dopo la morte ma già quando io comincio a credere nel battesimo. L’ottavo giorno è il giorno della vita nuova in Gesù Cristo.
Il battesimo mi ha cambiato perché Gesù vive in me. San Paolo nella 2a lettera ai Galati dice: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
Io sono creatura nuova: Cristo vive in me! Io sono risorto nell’acqua battesimale e posso rivivere continuamente nella partecipazione eucaristica.
Sono l’uomo nuovo che non ha più come signore la morte ma la vita.
I due uomini che appaiono in bianche vesti completano l’annuncio dell’Annunciazione. Sulla croce Gesù dice: “Tutto è compiuto”, cioè che il Signore ha portato tutto a pienezza che è la morte e la resurrezione.
Queste donne hanno timore e si prostrano. “Perché cercate il vivente con i morti?” IL vivente è destinato ad uscire dalla morte e vivere nella gloria. Come gli apostoli tutti possiamo constatare che quella tomba è vuota. Al Santo Sepolcro si va a trovare l’assenza di Gesù: “Non è qui!” Quando la fatica, il lutto, il dolore bussano alla nostra porta questo è l’annuncio:” Non è qui!”. E’ difficile annunciare questo ai funerali ma questo è l’annuncio. Non cercate al cimitero chi invece vive già nell’eternità
Le donne devono fare una cosa importante, il ricordare; lo Spirito Santo è l’inviato di Gesù come Paraclito, colui che fa ricordare e comprendere.
La resurrezione di Gesù ci dice che il male è stato sconfitto e per chi vive è in Cristo il male non può avere potere su di lui. Se il male esiste è perché noi non consentiamo che Cristo viva in noi.
Il racconto del vangelo è sviluppato attorno al mistero dell’eucarestia. Il mistero della fede è quello che annunciamo nella Messa. Non abbiate paura, è la paura che fa fare il male.
Perché al sepolcro ci sono solo donne? Nella cultura ebraica le donne non erano abilitate a testimoniare. L’interpretazione teologica che Paolo ci dice è che Dio ha scelto ciò che è ignobile e disprezzabile per rivoltare il mondo. Sono tutte donne perché Dio sceglie le cose impossibili.
Un’altra interpretazione invece è che è solo la sensibilità di una donna può cogliere l’impossibile. L’annuncio della resurrezione è quello di una nuova nascita. Per le donne è un dono di Dio saper cogliere la bellezza, la tenerezza, la novità.
Colei che sembra la vincitrice, la morte, ora è vinta.
Gli apostoli non credono alle donne. Pietro si alza (se vuoi accogliere la resurrezione devi alzarti e muoverti), va al sepolcro, si curva (umiliazione, umiltà: non accogli l’annuncio della resurrezione se non ti fidi di chi l’ha visto), vede solo le bende ed il sepolcro vuoto e da questo credette.
Pietro ritorna dal sepolcro nella vita concreta della casa: l’annuncio della resurrezione va vissuto non al sepolcro ma nella casa, nella vita concreta di tutti i giorni.
d.G.i
“Sia benedetta la tua sorgente,
e tu trova gioia nella donna della tua giovinezza:
cerva amabile, gazzella graziosa,
i suoi seni ti inebrino sempre,
sii sempre invaghito del suo amore!” (Pr 5,18-19)
Nella Bibbia esodo e alleanza sono iniziative di Dio verso il suo popolo, nome e volti nuovi nella sua identità che si va svelando nell’esperienza umana. Dio è la liberazione, Dio è l’amore da sempre e per sempre. Egli rivendica con forza questa identità: è “fedele“. Il tipo di intervento che porta Israele dalla schiavitù alla libertà è raffigurato come un riscatto che genera un diritto di esclusività sul “suo” popolo, e in questo la coscienza di “appartenenza” al “suo” Dio.
Con un’altra immagine ardita, Dio afferma di essere “geloso”, non ammette una fedeltà parziale, condivisa con altre appartenenze e spiritualità. Ma un altro tratto caratteristico dell’identità di Dio è la misericordia. I profeti ne hanno ripetutamente testimoniato.
Osea si riferisce ripetutamente alla relazione uomo-donna per evidenziare queste caratteristiche: le radica nelle immagini dello sposo affezionato e tradito (2,4-20), di un padre amoroso e non corrisposto (11,1-9), ma lo fa in clima e prospettiva di speranza, perché prevale la misericordia. La fedeltà di Dio, perciò, perdona e recupera.
