“Famiglie Insieme”
Incontro del 25 – 26 giugno 2011
a Benevento
a chiusura dell’anno pastorale
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Riflessione di don Giovanni
La Sapienza alla luce del Vangelo
1.
In una sensibilità condivisa del pensiero ebraico con altre culture orientali antiche, in senso ampio sapiente è chi ha avuto una buona riuscita nella vita, chi è osservante delle regole di buona educazione nei rpporti sociali, chi è cresciuto in saggezza come frutto di esperienze, sia per profondità sia per numero.
Questa esperienza insegna la realà dei propri limiti, la necessità di riconoscerli, perciò il sapiente si apre a Dio:
“All’uomo appartengono i progetti del cuore,
ma dal Signore viene la risposta” (Pr. 16,1)
L’uomo sapiente impara a poggiarsi su Dio nella convinzione che la vera sapienza si trova in Lui:
“In Lui risiedono sapienza e forza,
a Lui appartengono consiglio e prudenza (Gb. 12,13)
Dopo l’esilio la Sapienza è avvertita come vivente e personalizzata. Accompagna la creazione del cosmo con la sua presenza, lascia le impronte di se in ogni realtà, si fa intuire come disegno divino su ogni cosa, nascosto in Dio.
E Dio comunica la sua Sapienza a chi vuole. Perciò è un dono e può essere ricevuto da chi vive il “timore di Dio” cioè rispetta la sua volontà nel disegno nascosto (1Re, 3,5-10). Sarà la Sapienza a comunicare agli uomini l’intelligenza profonda della raltà (Sap. 9,4).
Salomone la domanda per se, ma la Sapienza non è esclusiva: “siede alle porte della città … nei crocicchi (Pr. 8,1-356), perciò dove gli uomini si incontrano nella concretezza della vita, e possono trovarla e ascoltarla nell’incontro fraterno; si è “costruita una casa dove imbandisce una mensa” (Pr. 9,1-6), che fa pensare a rapporti non superficiali o frettolosi.
2.
Ma in Gesù c’è una svolta:
preparata dai profeti ma annunciata e realizzata da Gesù:
“perirà la sapienza dei suoi sapienti (di Israele)
E si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti” (Is. 29,14)
S.Paolo dice che questo è avvenuto ed avviene in Gesù Crocifisso, mediante “la parola della croce” (Cor. 1,18)
Si tratta di una sapienza rivoluzionaria e scandalizante per la logica umana, anche ispirata religiosamente. Davanti al Crocificisso: “dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? (1Cor. 1,20)
Il Crocifisso rivela la “stoltezza” della sapienza del mondo.
Paolo non vuole disprezzare la razionalità umana, ma la sua esperienza di fede dice che se l’uomo vuole conoscere la verità definitiva su Dio, e perciò anche su di se, deve entrare in un’altra logica, che è quella del Crocifisso.
Anche l’uomo religioso, eticamente morale, saggio nei comportamenti, deve cambiare mentalità, “rinascere” (a Nicodemo in Gv.3) per accettare un Dio che si autorivela in un Crocifisso, quando la stessa scrittura definisce “maledetto” l’uomo che pende dalla croce. L’uomo credente non deve scandalizzarsi della croce.
Così si svela, agli occhi di Paolo, la vanità oggettiva di tutti i sistemi filosofici e religiosi costruiti dall’uomo con rettitudine, che però non raggiungono l’obiettivo.
Questo obiettivo è solo dono di Dio che si auotcomunica “per mezzo dello Spirito che conosce anche la profondità di Dio” (1Cor. 2,10).
E’ una verità che si sperimenta nei mistici (Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino, Chiara Lubich: “io sarò il tuo maestro” quando con sofferenza dovette rinunciare a studiare filosofia).
Perciò tutto è dono di Dio, che opera nel credente come una creazione nuova, facendone una creatura nuova (2Cor. 5,17).
3.
Che cosa si comprende nel Crocifisso?
