Anno 2012 – 2013
Venerdì 12 ottobre 2012 sono ripresi gli incontri del gruppo “Giovani Sposi”. Le storiche coppie giovani (Carla&Alessandro; Daniela&Maurizio; Fausta&Fulvio) e le storiche coppie senior (Linda&Fulvio; Brunella&Pino) hanno accolto con gioia l’arrivo di nuove coppie: Francesca&Maurizio come coppia-guida senior; Rosaria&Giuseppe; Francesca&Dario; Fabiana&Michele come coppie neo-spose. Un benarrivato alle new-entry e benritrovato alle coppie storiche. Augurio fatto anche dal parroco Don Franco che ci ha accolto nel suo salone parrocchiale, che ci ha manifestato la sua gioia di averci a Piedigrotta, che ci ha augurato di vivere la serenità nella nostra vita sia come persona che come coppia. La serenità, ci ha ricordato, rappresenta la volontà di Dio, ma va conquistata con la volontà e aprendosi verso il prossimo, verso il partner che deve essere considerato come un dono costantemente cercato e custodito. Don Franco ha augurato a noi coppie presenti un buon cammino nella Fede (e questo è l’anno liturgico che l’Arcidiocesi di Napoli ha dedicato alla Fede): nel sentirla e nell’irradiarla nella vita matrimoniale.
L’incontro, iniziato con un piccolo rinfresco di accoglienza (i saltimbocca mignon erano molto, ma molto buoni!!!), è stato incentrato sulla presentazione delle singole coppie in un clima di serenità ed empatia. Alle nuove coppie è stato esposto il modo in cui lo scorso anno si sono svolti gli incontri, incentrati sulla lettura e la riflessione prima del libricino “In due (5 segreti) di A. e A. Friso e poi del libricino “Comunicare nella coppia” di R.Ventriglia e R. Della Valle. Inoltre, è stato fissato il tema del prossimo incontro (… sono ricomparsi dall’agenda di Fulvio F. i bigliettini degli argomenti da trattare di due anni fa …): l’ingerenza delle famiglie di origine.
Prima del brindisi di buon auspicio accompagnato anche dal gustoso “pane carasau” portato direttamente dalla Sardegna da Daniela&Maurizio, è stato presentato alle nuove coppie di neo-sposi il progetto a cui “Giovani Sposi” partecipa, ossia quello dell’adozione a distanza (di sei bimbi vittime del terremoto di Haiti di due anni fa) e a vicinanza (di famiglie bisognose del quartiere).
L’incontro “Giovani Sposi” del mese di novembre si è tenuto il venerdì 9 alle ore 20.15 nel salone parrocchiale che ha visto la presenza di ben 11 coppie di partecipanti accolte da Don Franco e Don Piero.
Dopo un veloce giro di presentazione da parte delle coppie storiche e delle coppie new-entry, si è entrati nel vivo dell’argomento specifico dell’incontro: il rapporto con le famiglie d’origine.
Argomento di quelli non certo semplici …. quando un figlio si sposa e crea la propria famiglia inevitabilmente crea una “rottura” con la famiglia d’origine e questa “rottura” altrettanto inevitabilmente porta con sé “ricatti e sensi di colpa” che spesso dimenticano il messaggio matrimoniale della Genesi “All’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.”
Durante l’incontro vivo, sentito e partecipato, ogni coppia ha riportato la propria esperienza relativa al rapporto con le famiglie d’origine e alle dinamiche che, per lo più, accomunano tutte le coppie. Queste dinamiche sono risultate le seguenti:
- “crisi” dei genitori che si vedono “soli” dopo che i figli si sono sposati
- genitori che si riscoprono marito e moglie
- giovani coppie di sposi che si scoprono nel nuovo ruolo di marito e moglie
- genitori iperprotettivi nei confronti dei figli ormai sposi
- paura dei figli sposati di saper dire di no ai genitori invadenti e che non riescono a comprendere profondamente che i figli hanno costituito la loro famiglia
- le coppie giovani, gentilmente e con i tempi giusti, devono far comprendere ai loro genitori le nuove dinamiche che sono nate e … con le quali sia le coppie di giovani sposi, sia quelle dei genitori devono cominciare a familiarizzare
- i genitori, in maniera matura ed intelligente, invece di torturare i figli con i sensi di colpa, devono essere in grado di vedere la maturità dei loro figli e devono supportare questa loro responsabilità (sposarsi … diventare marito e moglie … diventare genitori … assumersi il peso di una casa con annessi e connessi … non è certo una passeggiata … !!!!)