L’esperienza del popolo si arricchisce nei secoli per i sempre nuovi interventi divini di misericordia e di nuovi inizi. Gesù fa suo, in modo originale, questo messaggio sulla fedeltà di Dio. Dio è il Padre, l’Abbà misericordioso.
Dalla relazione con Lui hanno origine fiducia e speranza per l’esistenza umana anche se segnata dall’infedeltà e dal peccato (Lc 6, Lc 15). IL “per primo” dell’amore di Dio che, in Gesù, perdona e riconcilia a Sè il mondo, è un filo d’oro che segna la dottrina del Nuovo Testamento. Gesù esorta ad avere continua fiducia nel chiedere perdono delle proprie infedeltà, senza “stancarsi” (vedi papa Francesco).
E ripropone il volto misericordioso di Dio nel Padre Nostro. L’angolazione della fedeltà, contemplata e voluta nel “come” di Dio con il suo popolo, di Cristo con la Chiesa, introduce il matrimonio nel mistero stesso di Dio. Prima di nome giuridico, comportamento etico, la vita del “matrimonio nel Signore” è proporsi, ogni giorno in modo nuovo, l’impegno dell’appartenenza e della misericordia da rinnovarsi nel perdono.
C.e
Facciamo parte di questo gruppo ed il Signore ci chiede di conoscerci di più e quindi di amarci. Portare le nostre esperienze è un aiuto per gli altri. Ed ognuno di noi deve dare il proprio contributo a sostegno degli altri.Dal dolore dei fratelli nasce la condivisione e la preghiera insieme. Quando ci siamo conosciuti non ci è sembrato subito che il Signore doveva vivere insieme tra di noi. Poi successivamente abbiamo cercato di coinvolgere nel nostro rapporto anche Dio ma anche di non far intromettere altri. Se Dio ci ha donato la possibilità di stare insieme , noi dobbiamo portare avanti il progetto di Dio.
Il nostro corpo cambia e sfiorisce ma il progetto resta e possiamo e dobbiamo portarlo avanti.
M.a
Affrontando questo tema mi sono sentita prima smarrita ma poi ho chiarito le mie idee e voglio condividere con voi quello che il Signore mi ha donato. Prima di fidanzarmi ho molto frequentato gruppi religiosi. Quasi mi coinvolgevano integralmente, ma mi ha comunque permesso di fare un cammino personale tale da chiedere al Signore luce per individuare la mia strada. Vedevo nei miei fratelli più grandi quelli che già si erano creati una famiglia. Non ho sentito una voce che mi chiamava ma sentivo forte invece una tensione ad avere una famiglia e dei figli. Pensavo quindi a vedere chi poteva condividere con me questa scelta. Ho capito quindi che ero chiamata per formare una famiglia e quando ho conosciuto Carmine ho visto che potevo con lui condividere queste scelte. Abbiamo subito coinvolto le nostre famiglie di origine nelle nostre scelte. Affidiamo anche i nostri figli al Signore nella speranza che anche loro sappiano trovare la loro strada.
B.a
E’ un po’ difficile continuare questo incontro perché la cosa bella che c’è tra noi è la semplicità del mettere in comune il proprio animo. Insieme a voi ho fatto un grande cammino. In questi mesi abbiamo parlato di fedeltà anche preparandoci a celebrare il nostro 25° di matrimonio. L’infedeltà fisica è una parola che non esiste nel nostro vocabolario, ma l’infedeltà al progetto è più possibile, fedeltà ad essere fedeli alla persona che abbiamo conosciuto. Cambia il carattere, ci si trasforma, ma è bello essere fedeli alla persona scelta.
E’ la grande sofferenza di coppie che si separano. Se abbiamo l’aiuto del Signore a portare avanti la nostra vita anche nelle difficoltà perché questo aiuto non va anche ad altri? Cosa manca loro?
S.a
Mi sono sentita un po’ in difficoltà quest’anno perché il tema è molto legato alla vita coniugale. Sono quindi sempre venuta con il pensiero di testimoniare la mia esperienza. Quando mi sono sposata ero convinta che la mia vocazione era il matrimonio. L’ho fatto con normalità Ero sicura anche come scelta pensando ad una fedeltà scontata, all’essere fedele e non perché passasse attraverso la fedeltà al Signore.