La capacità di Dio di abbassarsi, di “annullarsi” fino a non essere più riconoscibile, porta a non poter più pensare ad un rapporto con Lui di natura “utilitaristica”.
Questo abbassarsi che scandalizza anche l’uomo religioso per la idea che si è fatto di Dio, apre la porta alla rivelazione della verità e della profondità dell’amare di Lui. E in Gesù Crocifisso è data all’uomo la possibilità di comprendere la propria verità, la propria lontananza dalla santità di Dio, e sperimentare che quell’abbassamento di Gesù lo raggiunge e lo fa essere vivo in modo nuovo, in modo e al punto che, nel lasciarsi raggiungere, più niente separa Dio dall’uomo e l’uomo da Dio (Rm. 8,31).
(l’esperienza personale dei “difetti” che restano, come “meglio” per un rapporto con Lui, meno fantasioso e sentimentale)
La coscienza della lontananza diventa esperienza dell’amore personale di Dio che introduce nella sua intimità, perciò per una “nuova creazione”. Questa la Sapienza di Dio e questa la strada per entrarvi e viverla.
Così l’insufficienza, l’incapacità non sono più ostacolo:
“quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccelenza della parola e della sapeinza” (1 Cor. 2,1)
L’altra faccia della debolezza umana del Crocifisso è la forza di Dio.
La fede dei credenti perciò non poggia sul fascino dell’apostolo, ma sull’azione dello Spirito nel cuore degli uomini. Tutto quello che è debolezza, sofferenza e limite, nel credente diventa spazio in cui Dio entra e invita l’uomo alla partecipazione nella gravidanza e nel parto di un mondo nuovo.
Gesù Crocifisso è il nulla, il non essere che permette la relazionalità all’insegna dell’Essere abbassato di Dio.
(Nota: per i paragrafi 1, 2 e 3 cfr. G. Rossé in Nuova umanità, n° 182/2009)
4.
Sapienza e famiglia
“la Sapienza si è costruita la sua casa (Ps. 9,1)
La riflessione precedente porta, quasi con naturalezza, alla famiglia e alle sue problematiche.
“Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36).
Nella famiglia la Sapienza vuole costruire la sua casa. Quale famiglia?
“padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e, soprattutto, a dire dei «no» con l’autorevolezza necessaria” (ivi).
Uno sguardo al “dentro” delle case in cui abitano le famiglie di tradizione cristiana, in cui la sapienza vorrebbe imbandire la sua mensa, porta alla constatazione del silenzio su Dio, e – a volte molto dolorosamente – al silenzio di Dio.
Le difficoltà a gestire il condizionamento che è operato dalle altre “agenzie educative” può condurre alla rinuncia a proporre, particolarmente per quanto riguarda religiosità ed etica. Così si avvera la realtà di quel silenzio.
Tuttavia la famiglia mantiene la sua “responsabilità primaria” per la trasmissione dei valori e della fede. E’ una responsabilità che caratterizza la famiglia come unica, non sostituibile, e prima comunità educante.
Perciò appartiene al “dentro” delle nostre famiglie l’interrogarsi sul mdo di vivere la fede, la preghiera, la valutazione degli avvenimenti in modo esplicito e tuttavia non opprimente (ivi, 37)
Lo sguardo allargato al “fuori”
Non lasciarsi avvilire dall’enfasi della comunicazione, ma interrogarsi concretamente, non tanto a livello di ulteriori impegni personali, ma anche come gruppo, come “famiglie insieme” su come educare alla fede “nel nostro tempo, nella nostra società, e nella comunità cristiana, nei vari momenti della vita” (ivi, n.37).
La tensione a fare della comunità una “famiglia di famiglie” (n.38)
Appunti presi nel corso della meditazione
Il sapiente è molto valutato nella cultura antica. L’uomo sapiente non si pensa solo nel mondo e dimostra umiltà nel suo considerarsi. Nella Scrittura infatti la Torre di Babele è un segno di insipienza, un invito a riconoscere i propri limiti.