- genitori che sono disponibili a fare i nonni solo in caso di necessità (perché i figli lavorano) e non quando i figli hanno bisogno di una cenetta fuori, di un cinema per rompere il ritmo frenetico che, con il suo stress, può influenzare negativamente le dinamiche familiari …. a tal proposito,allora, come suggerito da Rino e Rita, si può ricorrere al “FILONE DI COPPIA” …. si dice ai nonni che mamma e papà sono impegnati per lavoro, ed invece, si ritagliano un momento tutto per sé e per ricaricare le batterie e “affrontare” con serenità l’onere-onore del matrimonio!!!!
L’incontro del 16 dicembre 2012 ha visto la partecipazione collettiva sia del gruppo “Giovani Sposi” sia di quello di “Famiglie Insieme” in occasione della lectio divina per le famiglie tenuta dal parroco Don Franco. Il titolo della riflessione “A Betlemme la storia di Natale” ha dato il là al parroco per fare un’esegesi puntuale ed interessante sul Capitolo 2,1-20 del Vangelo di Luca. Il passo dell’evangelista, da Don Franco, è stato suddiviso in tre momenti:
1) Maria e Gesù
Maria con Giuseppe, per decreto dell’imperatore Cesare Augusto, dovevano essere censiti e, perciò, “dalla città di Nazareth” salgono “in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme” che, grazie alla nascita di Gesù-figlio di Dio, diventa la città di Dio.
Betlemme, quindi, diventa città scelta, eletta, santa, amata e per i cristiani diventa la città verso la quale andare, verso la quale orientare e rinnovare la propria fede.
2) Angeli del Natale
Gli angeli del Natale annunciano ai pastori la nascita del Signore il cui fine è quello di diffondere “una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”. Gli angeli si fanno portavoce della GLORIA DI DIO e della PACE AGLI UOMINI.
Gli uomini, quindi, per essere sempre illuminati dalla luce della gloria celeste devono interrogarsi: come, dove, quando proclamo la gloria di Dio? Quanto mi dono per approfondire la mia fede, per leggere e meditare la Parola di Dio, per pregare? La gloria di Dio traspare dal mio volto, dai miei gesti, dalle mie parole?
Gli angeli sono anche messaggeri di pace, per cui la meditazione deve accompagnare il credente, deve portarlo ad interrogarsi su quanto la sua fede lo spinge ad essere costruttore di pace, di bene, di solidarietà e su quanto interessa dona alle esigenze e alla costruzione di relazioni disinteressate con gli uomini che gli vivono accanto.
3) Pastori
I pastori, all’annuncio degli angeli, “andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”. I pastori, dunque, diventano protagonisti perché sono loro i veri iniziatori del Vangelo. Diventano parte integrante della gloria di Dio perché, spinti da una sana curiosità, si sono lasciati coinvolgere dalla Natività del Signore.
Il credente oggi deve farsi pastore: deve avere il coraggio di partire verso nuovi eventi sostenuto dalla fede di un annuncio sconvolgente.
In famiglia cosa significa farsi pastore?
Ognuno di noi ha trovato, ha visto e ha riconosciuto Dio nella sua vita personale e di coppia?
Quale inaspettata novità ci attende nella mia e nella fede?
Abbiamo il coraggio e la gioia di annunciare in famiglia ciò che abbiamo sperimentato?
Preghiamo mai tra di noi coppia e con i figli?
Abbiamo il coraggio di proporlo?
Crediamo che Dio possa aprire una nuova strada per la nostra famiglia?
Con queste proposte-riflessioni e la lettura corale del testo “La grazia del Natale”, Don Franco ci ha augurato un Buon Natale nella gioia e nella gloria del Signore.
L’incontro di Giovani Sposi del mese di Gennaio 2013 si è tenuto il giorno 11 alle ore 20.00 presso il salone parrocchiale ed è stato tenuto dallo psicologo Antonio Gentile che in maniera coinvolgente e professionale ha guidato la riflessione sull’ingerenza delle famiglie di origine nei confronti dei figli sposati.