Il Signore mi ha fatto capire la fedeltà al matrimonio proprio quando sono rimasta sola. E l’appartenenza al Signore che continua per me ad essere un rapporto tra due. La fedeltà ad un marito che c’è ma non ho fisicamente vicino, passa attraverso la fedeltà al Signore.
Quando mi sono trovata sola, speravo di crearmi una nuova vita. Ma l’assenza di questa realtà è stata superata dall’essere stata catturata dal Signore. Le difficoltà possono essere superate se si vive con forza l’appartenenza e la fedeltà al Signore. E’ quindi importante ritagliarsi dei momenti di solitudine e di rapporto personale con il Signore. per ricominciare.
Ho quindi un desiderio che parte dal cuore che il Signore sia capace di catturare le persone perché essere catturati da lui fa superare tutto il resto.
I corsi pre-matrimoniali devono andare nella profondità per far capire cosa significa il sacramento e la concretezza del sacramento stesso.
Questo gruppo mi ha dato tanto come nel comprendere le dinamiche familiare con i figli e specialmente nella capacità di vivere la normalità anche nella mia situazione. Appartenere a questo gruppo è un dono del Signore per accompagnarmi in questo mio cammino
B.a
C’è bisogno di fare un esame di coscienza anche nella nostra partecipazione al gruppo che è “famiglia di famiglie”. Ognuno di noi è responsabile dell’altro e deve farsene carico.
F.o
Fedeltà non è solo non tradire ma è la fedeltà ad un progetto. Nel progetto non ci sono solo marito e moglie ma anche i figli. Anche nella separazione si può vivere la fedeltà se si continua ad essere fedeli ad un progetto.
Il rischio di identificare la fedeltà con la consuetudine. Silvana diceva che c’è un aspetto dinamico. Il dinamismo è rimanere fedeli e riproporsi con un’altra iniziativa che può sembrare diversa ma che invece è sempre nella forma originale.
R.a
Pensando ai corsi per i fidanzati, molti si separano perché ci si prepara alla fedeltà interpretandola solo nel rapporto fisico. Non viene abbastanza presa in considerazione la fedeltà al progetto, ad allontanarsi dalla solitudine, a dire si tutti i giorni.
F.o
Il termine fedele solitamente viene attribuito a colui che ha fede; invece nella nostra accezione va interpretato come colui che dimostra la fede. E’ quindi molto importante sia credere nell’altro sia essere credibile.Non è solo una forza umana; può esistere nell’uomo ma è difficile che avvenga. Come è difficile mantenere un patto, una parola data. Bisogna riscoprire una fede nell’umano ma anche nel trascendentale. Nella vita civile un patto si sancisce davanti ad un notaio. Nel matrimonio esiste un garante che è la comunità ed è il Signore. Abbiamo fatto un patto che è la nostra promessa di matrimonio: amarsi ed onorarsi, accogliere i figli ed educarli nella fede.
Il patto fondamentale è: io sono disposto a dare la mia vita per te? Da questo deve scaturire di prendersi cura ogni giorno dell’altro. Nella fedeltà ci si aiuta e non si pretende dall’altro. Il rischio è di chiedere all’altro di essere fedele. Gesù ha perdonato Pietro che lo aveva rinnegato tre volte.
Il contrario è l’accoglienza per ricominciare insieme. Anche nella consuetudine è possibile ricominciare. Dio è sempre disponibile a ri-accoglierci e da lui dobbiamo prendere l’esempio.
d.G.i
Questa sera non è prevista una coppia che avvii la discussione ed è quasi un segno della provvidenza perché insieme dobbiamo capire cosa significa essere chiesa domestica.
Dalla Lumen Gentium
“I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio… In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede.” L.G. 11.
In nota a questo paragrafo si riporta la frase di S.Agostino che dice: “Non dono di Dio soltanto la continenza, ma anche la castità dei coniugati”
E’ l’anno della fede e facciamo un atto di fede in questa vocazione alla santità di chi sceglie il matrimonio. S.Paolo in alcune sue lettere saluta i cristiani che si radunano nella casa di …
Gesù pensa ad una chiesa fondata sulla casa (immagine della casa sulla roccia). Ma la chiesa ha bisogno di un luogo dove la si può vedere e questo non è il tempio ma la casa domestica.