La Sapienza non è solo un’impostazione di vita; essa si posa su Dio; essere sapienti è un segno di benedizione.
La Sapienza non è palese all’uomo ma nascosta in Dio. La forma più alta della Sapienza è la contemplazione. E’ quindi un dono per chi vive il timore di Dio, che è uguale a vivere in comunione con Dio.
La Sapienza va chiesta a Dio nella preghiera (preghiera di Salomone).
In Gesù c’è un cambiamento di logica: non più solo la vita, la terra, la fecondità. L’uomo accoglie l’abbassamento di Dio fino al livello dell’umanità. Bisogna rinascere, dice Gesù a Nicodemo.
La Sapienza non è ottenere favori dal Signore; la benedizione non si misura in quello che si ottiene. Gesù chiede di non scandalizzarsi davanti al crocifisso. Si ha il contrasto tra la Sapienza di Dio nell’amore donato e la stoltezza umana nel bene cercato.
Ci sono esperienze forti nella spiritualità cristiana: Francesco sente “va e ripara la mia chiesa”; alla chiesa deve far capire che la vita nei grandi monasteri e nelle cattedrali era significativa, ma rischiava di restare lontano dalla vita reale. I contadini dei campi erano in tal modo non raggiungibili: occorreva mettere da parte i libri per accogliere la gente umile.
Poco tempo dopo san Tommaso d’Aquino sente davanti al Crocifisso che la sua teologia poteva diventare astratta se non si faceva carico dei poveri: ed allora predicò in dialetto.
Chiara Lubich voleva studiare la filosofia ma non ne ebbe la possibilità. Nella preghiera sentì la voce del Signore che le disse: “io sarò il tuo maestro”. La Sapienza non viene dalla cultura ma dall’arrendersi a Dio.
Cosa impariamo dunque dal Crocifisso: la scelta di Dio di rivelarsi attraverso l’abbassamento fino a non essere più riconoscibile.
La logica del “prego il Signore perchè mi faccia un favore” viene superata. Dio si manifesta piuttosto come amore gratuito e la Sapienza quindi non è arrivare al tutto in maniera completa. Guardando il Crocifisso dobbiamo dire sì alle nostre negatività accettando i nostri limiti. L’altra faccia della debolezza del Crocifisso è la forza di Dio. Tutto ciò che è limite è lo spazio in cui Dio si inserisce.
Nel documento del Papa al termine del sinodo dei vescovi sulla Parola si dice: “il silenzio di Dio prolunga le sue precedenti parole”.
Dobbiamo portare la Sapienza umana verso la Sapienza del crocifisso.
La famiglia resta la comunità educante: “la Sapienza si è costruita una casa”.
Come famiglie dobbiamo chiederci come viviamo questa realtà. Al di fuori delle nostra case il mondo della famiglia ci appartiene.
Commenti sull’anno trascorso
La tematica scelta per l’anno 2010-2011, “Farsi Carico” ha mostrato una duplice faccia: da un lato un interesse per i temi proposti e per l’attenzione alle realtà del territorio, dall’altra l’allontanamento da temi strettamente della famiglia.
Ecco alcuni commenti avuti nella discussione.
Carmen: Famiglie Insieme non è un gruppo aperto solo alle famiglie di Piedigrotta; io che vengo da fuori parrocchia e non vivo la realtà di questo territorio, non mi sono sempre ritrovata. Gli altri anni la tematica familiare mi ha coinvolto di più. Avendo una figlia nell’età dell’adolescenza vorremmo di più confrontarci con altri su questi problemi
Eleonora: Ho sempre visto nelle persone presenti all’incontro delle vocazioni che si stagliavano in modo netto, indipendentemente dal cammino dell’anno. La diversità nell’età creava coesione, desiderio di emulazione. Dopo tanti anni è stato positivo aprirsi anche ad altri temi, ma in fondo in questo anno non ho visto chiaro l’essenza del gruppo famiglie. Forse noi più giovani abbiamo necessità di approfondire le tematiche del matrimonio.