Il taglio dato dal Prof. Gentile è stato psicologico-antropologico ed è stato scandito in due momenti:
- l’ingerenza familiare intesa dal punto di vista di INGERENZA COMUNE: tale tipo di ingerenza può tranquillamente essere risolta ricorrendo al “buon senso comune” e a qualche strategia partendo dal presupposto che se si chiede un aiuto ai genitori, questi potrebbero volontariamente o meno prendersi “il dito con tutta la mano”. A questo punto i figli, ormai coppia di sposi, devono imparare a ragionare nei confronti dei genitori non più figli cui è concesso di “chiedere senza dare”, ma da adulti che non devono considerare più i genitori come coloro che “devono dare senza chiedere”.
- l’ingerenza familiare intesa dal punto di vista di INGERENZA PATOLOGICA che può generare il caso del MITO FAMILIARE o il caso delle FAMIGLIE INVISCHIATE.
L’ingerenza patologica “è più difficile da risolvere perché attiene a contesti familiari disequilibrati, consolidati nel tempo, condizionanti sia i genitori che i figli, e forse anche i nipoti”. Nel caso dei MITI FAMILIARI, dunque, questi diventano “il collante sul quale la famiglia regge il proprio equilibrio precario”, il luogo nel quale i “vari componenti costruiscono la propria identità, perpetuando il disequilibrio dal momento che tale identità è costruita lontano dalla realtà”. I MITI FAMILIARI, inoltre, sono accompagnati dai RITI FAMILIARI che sono scanditi da “scadenze temporali e locali” (ad esempio, dove è tradizione trascorrere il Natale, la Pasqua, il Ferragosto), ma che hanno anche una funzione di PROTEZIONE: i miti-riti “hanno funzione difensive all’interno perché tendono ad evitare conflitti, proiettive all’esterno perché controllano gli estranei”. Ma in questo sistema di mito-rito inteso come protezione il figlio ormai sposato rimane imballato: il mito familiare è parte integrante del suo essere se stesso, ma a questo si affiancano i miti familiari accompagnati da motivazione da parte del coniuge. E, a questo punto cruciale e critico, la nuova famiglia come se ne esce? Antropologicamente se cade il mito familiare si infrange l’identità del singolo componente della coppia e la coppia scoppia (perché viene meno l’implicito della protezione, della sicurezza). Il mito, quindi, non può crollare, ma deve essere rinnovato seguendo il nuovo corso della realtà, rafforzando una nuova identità reale.
Nel caso delle FAMIGLIE INVISCHIATE, invece, regna il caos perché all’interno di tale tipologia di”sistema familiare i ruoli non sono ben definiti” e per le coppie di neosposi “non si è sviluppato un processo di separazione/individuazione nei confronti dei genitori”. In tal caso “il rapporto di complicità, che spesso si instaura tra il figlio e uno dei due genitori, in contrasto con l’altro, si riporta all’interno della nuova famiglia diventando INGERENZA.” Il genitore, quindi, per il figlio ormai sposato non assolve al ruolo di guida, di mediatore, di confronta, ma diventa il genitore complice “deus ex machina” che risolve la situazione e scavalca il partner del figlio. questi, addirittura, in un sistema di famiglia invischiata, “non solo è escluso, ma è incolpato di inadempienza” e tale inadempienza “giustifica l’introduzione del genitore complice”.
La riflessione scientifico-psicologico-antropologica del prof. Gentile è stata illuminante, accompagnata ed esemplificata da esempi pratici immediati e spontanei e tratti dalla vita quotidiana. Ciò che ne è scaturito è il fatto che una nuova coppia non può tagliare i legami con la famiglia di origine anche perché significherebbe negare quello che si è: “mantenere il legame con le proprie radici è importante per le conferme delle proprie identità, per una equilibrata gestione delle dinamiche emozionali, per la ricchezza di modelli di riferimento per i bambini”.
L’incontro del mese di febbraio di “Giovani Sposi” si è tenuto il giorno 8 alle ore 20.00 nel salone caminetto e ha visto la presenza di tre coppie giovani presenti, di due coppie senior e di Pino senza Brunella che era influenzata.
Nell’attesa e nella speranza che arrivasse qualche altra coppia abbiamo ingannato il tempo con un giro di tombola il cui ricavato è andato al nostro “sostegno a distanza”.
Altre coppie non sono arrivate per cui noi presenti abbiamo riflettuto sulla tematica dell’intimità nella vita di coppia: secondo Pino questa è un progetto che la coppia deve portare avanti come se fosse un progetto comune che è sempre in grado di superare gli ostacoli; per Maurizio l’intimità è anche progettare un figlio e in vista di questo nobile gesto per lui la coppia deve allenarsi a costruire un’intimità piena.
