XVI DOMENICA T.O.- Anno C
(Gn 18,1-10; Sal. 14; Col 1,24-28; Lc 10,38-42)
Luca racconta un altro episodio avvenuto “mentre erano in cammino”. Nella sua esistenza itinerante – sempre sulla strada come il terzo vangelo ama proporlo – Gesù è stato più volte ospite, in diverse case, accogliendo l’invito di donne e offrendo ad esse l’insegnamento e il calore dell’amicizia. Manifestava così un comportamento originale e libero da pregiudizi, che libera a sua volta da oppressive tradizioni e preoccupazioni. E questo è già un fatto degno di essere trasmesso dalla Chiesa.
Il racconto si serve dei due atteggiamenti contrastanti, l’ascolto di Maria e l‘agire indaffarato di Marta, per dare l‘insegnamento sull’unica cosa necessaria, che rende prioritario l‘ascolto del messaggero di Dio su qualsiasi altra realtà. Luca sembra voler dire che, per dare fondamento solido al “farsi prossimo”, mostrato nel samaritano, bisogna ascoltare e privilegiare la Parola, il pensiero e il volere di Dio in lui: solo così l’emotività diventa comunione, il sentimento non è velleitario, ma amore concreto e il bosco fitto delle molte cose si illumina di armonia in quello che Dio chiede. Per aiutarci in questa comprensione la Bibbia di Gerusalemme legge: “Ma c’è bisogno di poco, anzi di una cosa sola”.
Questa certezza riguarda tutti, senza esclusioni; e Gesù la vive con libertà, contrariamente alla consuetudine – la legge proibiva ai maestri di comunicare i segreti di Dio alle donne allo stesso modo che ai pagani; erano escluse dalla lettura della Scrittura e non potevano partecipare all’assemblea liturgica nel tempio. Gesù vede in ogni essere umano, sia uomo che donna, una persona alla quale Dio si volge con amore e parla dei suoi progetti. Così, anche attraverso la descrizione concreta di chi compie i preparativi per il pranzo, come di chi intrattiene l’ospite, Luca trasmette il messaggio. Il servizio che il Vangelo propone – e mentre lo scrive già è diffuso il “servizio delle mense” nella comunità di Gerusalemme e dovunque arrivi l’annuncio cristiano – non può essere predominante rispetto all’annuncio della Parola, come appare da una certa impazienza di Marta. Il rimprovero di Gesù è sul fatto che la donna, con le migliori intenzioni, si lascia turbare nella mente e prendere dall’agitazione, dall’affanno. Gesù le dice: se ti agiti esci dall’amore e non entra nel Regno di Dio quello che fai e neppure tu che lo fai. Rischi di perdere la priorità che è l’ascolto di Dio in quello che ti chiede di fare.
Quale insegnamento trarre da questo episodio, tipico del vangelo di Luca?
Gesù non rifiuta e non giustifica i due comportamenti, ma da un insegnamento che supera le circostanze. L’ascolto della Parola, la disponibilità piena all’ospite che è Lui stesso, è quello che importa, tutto il resto non deve essere moltiplicato, ma va relativizzato e ricondotto all’essenziale: “C’è bisogno di poco, anzi di una cosa sola”.
“Una donna di nome Marta lo ospitò”.
Luca aveva già parlato di donne-discepole che lo seguivano: “Alcune che erano state guarite e molte altre che lo servivano con i loro beni” (Lc.8,1-3). Ora introduce Marta, non identificandola dalla relazione con un uomo, come “sposa di…”, “madre di…”, “figlia di…”, ma come persona indipendente e intraprendente. Lei è la padrona di casa e Maria è riferita a lei, “sua sorella”. Luca sembra voler dire che ospitando Gesù, diventa partecipe del cammino verso Gerusalemme, collaboratrice della missione, portatrice del Vangelo. Mentre scrive il suo vangelo, ha certamente presente quello che stava avvenendo nelle località più distanti, in Asia Minore, in Grecia, in Italia, dove le case si aprivano sempre più frequentemente, case in cui donne accoglievano i missionari del Vangelo su iniziativa della loro stessa autorevolezza, come nell’episodio di Filippi che Luca racconta, di Lidia che “ci costrinse ad accettare” l’ospitalità offerta: “Se mi avete ritenuta fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa” (Atti, 16.15).
La Chiesa ha in sé la coscienza forte e grata al Signore per la libertà, espressione della personalità di ogni creatura, che non può mai essere definita per la sua “funzione” davanti agli uomini, “moglie di” o “figlia di” e altro. La libertà nasce e si esprime nella personalità che si lascia dire da Dio nella propria ospitalità, che si lascia chiamare per nome, che significa progetto, vocazione, parola di Dio su di sé: “Una donna di nome Marta lo ospitò”. E lo chiama “Signore”. Il confronto istintivo con la sorella, da a Gesù lo spazio per l’insegnamento: solo nell’ascolto di Maria, la creatura umana può trovare il Tu che le permette di essere sua immagine. Buono è il darsi da fare, necessaria l’organizzazione, molte sono le cose inevitabilmente da vivere, ma il viverle alla presenza di Dio aiuta a capire che per cenare non occorrono molte cose, ma “c’è bisogno di poco, anzi di una cosa sola”, come preferisce leggere la Bibbia di Gerusalemme.
Il Signore, perciò, nel suo cammino di donazione della vita, ci tira fuori da una situazione, frammentata per le esigenze frenetiche delle cose, e ci propone una vita unificata da Lui come bene primario da accogliere e custodire, come dice Paolo: “Per me Cristo è il vivere” (Fil.1,21).