Maria: Ho trovato il tema di quest’anno forte ma un po’ dispersivo; gli anni in cui abbiamo messo in comune la Parola partendo dal vangelo (le Beatitudini, il Pater Noster) mi hanno dato di più per la mia crescita personale e familiare
Fulvio: Famiglie Insieme non si limita ad una proposta per la parrocchia ma vuole essere aperto a tutti. Però per essere propositivi occorre farsi conoscere. E’ nostra responsabilità che le nostre proposte raggiungano tutti.
Ci stiamo configurando più come un gruppo: con il positivo che ci conosciamo meglio ed il negativo che non vediamo facce nuove; dobbiamo essere più attraenti; oltre gli annunci dobbiamo coltivare il rapporti personali, le occasioni di incontro (genitori dei battezzandi, genitori dei bambini di prima comunione, altre possibilità).
Se perdiamo la dimensione del coinvolgimento ci chiudiamo in noi stessi diventando gruppo ed allontanandoci anche dal disegno della pastorale.
Quest’anno abbiamo fatto un passo avanti nei temi trattati, non dobbiamo dimenticare però l’importanza di dibattere della vita di coppia, perno della vita in famiglia.
Don Giovanni: Ci sono delle positività che devono essere sottolineate. La libertà dalla timidezza che permette di aprirsi agli altri è una crescita che stiamo vivendo, è un segno di maturità. La famiglia sta vivendo momenti di difficoltà, il passo avanti che possiamo fare è di essere annunciatori di una realtà possibile. E’ il territoro dove si celebra l’Eucarestia e il mandato alla fine della Messa ne segna il legame.
Linda: Abbiamo la necessità che il gruppo sia accattivante. Per questo dobbiamo chiederci chi vogliamo essere: penso che debba essere un luogo dove la coppia si ritrova e cresce insieme; altrimenti siamo un gruppo di catechesi per adulti, ed è un’altra cosa. Il programma non deve essere un assillo, possiamo farlo saltare se c’è un problema da risolvere, un aiuto che dobbiamo dare ad uno di noi. Noi siamo consacrati dal sacramento del matrimonio, abbiamo bisogno di una catechesi che ravvivi e confermi questa nostra sacralità. Possiamo farci aiutare dai documenti del magistero per rinnovare il nostro sacramento ed andare nel territorio ad annunciare la realtà di una famiglia che vive il matrimonio cristiano nella propria esistenza.
Don Franco: Famiglie Insieme non è una realtà limitata alla parrocchia ed è giusto che sia così. Il positivo è che diventa un gruppo di persone che si vogliono bene, che vogliono crescere insieme. Non bisogna finalizzarsi a risolvere problemi personali. Occorre portare avanti una tema, avendo occhio anche a tematiche particolari.
Alcune volte forse occorre dividersi in sottogruppi, perchè in tanti non si discute bene. Nella vita parrocchiale occorre anche una propedeutica, una coesione e una collaborazione con le altre realtà della parrocchia. Dall’esterno questa realtà è vista in modo elitario, con discorsi difficili e mancata condivisione.
E’ bello che ci siano diversità ma occorre anche maggiore coordinazione. Il territorio ha bisogno di testimonianza. La realtà delle persone che vivono il territorio è la scarsità della profondità religiosa. Un gruppo di famiglie non può essere diviso per età ma ogni età porta la propria esperienza
Eleonora: E’ una ricchezza anche per i nostri figli vivere insieme la condivisione negli incontri. Per questo anche questi giorni finali hanno un senso e dovrebbero essere valorizzati.
Tonino: Se ci connotiamo ad un cammino solo su problematiche familiari può venire un senso di angoscia. La famiglia non è una comunità chiusa, ripiegata sui suoi problemi; la partecipazione ad un gruppo, per essere testimonianza, deve essere aperta ad un contesto in cui si può sviluppare la propria presenza.
