RITORNATE A ME
Carissimi,
il profeta Gioele nel brano ascoltato il mercoledì delle ceneri ci diceva:
“Or dunque – oracolo del Signore – ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso” (Gl. 2,12-13).
Il tempo della Quaresima che abbiamo iniziato è il tempo della misericordia e del perdono. Il tempo dell’uomo che si riconosce peccatore e si fa disponibile ad essere amato da Dio. Il tempo dei percorsi di conversione e di ritorno verso la casa del Padre luogo dell’Amore e della Libertà snobbati dalla tracotanza del credersi unici costruttori della propria felicità e della propria onnipotenza.
“Ritornate al Signore” ecco il verso giusto del cammino rinnovato. È giunto il tempo dell’umiltà sincera e vera che riconosce l’errore e assume il coraggio del cambiare direzione. Ritornare, volgere lo sguardo altrove e, beffa o ironia della sorte, l’altrove è proprio lì da dove si era fuggiti (figlio prodigo). I sogni della libertà svaniscono nella dura verità della realtà e rimane solo la certezza della propria storia sgangherata, le radici non definitivamente recise e le ragioni profonde del cuore. Credo, che per la nostra contemporaneità, sia giunto il momento opportuno, giusto, indispensabile, inderogabile e favorevole (Kairòs) di bandire un digiuno e di convocare la comunità degli uomini in sacra assemblea dei figli diletti e amati (cfr. Gioele. 2,15).
Abbiamo disperso il meglio di noi stessi nell’inseguire l’effimero e l’appariscente, abbiamo svuotato l’anima da ciò che ci rendeva veri, saldi, liberi. È ora di digiunare da tutto questo apparato che ha svilito le nostre fragili esistenze obbligandoci a conquistare irraggiungibili paradisi artificiali, che ci hanno abbagliati con falsi effetti speciali fatti di bugie imposte da una insensata e opprimente pubblicità del male proposto come bene rubandoci la mente e spogliandoci il cuore.
Digiunare da tutto questo vuol dire riprendere coscienza che la vita non è il lampo abbagliante e fuggevole di un fuoco d’artificio, non è violentare il reale proponendo come vero ciò che reale non è e non lo sarà mai.
Digiunare è imparare ad accontentarsi di tutto quello che la vita offre nella sua ricchezza di essere dono possibile e condiviso.
È con l’atteggiamento di povertà e di essenzialità, riscoperto come stile di vita, che possiamo accogliere il dono più bello: la nostra dignità di persona unica e irrepetibile e la grandezza di riconoscerci figli di un Dio che ci consegna se stesso e l’uomo come essenza costituente la nostra identità. Questo atteggiamento di riscoprire l’essenziale come necessario valore e preludio alla vita serena, ci apre alla preghiera e alla supplica: “Mostraci il tuo volto, Signore”. A lui chiediamo di aiutarci a rivedere lo splendore del nostro volto reso irriconoscibile dal troppo vagabondare lontano dalla fonte della bellezza e della santità.
Nel Vangelo, ascoltato sempre il mercoledì delle ceneri, Gesù ci invitava all’elemosina, alla preghiera e al digiuno. Chiedeva una preghiera, silenziosa, nascosta, intima, personale, lontana dall’apparire e dagli effetti speciali. Una preghiera fatta di ascolto arrendevole e affettuoso e di intimità dove il grido disperato del non senso senza mèta può trovare accoglienza e guarigione. È necessario scendere dal piedistallo dell’illusione che ha regolato il vivere, per sentire a piedi nudi il calore della madre terra che ci accoglie con la saggezza del tempo scandito dalla qualità delle stagioni. Salvezza è vivere la terra che ci offre, attraverso le mani del Padre celeste, la dignità dell’essenziale e la sobrietà felice come antidoto alla insensatezza dei falsi profeti contemporanei.
Il Vangelo, poi, ci invitava a pregare per uscire dallo scrigno dorato dell’omertà che imprigiona il meglio di noi stessi asservendoci ai dèmoni dell’individualismo degradante ed aprire la porta con fiducia a Dio autore della vita; a Dio riscoperto Padre e non antagonista, Fratello e non nemico, Consolatore e non inquisitore.
La Quaresima con le parole di Gesù, infine, ci consegna attraverso la carità dell’elemosina il percorso sicuro per avere il bene e vedere il buono; diventa il cammino obbligato dall’amore per chi si riscopre persona e ne assapora la straripante dignità. La preghiera e il digiuno ci aiutano a rimanere in noi stessi (liberandoci dai pesi inutili che rallentano il cammino della luce e tolgono il velo della falsità) e l’elemosina ci spinge a realizzare il progetto originario di Dio: la solidarietà.
Diceva Dostoyevsky che “la bellezza salverà il mondo“. Credo che la bellezza più splendida che si possa raggiungere, oltre alla contemplazione del creato, sia quella della solidarietà come contemplazione dell’uomo. Tale contemplazione porta ad adoperarsi affinché nulla vada sciupato o perduto.
L’elemosina non è solo la condivisione dei beni materiali (questo è alla base) ma, a volte più urgente, la condivisione dei beni spirituali e morali quali la disponibilità pronta, la pazienza amorosa, l’affabilità generosa, la bontà attenta, la dolcezza affettiva, la tenerezza rigenerante …
È necessario curare il corpo (tanti … troppi uomini poveri di mezzi) e lo spirito (tanti … troppi uomini vuoti di senso). L’elemosina non è solo dare il superfluo o quello che avanza e non ci serve più, ma è imparare a dare se stessi come compagni di viaggio nella meravigliosa avventura della vita.
“Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che vede nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt. 6,2-6;16-18)
Auguro a me e, con tutto l’amore del pastore, a tutti voi che questa Quaresima sia il tempo favorevole della preghiera come disponibilità a Dio, di digiuno come ricerca dell’essenziale e del vero e dell’elemosina come il farsi carico dei bisogni del capolavoro di Dio: l’uomo.
Don Franco De Marchi
parroco