PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – Anno B
(Ml 3,1-4; Sal.23; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40)
Fin dal IV secolo, la Presentazione di Gesù al Tempio è la festa dell’incontro di Dio con il suo popolo, del suo incontro incessante con l’umanità.
Essa ci spinge ad un cambiamento di mentalità anche religiosa, nei confronti del rapporto di Dio con noi, rapporto iniziato con gli Ebrei, compiutosi nella persona di Cristo e nella sua Chiesa. La divinità che vuole incontrarsi con noi non è un Dio irraggiungibile, altissimo nella sua solitudine. Egli ci propone un Sacerdozio e un Tempio che non stanno ad indicare separazione e sacralità, ma la possibilità di un rapporto vivo con il Signore.
Sia la lettera agli Ebrei che il Vangelo di Luca ci hanno mostrato un Dio che si incontra con l’uomo, assimilandosi a lui, assumendo la sua vicenda dolorosa e drammatica, rinunciando ad ogni privilegio, ad ogni separatezza, ad ogni sacralità. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dirà alla Samaritana che il Tempio diverrà inutile, “perché i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Nei Sinottici predirà la distruzione del Tempio, di cui “non sarà lasciata pietra su pietra”. Infine l’Apocalisse annuncerà che il Tempio non serve più, perché Dio abita in mezzo al suo popolo.
La festività di oggi ci mostra Gesù, ancora inconsapevole, ma interpretato da Maria e Giuseppe, che esprime la totale solidarietà di Dio con il suo popolo. La sua solidarietà non è riconducibile a considerazioni sociologiche, economico-sociali, come quelle che dopo una tragedia, un disastro, ci spingono ad organizzare aiuti alle persone colpite. In Gesù la solidarietà è assai più profonda. Essa nasce dalla realtà della Trinità, in cui le tre Persone sono intimamente legate tra loro in un’Unità, che è dono reciproco, solidarietà totale. La stessa intima solidarietà divina, si rivela nella realtà dell’Incarnazione, che è partecipazione totale di Dio alla vita dell’uomo, immedesimazione completa con la sua carne e il suo sangue, assunzione senza riserve di quella ferita nel rapporto degli uomini tra loro e con Dio, che chiamiamo peccato. Il Figlio entra all’interno della storia per portare Dio al mondo, per ricondurre ogni vita umana alla vitalità dell’amore di Dio e coinvolgere così ogni uomo.
Leggendo il passo odierno del Vangelo, vediamo che Luca fa attenzione a non chiamare Gesù con il suo nome, ma ad indicarlo come il Bambino. Egli è ogni bambino. Allo stesso modo nel Vangelo di Giovanni, Pilato mostrerà Gesù, flagellato, ferito e sanguinante, dicendo “Ecco l’Uomo!”. Nel Vangelo di Marco vediamo che Gesù si rivela come “Figlio dell’uomo”. Così egli preferiva essere chiamato, prima che la croce lo rivelasse Figlio di Dio. Nel giudizio finale Matteo ci dice che egli si identifica con ogni uomo affamato, assetato, prigioniero, malato: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatta a me”. In Gesù Dio si fa una cosa sola con l’umanità, nella faticosa realtà di ogni giorno.
Questo è il Sacerdozio di Gesù e segna la fine della solitudine dell’uomo di fronte a Dio. Esso è la sorgente di un’altissima dignità per ogni uomo.
Oggi non possiamo non evidenziare che il riconoscimento del valore dei diritti umani, tante volte ripetuto, non impedisce il ripetersi della mancanza di considerazione nei confronti del valore della vita umana. Essa diviene sempre più oggetto di possesso, merce, occasione di guadagno, di speculazione. Dire questo non è ripetere cose amare e scontate, ma portare nella riflessione della preghiera i segni del nostro tempo: soppressione della vita al suo primo manifestarsi, sua manipolazione, commercio dei bambini nelle favelas brasiliane, abusi sessuali, sfruttamento dei minori, bambini soldato… Quanta poca considerazione per la vita umana innocente! Al termine dell’esistenza, speculazione sugli anziani, corsa ad accaparrarsi le loro pensioni nelle case che li accolgono. E poi, speculazione sui malati, vita prolungata artificialmente solo per danaro. Utilizzo della vita umana per fini bellici, mancata valutazione della morte che si diffonde con la guerra. Non si tratta qui di una riflessione politica nei confronti della contrapposizione tra Stati Uniti ed Iraq. L’uomo non ha il diritto di decidere della vita e della morte: nemmeno in un regime democratico un politico può ordinare ad un altro uomo di uccidere. Dio ha detto: “Nessuno toccherà Caino!”. “Tu non ucciderai”. Si tratta di una riflessione teologica, non politica. Altrimenti anche il Papa può essere frainteso e divenire incomprensibile.
Nel Tempio Gesù è offerto e donato all’umanità. Maria avverte sempre più il senso della sua chiamata a donare il Figlio all’umanità, per una solidarietà che non è mai di morte, nemmeno ai piedi della croce, ma è solo di vita, per la salvezza di tutti, per la qualità di vita di ogni uomo. Il cammino di Gesù non è stato facile, come non lo è quello di nessun uomo, dei sacerdoti, degli sposi, dei giovani, degli anziani. Non è facile radicare la propria vita nel Signore, rinunciare a tutti gli idoli, rinunciare al prestigio personale. L’ambiente ci spinge alla mondanità ed al conformismo, ci rende disattenti ai nostri fratelli e sorelle che sono privati della propria dignità. Se vogliamo seguire la via di Cristo, di Dio che vuole incontrarsi con tutta l’umanità, occorre cambiare le nostre idee e i nostri comportamenti, compiere ogni sforzo per testimoniare che il pensiero di Dio è al di là di tutta la nostra mediocre ragionevolezza.
Oggi preghiamo per le vocazioni in ogni stato di vita, ma principalmente per la vita consacrata, per quanti hanno scelto di prendere sul serio il Vangelo. Nella Chiesa vi sono tante cadute di qualità, tanti protagonismi, tante compromissioni con la mondanità. Preghiamo perché i consacrati siano testimoni vivi delle Beatitudini. Cerchiamo di essere accanto a tanti nostri fratelli e sorelle che il Signore ha scelto per essere suoi testimoni, per poter dire come Simeone: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo, Israele”.