Linda: don Franco ci ha detto che dall’esterno ci vedono come un gruppo elitario; ma se ci realizziamo come ambiente aperto, chi viene per la prima volta cerca qualcosa di specifico per la famiglia. Non dobbiamo perdere di vista la specifico della nostra sacramentalità. Si crea così una difficoltà nel renderci visibili nell’insieme della parrocchia. Chi viene dall’esterno vuole un linguaggio semplice e specificità della spiritualità familiare. Occorre avere più attenzione alla preparazione dell’incontro del sabato ed all’assistenza dei bambini che possono anche essere coinvolti in un cammino parallelo.
Eleonora: Famiglie insieme deve pensare all’insieme della famiglia e non solo alla coppia. Per esempio occorre valorizzare l’incontro di fine anno, vero momento di coesione. Bisogna arrivarci preparati con un gruppo che si dedichi a questa preparazione.
Franco: L’aiuto che una famiglia cerca e può avere dai nostri incontri non è solo risolvere un problema, ma uno stare insieme e condividere. Propongo qualche momento di spiritualità in più con una preghiera insieme. Un altro modo di coinvolgimento sono i film che possono essere utilizzati come un punto di partenza per avviare un discorso.
Rosaria: La festa della famiglia anche può essere un punto di partenza per stimolare un incontro. Io avverto sia l’esigenza di un cammino di spiritualità, ma anche di un apertura verso i problemi nel territorio in cui viviamo. Occorre trovare il giusto bilanciamento.
Carmine: dobbiamo guardare agli argomenti dei nostri incontri, illuminati alla luce di Dio. Con questo sguardo e con la gioia dello stare insieme, non è più un problema di cosa parliamo.
Maria: Per l’incontro finale di verifica, alcuni hanno problemi economici per partecipare ai due giorni previsti. Nei preparativi dobbiamo fare in modo di non escludere nessuno, e quindi preoccuparci per superare questi problemi.
Gigi B.: Famiglie Insieme non può coprire tutto; è un punto di incontro. Per esempio, penso che la spiritualità vada portata avanti in maniera personale e vissuta poi in Famiglie Insieme in modo da portare agli altri di quanto ci si è arricchiti. La crescita di ciascuno, portata in Famiglie Insieme, permette la crescita del gruppo anche all’esterno. C’è bisogna della riscoperta del sacramento; c’è bisogno della condivisione dei problemi e delle gioie; non dobbiamo dare l’impressione che tutto sia troppo perfetto, ma calarci nei problemi di ciascuno del gruppo. Utilizzando quanto già di buono c’è nelle nostre iniziative dobbiamo far sentire tutti coinvolti nel cammino del gruppo.
Fulvio: Famiglie Insieme è comunione, condivisione; dobbiamo mostrare di andare oltre il metodo che ci siamo dati, mostrando elasticità nella sua applicazione; dobbiamo in definitiva dimostrare di poter e saper fare a meno anche del metodo.
- Uno spunto di riflessione può essere l’utilizzare il documento dei vescovi “Educare alla vita buona del Vangelo”.
- Portare attenzione ai nuovi arrivati, a chi entra nel gruppo con un gesto di accoglienza; a chi si allontana
- Maggiore attenzione alla durata dell’incontro. Un tempo di un’ora e mezzo può essere considerato sufficiente per non creare stanchezza e mancanza di attenzione.
- Pensare anche a momenti di tempo vissuti inseme al di là dell’appuntamento mensile.
- Avere maggiore flessibilità del programma, per essere liberi di prolungare un argomento, di inserire altri tipi di incontro così come lo sviluppo dell’anno ci chiede. Quindi non un andare a caso ma anche non un rigido programma che detti i tempi.
- Occorre realizzare nel gruppo quel passaggio da fruitori a costruttori della realtà del gruppo.
Foto della gita a Camposauro che ha preceduto l’incontro per alcuni dei partecipanti