Questo concetto è stato sottolineato anche da Fulvio F. per il quale l’intimità fisica coincide con quella psichica e per il quale “l’Amore fa bene a far l’amore”: l’Amore, infatti, richiede corteggiamento, attenzione, tenerezza oltre che quattro “S” … serenità, salute, senza aver problemi di tempo, sorriso.
Febbraio è il mese degli innamorati per cui non abbiamo dimenticato il suo vescovo San Valentino che ha celebrato l’Amore sposando una cristiana ed un pagano.
L’incontro si è concluso con una riflessione e un sondaggio sulle tematiche da affrontare nei prossimi incontri:
- l’abitudine nella vita di coppia
- il ritmo lavorativo o la problematica lavorativa e la loro influenza nella vita di coppia
- la Fede nella coppia
- i figli.
Il tema della riflessione “Cristo risorto fondamento della nostra Fede” è stato affrontato partendo dalla lettura e dall’esegesi del Vangelo di Luca 24,1-12 riportato nella traduzione letterale del testo sacro.
All’alba del primo dei sette sabati le donne Maria, Maddalena, Giovanna e Maria di Giacomo ritornano al sepolcro (che rappresenta la fine della vita) per omaggiare e onorare con aromi Gesù morto, ma trovano che la pietra che avrebbe dovuto chiudere il sepolcro era rotolata.
Questo è il primo segno della Pasqua: è una scoperta che lascia esterefatte le donne.
Il secondo segno della Pasqua è che il corpo di Gesù non è più deposto nel sepolcro.
Le donne, quindi, sono chiamate a testimoniare la Pasqua: il corpo del Dio Vivente è risorto perciò il sepolcro è vuoto e perciò si celebra la Pasqua.
Le donne nella cultura ebraica non potevano testimoniare (così come non potevano testimoniare i bambini), ma Dio le eleva perché le rende testimoni della sua Resurrezione (Don Franco), le rende testimoni dell’invisibile e dell’impossibile (Don Giovanni). Infatti, solo la sensibilità di una donna può comprendere l’impossibile perché l’ha già sperimentato con il parto (Don Franco). Testimone, però, della Resurrezione del Signore è anche Pietro: questi, simbolicamente, alzandosi dal sepolcro inizia la sua resurrezione, umilmente si curva per prendere le bende che avvolgevano il Resuscitato e con meraviglia crede ed è pronto per diffondere il messaggio del suo Maestro.
L’interessante esegesi di Don Franco si è soffermata anche sul significato dei sette sabato: Gesù è nel Vangelo di Luca il Signore del sabato per il sabato
- della discesa dello Spirito Santo
- della predicazione a Cafarnao
- del nutrimento delle spighe di grano e delle ovvie accuse dei Farisei (dato che il sabato è il giorno del riposo)
- della guarigione della mano paralizzata
- della guarigione della donna curva
- della guarigione dell’idropico
- della sepoltura.
Quest’ultimo sabato è quello che apre le strade all’ottavo giorno, al giorno della nuova Fede: è il giorno della contemplazione dei capolavori sia di Dio, sia di ognuno di noi che loda ciò che è stato in grado di compiere e trova la pace nel Signore.
Il settimo giorno è il giorno della festa e del riposo, il giorno in cui Dio si riposa nell’uomo e in tutto il suo creato.
Gesù del settimo sabato è un Gesù che non tramonta, ma che è accompagnato dalla luce dell’alba nella sua Resurrezione
Fausta, Giovani Sposi
L’incontro del 12 aprile 2013 di “Giovani Sposi” è stato incentrato sui “PERICOLI DELL’ABITUDINE”.
Giulio&Lucia, sposati da un anno e mezzo, hanno condiviso con noi il ritmo frenetico della loro vita matrimoniale che non è ancora vittima dell’abitudine. A sfatare questo tarlo sono i sabati e le domeniche in piacevole e allegra compagnia di parenti e amici e in compagnia delle partite del Napoli. Anche se … un giorno di relax … a Giulio&Lucia farebbe piacere.
Per Carla&Alessandro le abitudini hanno creato un clima di serenità, anche se -a lungo andare- vanno un pò strette: manca la sorpresa; si tende a cadere nell’appiattimento; si crea in fondo al proprio animo una sorta di insoddisfazione; il compromesso che è il punto di forza del buon matrimonio può creare -su lungo raggio- sconforto.
