“Famiglie Insieme”
Incontro del 19 – 20 giugno 2010
a S. Antonio Abate
a chiusura dell’anno pastorale
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Resoconto e commenti dell’anno trascorso-
- Fulvio: quest’anno c’è stata una ricchezza di presenze che poi con il tempo è andato diminuendo. Il numero elevato di persone non favorisce la comunicazione. Ho sentito alcune persone che non sono presenti, per conoscere il loro parere. Carmen & Pasquale sono stati contentissimi. Rosaria & Tonino hanno trovato alcuni incontri un po’ difficili con la riflessione finale un po’ relegate in tempi ristretti. Elio & Luisa chiedono di utilizzare gli incontri dibattito per coinvolgere gli altri; dobbiamo avvertire la necessità di portare agli altri la nostra esperienza.
Famiglie Insieme non è un incontro in sé; la vicinanza tra le famiglie deve andare al di là degli incontri.
I film e gli incontri dibattiti sono un modo di proporci. - Francesca: difficoltà negli incontri mensili; se il numero è elevato non si lavora bene, ma l’alternanza provoca sbandamento. I tempi non sono sincronizzati: cominciamo tardi, finiamo di botto.
- Linda: chi ha necessità di un approfondimento, non lo può trovare in Famiglie Insieme.
- Raffaella: occorre aprirsi agli altri; non ci sono difficoltà nell’accoglienza agli altri. Bisogna trovare nuove proposte per allargare il numero dei partecipanti.
- Eleonora: raddrizzare il tiro sulla comunicazione; quando ci si apre sull’esperienza personale, il messaggio arriva subito all’altro anche a chi è arrivato da poco, fa sentire gli altri già parte del gruppo. L’organizzazione deve sostenere la partecipazione di tutti. La tematica ha aiutato, anche se alcuni argomenti sono sembrati ripetitivi. Il parroco della mia parrocchia ha voluto dettagli e particolare per cercare di organizzare un gruppo equivalente.
- Gigi M.: al di là dei temi, gli incontri dovrebbero essere più frequenti o più lunghi. Spesso sento che non ho il tempo di arrivare preparare all’incontro e spesso non riesco ad entrare nel dibattito.
- Fulvio: quest’anno c’è stata una ricchezza di presenze che poi con il tempo è andato diminuendo. Il numero elevato di persone non favorisce la comunicazione. Ho sentito alcune persone che non sono presenti, per conoscere il loro parere. Carmen & Pasquale sono stati contentissimi. Rosaria & Tonino hanno trovato alcuni incontri un po’ difficili con la riflessione finale un po’ relegate in tempi ristretti. Elio & Luisa chiedono di utilizzare gli incontri dibattito per coinvolgere gli altri; dobbiamo avvertire la necessità di portare agli altri la nostra esperienza.
- Enrico: è necessario il coinvolgimento; ciascuno deve sentirsi partecipe.
- Carmen: fare in modo che i tempi possono essere anche più lunghi.
- Don Giovanni: valorizzare il tempo intermedio e mantenere i contatti con chi ci ha solo sfiorati. L’incontro ha il rischio che deve essere così come è non solo perché c’è l’atmosfera giusta. Bisogna passare da fruitori della comunità a costruttori della comunità.
- Gigi O.: La realtà lavorativa è molto critica e difficile da vivere; la presenza nel gruppo mi aiuta a vivere giornalmente e mi aiuta ad arricchire la mia vita.
- Cristina: siamo ancora nella fase di rifornirci piuttosto che in quella di dare; chi viene da fuori sente la differenza con chi frequenta il gruppo da tempo e questo può essere un motivo di allontanamento se non ben controllato. Forse una maggiore frequenza può aiutare.
- Carmen: per una serie di circostanti siamo stati meno attivi. Da famiglie Insieme riceviamo tanto che poi diamo nella nostra parrocchia. L’apertura e la disponibilità di tante persone mi coinvolge.
- Luciano: mi lascia sorpreso la profondità e l’intimità di alcuni incontri. Dal titolo non si sa dove poi si arriva. Ci si ritrova invece in storie belle, profonde che catturano anche chi passa una volta. I film sono un modo semplice ed economico di incontrare persone ed approfondire temi. Gli incontri dibattito devono invece attrarre per il relatore. La famiglia è il luogo delle diversità e Famiglie insieme è come una grande famiglia con tante diversità. Ci deve essere l’intelligenza di saper cogliere la diversità di ciascuno. Si vede l’intensità emotiva delle persone che portano il loro contributo.
- Giovannella: mi sento un po’ confusa perché ritengo che occorra la libertà della partecipazione a cui ciascuno dà il suo contributo ed i suoi tempi e non bisogna colpevolizzare sulla frequenza. Bisogna avere più tempo per dialogare ma anche cercare linguaggi diversi. La presenza di famiglie in difficoltà è essenziale. Forse potrebbe essere utile un gemellaggio con un’altra parrocchia.
- Enrico: c’è stato rammarico nel non poter partecipare a tutti gli incontri e ne abbiamo risentito. All’inizio ci siamo sentiti veramente coinvolti.
