“Famiglie Insieme”
Incontro del 21 – 22 giugno 2008
a Mercogliano
a chiusura dell’anno pastorale
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Da uno spunto di meditazione del Card. Martini sulla personalità di Gesù nel racconto della passione del Vangelo di Giovanni (cfr. Le tenebre e la luce. Piemme 2007).
Gv 13,1-3: È detto due volte “sapendo”; è indicata la coscienza di Gesù, il suo essere consapevole e responsabile. Di che cosa? Il suo destino, “l’ora di passare”, la sua responsabilità “tutto nelle mani”, il suo itinerario “a Dio ritornava”. Questa lucidità interiore gli permette di leggere quello che sta vivendo e di gestirlo, facendolo diventare offerta personale.
Noi non abbiamo, ordinariamente, questa prescienza, ma la preghiera prolungata, il ricorso alla Parola di Dio e il confronto fraterno nel dono di essere un gruppo cristiano che vuol camminare “insieme”, ci aiutano a sperimentare la presenza dello Spirito che, come promette Gesù, ci guida “alla verità tutta intera” (Gv 16,13). La coscienza di Gesù si esprime nel dono di sé in pienezza, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” realizzando quanto avrebbe soggiunto “nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15,23). Possiamo comprendere perché aveva proposto come norma, principio antropologico universale, regola del vivere “se il chicco caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24-26). La coscienza di Gesù apre alla luce della regalità “quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Così il “sapere” è consegnato ai discepoli “sapete?” (Gv 13,12), “sapendo” (Gv 13,17). Leggere, rileggere, penetrare… è il nostro compito di credenti. Gesù sa guardare la propria vita, come unità, come totalità da avere nelle proprie mani. Noi raramente arriviamo a questo; più spesso viviamo a segmenti, a stagioni, in senso di tempo e in senso di spazio. Perciò abbiamo difficoltà a considerare la vita come un insieme , in cui tutto sia un unico “viaggio”. Ci ha impressionato in questi giorni l’esempio della madre di uno di noi che ha chiesto la celebrazione dell’Eucarestia nel 50° di matrimonio pur essendo lo sposo morto già da alcuni anni e diceva serenamente “celebriamo insieme, lui di là ed io di qua”. Gesù ci insegna a prendere nelle mani, per intero, la nostra vita, dalle mani di Dio e ad offrirgliela. Così cambia il significato della parola soggetto. Da una accezione di tipo passivo, essere sottomesi come sudditi, alla visione positiva, attiva del diventare soggetto, come di chi vuole quello che Dio vuole, perciò è protagonista della propria vita. Gesù ci insegna a guardare con totalità la vita in ogni suo passaggio accogliendolo e offrendolo come possibilità. È famosa la preghiera di Ignazio di Loyola: “prendi, Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo: tu me lo hai dato, a te Signore, lo ridono, tutto è tuo: disponine a tuo pieno piacimento, dammi il tuo amore e la tua grazia, che questa mi basta”. È dunque nel superamento di sé la chiave del cammino umano, nel senso laico di antropologia e nel senso del progredire e della responsabilità di fede. Capire questo è un grande dono. Rendiamocene conto. Non capirlo può comportare di essere oppressi dalle eventualità della vita , con le ansie, le paure, le frustrazioni. La vita come totalità che si va completando è invece fonte di continuo rinnovamento. E punta a farci persone, che vuol dire donne e uomini in dono.
Il cammino di quest’anno andava in questa direzione:
- l’altro nell’appartenenza reciproca della coppia, l’esodo da sé;
- l’incontro con le molteplicità derivanti dalle famiglie di origine;
- l’incontro-scontro con la società che pretende l’omologazione;
- la sensibilità per uno stile di vita sobrio, radicato nei rapporti;
- la scoperta di non poter vivere la vicenda familiare da soli, perciò la disponibilità a lasciarsi aiutare dall’esperienza di altri a cominciare da quelle dolorose delle stanchezze e delle separazioni. Abbiamo capito meglio che la “festa” della famiglia non è nel chiasso ma nello insieme.
Bisognerebbe interrogarsi sul cammino del “compimento della vocazione all’esodo” da noi stessi per vivere il noi di coppia, di genitori, di famiglia, di incontro di famiglie. Questo è il disegno sulla Chiesa: essere casa e scuola di comunione. Quanto la convinzione diventa realtà? Quanto il gruppo diventa “per l’umanità”?
È il cammino che dobbiamo ancora compiere.