Pino, a tal proposito, ha sottolineato il fatto che il compromesso non deve mettere a tacere le esigenze della coppia che, attraverso una discussione/litigio controllato, deve comunicare quello che comincia a non andare, che manca, quello che si desidera. La discussione deve, quindi, deve l’anima del riprendere in modo nuovo e sotto una spinta diversa il rapporto di coppia: la discussione deve, insomma, far cadere le abitudini.
A far cadere le abitudini, però, come sottolineato da Linda e Brunella deve essere la sorpresa il cui fine è quello di stupire, di fare in modo che una coppia di sposi si ritrovi a vivere lo stupore dell’innamoramento che, il più delle volte, il lungo corso del matrimonio tende a soffocare.
Individualità e routine, quindi, diventano le trappole del matrimonio. Come superarle? Va bene il famoso “filone di coppia”. Va bene anche e soprattutto guardare all’Amore di Dio: Lui si è donato per il bene della collettività. Allo stesso modo marito e moglie devono superare le recriminazioni del proprio “io”per sapere ascoltare con impegno le richieste di rivitalità del matrimonio del proprio partner.
Prossimo argomento: le tentazioni nella vita di coppia.
Fausta, Giovani Sposi
Venerdì 10 maggio 2013, ore 20:30, penultimo appuntamento Sposi Giovani con tema “la tentazione”. La riflessione è partita subito dal significato più ampio di tentazione per poi comunque lambire quello più attinente alla vita di coppia “non cedere alla tentazione del tradimento”.
La tentazione di divergere dall’insegnamento di Cristo nei rapporti interpersonali è continua. Linda ci porta l’esempio del vicino di casa incivile o del parente permaloso e irremovibile: siamo tentati a rispondere a tono, a ripagare con la stessa moneta o a mandare a monte un rapporto scoraggiante. Certo, è la strada più facile. Ma da cristiani, non è quella che abbiamo scelto. In questi momenti topici, dobbiamo confidare in Lui affinché ci aiuti a seguire il suo esempio porgendo l’altra guancia o continuando ad amare chi c’ha ferito.
In altre parole, come Linda ci ricorda, significa rimanere saldi ad una delle virtù cardinali fondamentali: la temperanza. Del resto il contrario della tentazione è “il Dominio di sé”. E a questo proposito Fulvio ci invita a visitare proprio la statua “Dominio di se stessi” di Francesco Celebrano (1767) nella Cappella San Severo allegoricamente rappresentato da un guerriero romano che tiene alla catena un leone ammansito, quasi ipnotizzato dallo sguardo dell’uomo: intelletto e volontà prevalgono così su istinto, energia selvaggia e vanità delle passioni.
Benché -come ritiene Giulio- la tentazione ha quasi sempre un’accezione negativa, “essere tentati ” nella vita di coppia può anche, più semplicemente, voler significare dedicarsi troppo ad una determinata passione (sport, internet, tv, vita comunitaria, cammino spirituale etc), come lamenta anche Brunella, trascurando il partner o più in generale la propria famiglia. Quando alle proprie passioni invece ci si dedica con il giusto equilibrio non facendo mai mancare nulla alla coppia, ai figli, alla famiglia si scongiura anche il tradimento non percependolo più come tale (Pino, Alessandro e Carla). Ma è sempre possibile, facile, il suddetto equilibrio? Se l’equilibrio manca e lo spazio per sé diventa davvero troppo intimo, sproporzionato, esasperato non c’è più condivisione (quello che dovrebbe essere alla base del matrimonio) e c’è il sospetto che la passione in questione, l’attività che ci assorbe così tanto sia piuttosto un alibi, una via di fuga dalle responsabilità e da un’unione infelice (Maurizio e Daniela).
La frase di S. Agostino, “Mio Dio, rendimi immune a ogni tentazione, ma -per favore- non adesso”, inizialmente anche un po’ discussa perché forse ritenuta inappropriata in un percorso di Sposi Giovani, lancia durante l’incontro, nuovi spunti di riflessione per trattare il tema della tentazione quale tema del tradimento. Rosaria e Fulvio giustamente invitano a contestualizzare la frase del santo estrapolata dalla sua biografia: la vita di S. Agostino non è stata delle più esemplari in gioventù. Ma è una frase che mostra il carattere universale della debolezza umana (Daniela)…se già non fosse stato sufficientemente esplicito nella Genesi con il racconto del peccato originale di Adamo ed Eva che tentati dal serpente, mangeranno del frutto dell’albero proibito.