- Gigi M.: sento l’esigenza di voler coinvolgere altre persone a questa esperienza. Ne ho parlato con i colleghi che sono sembrati interessati.
- Pasquale: gli incontri mi hanno fatto bene; gli interventi fatti mi sembrano veri. Molte volte non ho avuto possibilità di intervenire. Ma il carisma di tante persone di aprirsi mi ha dato la gioia di ascoltare e di ricevere tante esperienze di vite.
- Don Giovanni: abbiamo bisogno del ritmo giusto; tempi non ristretti ma neanche lunghi.
- Silvana: grande grazia e grande dono da questa esperienza. Vivendo una mutilazione della famiglia ho sempre cercato la realtà della famiglia. Confrontarsi con gli altri mi fa ridimensionare la convinzione che tutto dipende dalla mia situazione. Occorre fermarsi a pensare alla vita quotidiana per aumentare il rapporto con gli altri.
- Anna: gli incontri ci accompagnano per tutto il mese. Ci crediamo molto; viviamo la preoccupazione di una figlia che cresce che sembra allontanarsi dalle nostre scelte. Non sempre ci sentiamo in sintonia con i problemi che vengono presentati.
- Franco: è importante il momento dell’integrazione. Crediamo in un’esperienza di gruppo e forse occorre integrarsi con gruppi che fanno lo stesso percorso
Proposte per il prossimo anno
- Anticipare l’appuntamento alle 18.45 per inizio alle 19.00. Concordare con il parroco di spostare l’incontro della cresima in un altro locale.
- Preparare l’incontro con due coppie, ma fare introdurre solo da una coppia in modo da dare più spazio al dibattito.
- Da definire la collocazione del commento di don Giovanni: all’inizio o alla fine.
- Un commento scritto dell’intervento potrebbe servire come riflessione nel corso del mese.
- Una delle coppie organizzatrici dell’anno deve avere la funzione di moderatore per far partecipare tutti.
- Proposta per le coppie organizzatrici: d’Amore, Perna, Biggiero, Russo C&M. da definire.
- Opuscoli da Città Nuova da elaborare per renderli fruibili.
- Sintonizzarsi sul piano pastorale della parrocchia.
- Proposta della meditazione di don Giovanni: “Farsi Carico”.
- Disagio dei figli
- Unità nella coppia
- Pensare ad un tema che coinvolga nel suo svolgimento anche più di un anno.
- Fissare le date degli incontri.
- Proporre un film al primo incontro per illustrare il tema dell’anno, coinvolgendo anche altre realtà per far conoscere il nostro gruppo.
- Rivedere l’indirizzario e mantenerlo aggiornato.
- Vale la pena se ci impegniamo a diffondere l’incontro.
- Creare altre occasioni per diffondere il nostro modo di capire.
- Usiamo il film come strumento di diffusione.
- Coinvolgere altre realtà della parrocchia.
- Gruppo organizzativo: Branda, Gualdieri, Chiappetta.
- E’ possibile realizzarlo se ci sono persone disponibili a portare avanti l’organizzazione.
- Occorre il coinvolgimento di altre realtà della parrocchia e del decanato.
- Attivare un gruppo separato che lavori non con scadenze prestabilite ma che realizzi l’obiettivo nei tempi necessari a realizzarlo.
- Portare la nostra realtà all’esterno è il frutto di quello che riusciamo a vivere all’interno.
- Occorre rinnovare la liturgia, in particolare la preghiera di affidamento alla Madonna.
- Contattare il sacerdote prima dell’incontro in modo da procedere sincronizzati nel corso della liturgia.
- Coppie proposte per l’organizzazione: Freda, Biggiero, da decidere.
Riflessione di don Giovanni
“Farsi carico”
“Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno avanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori,
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato” (Is. 53,3-4)
E’ la comunità che parla ed annuncia la via del servo, una rivelazione che colma di stupore, quasi incredibile.
Ma la sorpresa e la prima incomprensione (“non ha apparenza di bellezza per attirare i nostri sguardi”, lasceranno il posto a una migliore intelligenza: queste sofferenze sono la “via” per la salvezza delle “moltitudini” che gli appartengono come “bottino”.
“Si è caricato”
Il sacerdozio di Gesù non si pone in rapporto di continuità con la tradizione ebraica, nella quale il sacerdozio, riservato alla tribù di Levi, si esprimeva nel culto esterno che aveva:
- una fase ascendente, nelle separazioni rituali, nelle purificazioni;
- una fase centrale, nell’incontro del sacerdote con Dio che permetteva di stare alla sua presenza nel “santo dei santi”.
- una fase discendente, nell’ottenimento del perdono di Dio che il sacerdote annuncia al popolo.
Gesù vive un ministero più profetico che sacerdotale:
- faceva poco caso alla purezza rituale
- non esaltava il sabato come un assoluto
- non accettava l’idea di una santificazione frutto di separazione rituale.
L’espressione massima del sacerdozio di Gesù sta nella morte
- senza rapporto con il culto rituale
- fuori dalla porta della città santa
- per una condanna infamante
- su una croce di cui Dt. 21 e Gal 3 dicono la maledizione.
