DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE – Anno B
(Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal.45; 1Cor 3,9-11.16-17; Gv 2, 13-22)
Che questa festività capiti di domenica non accade spesso, dipende dal succedersi degli anni. Oggi accogliamo con gioia questo dono della Provvidenza, che ci consente di riflettere sul culto, sulla liturgia personale e comunitaria.
Nel Vangelo di Giovanni abbiamo ascoltato le parole di Gesù: “…è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Questo è il messaggio che ci è trasmesso oggi. Quale è il suo significato?
Sgombriamo prima il campo dagli equivoci. Non si tratta qui assolutamente di psicologismo, di intimismo e tanto meno di quel tipo di meditazione tesa a liberare la persona, facendola concentrare su se stessa, per aiutarla. L’annuncio cristiano non è qui. In questo passo del Vangelo di Giovanni Gesù non parla dello spirito singolo dell’uomo, ma dello Spirito di Dio, lo Spirito santo. La pura interiorità individuale non appartiene alla Scrittura. Il centro del Nuovo Testamento è l’Eucarestia, il dono della vita di Cristo crocefisso e risorto ai discepoli riuniti intorno a lui, all’umanità intera. È importante, leggendo questo testo, rifarsi ad un altro passo del Vangelo di Giovanni, all’inizio del capitolo 3, quando Gesù, parla a Nicodemo, un capo dei giudei venuto a lui di notte per conoscerlo meglio. Ai suoi dubbi Il Signore risponde dicendo: “In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”. Rinascere dall’alto è un invito che viene rivolto a ciascuno di noi. Con queste parole Gesù ci rivela che per ciascuno di noi la possibilità di riconoscere Dio trascendente come nostro Padre e di poterlo pregare come figli è dono dello Spirito, che ci viene incontro dall’alto, non è nostra umana capacità. Da Pasqua a Pentecoste la liturgia legge il Vangelo di Giovanni, che con molta insistenza sottolinea il ruolo che ha lo Spirito nella nostra vita di fede. A lui bisogna essere legati con vincolo di appartenenza, è lui che fa vivere il Vangelo nella storia. Lo Spirito è la presenza di Dio nel mondo. Se ci apriamo a lui, spezzando la chiusura dei nostri schemi miopi, e accogliamo la sua vita di amore senza limiti, comprenderemo il senso del Vangelo e parteciperemo alla costruzione del Regno di Dio nella storia.
Nella seconda lettura Pietro ci fa capire che il credente è “pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale”: la comunità della Chiesa è costruita da ciascuno di noi per la forza del nostro rapporto personale con lo Spirito, che ci permette di realizzare nella storia una relazione viva di amore reciproco, ci rende mattoni dell’edificio comune della Chiesa. La verità del nostro essere uomini si realizza nella fraternità, nella vita di comunione e di solidarietà, fondata sul soffio divino dello Spirito. È importante per noi cristiani rendercene conto oggi, di fronte alle spinte individualistiche che ci vengono comunicate dalla nostra civiltà mediatica: esse ci asserviscono, ci suggestionano, per metterci al servizio del consumismo, e ci privano così della nostra libertà, della nostra capacità critica.
La Scrittura tutta ci rivela la profonda solidarietà che lega fra loro gli uomini: protagonista dell’Antico Testamento è il popolo, non l’individuo. Ad esso si rivolge il Signore quando promulga la sua legge dal Sinai, ad esso Giosuè, stabilitosi sulla terra promessa, chiede l’adesione alla volontà divina. Dio porta avanti il suo progetto non con degli individui chiusi e isolati, ma nel vincolo della relazione, della reciprocità, che fa degli uomini un popolo di persone fra loro relazionate, non un pubblico anonimo. La Scrittura non annulla la personalità individuale, ma sottolinea che l’uomo è veramente se stesso solo se inserito nella relazione con l’altro. La responsabilità del singolo è radicata proprio nella realtà del popolo che è comunione nella reciprocità. La Chiesa non è un insieme di persone singole, collegate fra loro da un patto, è la comunità degli uomini che, in intesa con lo Spirito, vogliono essere in comunione con Gesù. Perciò è stata superata la concezione medievale che considerava la conversione del popolo fondata su quella del re: la comunione di reciprocità investe la libertà personale, non è adeguamento passivo. La comunità ecclesiale non può fondarsi neanche sull’adempimento di un precetto: la liturgia non è un dovere, ma nasce dall’autonomia di persone che liberamente si impegnano – insieme – nella costruzione del Regno, che è comunità di uomini inserita nell’amore di Cristo.
La nostra fede non enfatizza il rapporto del singolo con Dio – come fa invece il Protestantesimo. Essa nasce dall’Eucarestia, evento che ci unisce alla vita di Cristo, ci fa divenire suoi discepoli, perché lui, in persona, riunisce i cristiani nella sua verità, che grazie a questa unione con lui diventa progressivamente più comprensibile per ciascuno di noi. La verità cristiana non è un pacchetto ideologico, non è un concetto: essa consiste nello sperimentare personalmente Gesù, che vive in ciascuno di noi e ci fa diventare sempre più pienamente discepoli, secondo quella che possiamo chiamare “l’antropologia cristiana”. Ma l’unità di pensiero fra i discepoli non ci rende gruppo chiuso. Essere uniti nella verità del Signore ci fa sempre più aperti al suo universalismo e ci permette di capire con gioia il legame misterioso che la Chiesa ha con il mondo intero. Gesù ci rende comunità di persone che vivono per lui: diveniamo così fratelli di quanti spendono la propria vita per la pace, di quanti combattono la tortura in tutte le sue forme, di quanti operano concretamente per migliorare le condizioni dei lavoratori, per diminuire l’immenso divario tra popoli ricchi e popoli poveri. È molto rilevante, a riguardo, la testimonianza di un teologo russo, Vladimir Lossky, che – durante la dittatura sovietica – fu espulso dalla sua patria, ma continuò a sostenere che chi lotta in favore delle classi più povere è cristiano, anche se non a pieno titolo.
Viviamo questa Eucarestia nella coscienza che – attraverso la partecipazione alla vita di Cristo – essa è momento di incontro di ciascuno di noi con l’umanità tutta, è momento della nostra crescita personale e comunitaria.