Interessante a questo punto l’intervento di Lucia per cui tutti gli esseri umani possono potenzialmente cadere in tentazione ma è la fede che fa la differenza, altrimenti non si spiegherebbe perché alcuni cedono alla tentazione ed altri no. In altre parole -non volendo esprimere pregiudizi nei confronti di chi cede- sono i valori cristiani e la misura di quanto essi siano radicati in noi a ridurre od escludere a priori l’ipotesi che si possa cadere in tentazione.
Per Tonino invece “il Dominio di sé” è addirittura un dono divino, si nasce con questa propensione, è uno stato di grazia. Ecco perché tanti uomini con comprovata fede cadono comunque in tentazione.
E forse -ancora una volta- la sintesi di queste due visioni, la fede che fortifica (Lucia) e il dominio di sé come stato di grazia (Tonino), è la preghiera. Senza la fede non si potrebbe pregare Iddio affinché ce ne faccia dono.
Del resto, volendo attingere da un altro episodio pur esso ricordato durante l’incontro, è grazie alla fede che Gesù risponde risoluto al diavolo quando cerca di tentarlo per ben tre volte durante i quaranta giorni nel deserto.
L’incontro si è concluso con una lettura a tema di Chiara Lubich (vedi più avanti) e con l’invitante proposito di trasformare l’ultimo incontro di Sposi Giovani in una gita fuori porta…tentazione, questa, a cui si potrebbe tutti tranquillamente cedere senza sensi di colpa!
Daniela, Giovani Sposi
Brano di Chiara Lubich
Lc 22, 45-46
Rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mt 26 ,40-41
Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.
Queste sono parole che Gesù, durante l’agonia nel Getsemani, ha rivolto a Pietro, Giacomo e Giovanni quando li ha visti sopraffatti dal sonno. Egli aveva preso con sé questi tre apostoli – gli stessi che erano stati testimoni della sua trasfigurazione sul monte Tabor – perché gli fossero vicini in questo momento così difficile e si preparassero con la preghiera assieme a Lui, giacché quanto stava per accadere sarebbe stato una prova terribile anche per loro.
“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.
Queste parole – lette alla luce delle circostanze in cui sono state pronunciate – prima ancora che una raccomandazione rivolta da Gesù ai discepoli, occorre vederle come un riflesso del suo stato d’animo, cioè del modo con cui Egli si prepara alla prova. Di fronte alla passione imminente, Egli prega, con tutte le forze del suo spirito, lotta contro la paura e l’orrore della morte, si getta nell’amore del Padre per essere fedele fino in fondo alla sua volontà ed aiuta i suoi apostoli a fare altrettanto.
Gesù qui ci appare come il modello per chi deve affrontare la prova e, nello stesso tempo, il fratello che si mette al nostro fianco in quel difficile momento.
“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.
L’esortazione alla vigilanza ricorre spesso sulle labbra di Gesù. Vigilare per Lui vuol dire non lasciarsi mai vincere dal sonno spirituale, tenersi sempre pronti ad andare incontro alla volontà di Dio, saperne cogliere i segni nella vita di ogni giorno, soprattutto saper leggere le difficoltà e le sofferenze alla luce dell’amore di Dio.
E la vigilanza è inseparabile dalla preghiera, perché la preghiera è indispensabile per vincere la prova. La fragilità connaturale all’uomo (“la debolezza della carne”) può essere superata mediante quella forza che viene dallo Spirito.
“Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.
Anche noi dobbiamo mettere in programma l’incontro con la prova: piccole, grandi prove che s’incontrano ogni giorno. Prove normali, prove classiche in cui chi è cristiano non può un giorno o l’altro non imbattersi. Ora, la prima condizione per superare la prova, ogni prova – ci avverte Gesù – è la vigilanza. Si tratta di saper discernere, di rendersi conto che sono prove permesse da Dio non già perché ci scoraggiamo, ma perché, superandole, maturiamo spiritualmente.
E contemporaneamente dobbiamo pregare. E’ necessaria la preghiera perché due sono le tentazioni a cui siamo maggiormente esposti in questi momenti: da un lato la presunzione di cavarcela da soli; dall’altro il sentimento opposto, cioè il timore di non farcela, quasicché la prova sia superiore alle nostre forze. Gesù, invece, ci assicura che il Padre celeste non ci lascerà mancare la forza dello Spirito Santo, se vigiliamo e glielo chiediamo con fede.
Chiara Lubich
Parola di vita, aprile 1990, pubblicata in Città Nuova, 1990/6, p. 9.