La grazia del sacramento dona la condizione perché la famiglia possa essere concretamente segno e riflesso dell’amore trinitario, di diventare annuncio del Vangelo, buona notizia che suscita speranza, “chiesa domestica”. La trasmissione della fede è frutto della relazione reciproca in cui tutti e ciascuno sono destinatari e personalmente responsabili gli uni degli altri.
La famiglia e la chiesa non hanno vocazione diversa. La chiesa ha la vocazione dell’unità della famiglia che si riscontra nell’unità della singola famiglia. Come S. Paolo scrive alla chiesa di Roma: “Offrite i vostri corpi come sacrificio gradito a Dio.
Le caratteristiche della chiesa domestica
- le offerte a Dio del culto spirituale, con la ricerca dello spazio di preghiera e di formazione: con la disponibilità rinnovata ogni giorno nell’amore a stare insieme, nella fatica e nel riposo, nella sofferenza e nella gioia.
Guardarsi negli occhi e dirsi: ” tu sei la mia santità”. Quando diciamo parole che ci sembrano troppo spirituali è perché desideriamo un atteggiamento troppo monacale. Trovare Dio cercando l’altro fa della vita degli sposati un sacrificio gradito a Dio. Non si vuole togliere valore al culto spirituale ma questo è uno strumento che appartiene al tempo. Gli strumenti sono importanti, le preoccupazioni sono da vivere, gli impegni da mantenere ma il fine è l’amore.
- il segno del vangelo nella speranza che non si arrende, che sa accantonare il proprio interesse per ascoltare, accogliere, accompagnare.
La speranza è la più piccola delle virtù ma la più tenace. L’amore che non si arrende e non quello che rimanda è segno della speranza. Una speranza da vivere a porte aperte. Capita di trovare persone che raccontano la bellezza della vita, vissuta in qualche casa dove si vive il vangelo. Ricordare nella preghiera i figli che sono nati prima nel cuore di Dio che nei nostri corpi. - il segno della carità, con le modalità proprie, la disponibilità a prendersi cura dei più deboli, a condividere il dono ricevuto con quanti sono nella debolezza, che patiscono la solitudine e il fallimento.
Nella mia vita di sacerdote ricevo la confessione dove si sente la difficoltà di farsi comprendere da chi non vive la vita matrimoniale. E’ quindi buono che la famiglia, che vive questa esperienza si faccia carico di questa vicinanza; nei confronti dei separati ha la competenza anche umana per parlare di chi soffre. Poi il sacerdote benedice ed assolve. La coppia sposata ha un valore più grande del sacerdote. Il Signore ci sta facendo vivere la diminuzione della vocazione sacerdotale per farci sperimentare altre forme di vocazione perché sia presente nel mondo laico.
I coniugi non vivono la recita delle lodi ma vivono la realtà dell’unione. Nasce quindi la voglia di interessarsi non dei fatti ma della realtà delle famiglie che vivono intorno a noi. - la missionarietà, nella coscienza di dover essere l’ambiente in cui il Vangelo è reso credibile, che permette di riconoscere la Chiesa nel mondo.
Domandiamoci se queste caratteristiche ci appartengono, come famiglie e “famiglie insieme”. “Tra la grande Chiesa e la “piccola chiesa” si realizza ogni giorno, in forza della presenza dello Spirito, uno scambio di doni, che è reciproca comunicazione di beni spirituali” (Giovanni Paolo II).
La unisce in un infinito atto d’amore da Dio per l’umanità, la tensione per il mondo bisognoso di trovare e ritrovare i rapporti che danno vita.
F.o
Nei giovani sposi anche la fede può essere un motivo di divisione tra i coniugi. E’ la vita comune che santifica.
Nella realtà della separazione c’è una realtà di chiesa domestica. Anche la chiesa vive il dolore della separazione. Dobbiamo riconoscerne la dignità.
Negli incontri prebattesimali affidiamo ai genitori un compito di educatori molto importante. Questo ministero fondamentale lo diamo a tutti ed anche incontrando genitori che vivono situazioni particolari non possiamo rifiutare questo affidamento. E’ quindi strano che escludiamo queste persone che vivono situazioni non “normali” mentre nello stesso tempo gli affidiamo questo compito. Qualcosa non quadra. Sono quindi le coppie sposate che, accogliendo le coppie che vivono situazioni “non regolari” si fanno carico di accompagnarli nel percorso di crescita dei loro figli.