Così Gesù annuncia che era necessaria non una separazione, ma un’unione stretta con gli uomini per essere mediatore perfetto.
Questa dunque la sua fase ascendente: “dovette essere in tutto assimilato ai fratelli” prendendo su di sé le loro prove, le loro sofferenze e la loro morte.
Non è un rito esterno, ma il “farsi carico”.
La perfezione della sua natura umana è l’opera dello Spirito in Lui che si carica dell’uomo, conseguenza di questo caricarsi: “imparò da ciò che soffrì, l’obbedienza” e fu così che fu reso perfetto (Eb. 5,6).
Per conseguenza inaugura una “via nuova” e “vivente” (Eb. 10) che consente l’accesso a Dio senza le antiche espressioni di ritualità
La passione è la “fase centrale”, il dono dello spirito la “fase discendente” del sacerdozio di Gesù, della sua mediazione perfetta.
La fecondità di essa mette i credenti nella possibilità di partecipare alla sua via, al suo sacerdozio.
Ad essi Gesù propone di compiere fedelmente la volontà di Dio e di progredire nell’amore fraterno attraverso la solidarietà concreta. Questo il culto nuovo proposto ai cristiani nella lettera agli ebrei.
Il culto cristiano è trasformazione del’esistenza per mezzo della carità, che è il “farsi carico” di Gesù:
- “offrite i vostri corpi” (Rm,12)
- “organismo sacerdotale”, così Pietro definisce la Chiesa (1 Pt. 2,5), sono le espressioni del N.T. che indicano la partecipazione alla via di Gesù, non solo come spiritualità individuale, ma “a corpo”.
Ne viene una concezione alta della vita cristiana: i credenti in Cristo sono “sacerdoti e re” e chiamati ad un rapporto privilegiato con Dio.
Per questo rapporto essi esercitano un’azione determinante nella storia del mondo.
Questa doppia dignità viene presentata dall’Apocalisse come il “culmine” dell’azione di Dio nell’uomo. E’ quello che Gesù aveva preannunciato in Mt. 11, 25-30, concludendo: “il mio giogo è dolce e il mio peso leggero”.
Dalla Lumen Gentium 34-35
Partecipazione dei laici al sacerdozio comune
- Il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo, volendo continuare la sua testimonianza e il suo ministero anche attraverso i laici, li vivifica col suo Spirito e incessantemente li spinge ad ogni opera buona e perfetta.
A coloro infatti che intimamente congiunge alla sua vita e alla sua missione, concede anche di aver parte al suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, in vista della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. Perciò i laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre frutti dello Spirito sempre più abbondanti. Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2,5); nella celebrazione dell’eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso.
Partecipazione dei laici alla funzione profetica del Cristo
- Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria, non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia della parola (cfr. At 2,17-18; Ap 19,10), perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale. Essi si mostrano figli della promessa quando, forti nella fede e nella speranza, mettono a profitto il tempo presente (cfr. Ef 5,16; Col 4,5) e con pazienza aspettano la gloria futura (cfr. Rm 8,25). E questa speranza non devono nasconderla nel segreto del loro cuore, ma con una continua conversione e lotta «contro i dominatori di questo mondo tenebroso e contro gli spiriti maligni» (Ef 6,12), devono esprimerla anche attraverso le strutture della vita secolare.
Gaudium et Spes 52
- L’impegno di tutti per il bene del matrimonio e della famiglia
…..
I cristiani, bene utilizzando il tempo presente (120) e distinguendo le realtà permanenti dalle forme mutevoli, si adoperino per sviluppare diligentemente i valori del matrimonio e della famiglia; lo faranno tanto con la testimonianza della propria vita, quanto con un’azione concorde con gli uomini di buona volontà. Così, superando le difficoltà presenti, essi provvederanno ai bisogni e agli interessi della famiglia, in accordo con i tempi nuovi.
Farsi carico del vangelo del matrimonio e della famiglia
Riconoscere il Signore che si è fatto carico, accogliere la vocazione e seguirlo sulla sua via, significa uscire dalla fase della fruizione e camminare verso la fase della costruzione.
Costruzione di qualcosa di cui non vediamo ancora i lineamenti, per cui spesso siamo preda dei rimpianti e delle nostalgie; qualcosa che appare sempre più urgente. La ri-evangelizzazione di matrimonio e famiglia. Là dove il Signore, ogni volta che facciamo l’Eucarestia, si fa carico di un territorio dove la famiglia appare malata fino alle percentuali drammatiche di quasi il 30% di separazioni, realtà talmente drammatica che non pochi, anche nella Chiesa, sentono di distogliere il volto da essa.
Il ventaglio del farsi carico:
- i ragazzi e l’affettività
- i giovani innamorati
- i fidanzati
- le giovani famiglie
- le crisi “grigie”
- i separati ed i divorziati
- i vedovi e le vedove
Come “farsi carico”?
“Chi andrà di noi?” è la domanda che viene dall’eternità di Dio. Is. 6: chi andrà di noi… eccomi manda me.