PASQUA È L’EVANGELO DEL CORPO!
Carissimi,
La storia va diritta per la sua strada, molte volte con passo di belva.
La storia di Gesù viene a noi con passo di sole, egli avanza incontro a ciascuno con il passo dell’amico e del pastore, un passo di luce.
Come il sole, Cristo ha preso il proprio slancio nel cuore di una notte: quella di Natale – piena di stelle, di angeli, di canti, di greggi – , e lo riprende in un’altra notte, quella di Pasqua: notte di naufragio, di terribili silenzio, di buio ostile, dove geme e piange un pugno di uomini e di donne totalmente disorientati.
Notte dell’incarnazione, in cui il Verbo si fa carne.
Notte della risurrezione, in cui la carne indossa una tunica di luce, in cui si apre il sepolcro, vuoto e risplendente nel fresco dell’alba. E nel giardino è primavera.
Nessun corpo dentro, solo le bende giacevano al suolo; nessun cadavere, ma un uomo identico e insieme nuovo, più vivo che mai! Così respira la fede, da una notte all’altra sul ritmo del sole.
E Pasqua ci invita a mettere il nostro respiro in sintonia con quell’immenso soffio che unisce incessantemente il visibile con l’invisibile, la terra e il cielo, il Verbo e la carne, il mondo dei morti con quello dei vivi. Ci invita a respirare quel ansia di luce che abita i nostri inverni, a respirare sempre Cristo, il Vivente che fa vivere.
IL PRIMO SEGNO DI PASQUA È il sepolcro vuoto, e questo vuol dire che nella storia manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Una tomba è vuota: manca un morto alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita. Manca un corpo al bilancio della violenza: il suo bilancio è negativo.
La risurrezione di Cristo solleva la nostra terra, questo pianeta di tombe, verso un mondo nuovo, dove gli imperi fondati sulla violenza crollano, dove le piaghe della vita possono distillare non più sangue ma luce, come le ferite del Risorto.
Risurrezione: per dire che il male non è il vincitore, che di fronte alla violenza che dilaga la Pasqua ci convoca a rifiutarci di accettare una storia in cui il carnefice abbia in eterno ragione della vittima. Gesù, vittima che risorge, mostra che Dio è Dio, non vinceranno i più violenti o i più forti, ma che l’esito della storia sarà buono e giusto. Pasqua è il vero salto di qualità della storia.
Ma Cristo va, con passo di sole, anche sulla strada di ciascuno.
Pasqua è l’evangelo del corpo: è il corpo che risuscita e non l’anima. Un’anima indistruttibile non basta a dare senso alla vita eterna.
Tutta la settimana santa è focalizzata attorno al corpo di Gesù: Maria di Betania unge di nardo i suoi piedi e li avvolge con i suoi capelli. Inizia così la passione, con il corpo profumato; poi, “Questo è il mio corpo, prendete”; il corpo torturato, inchiodato, violentato dalla morte, sepolto; poi il corpo assente nel sepolcro, e infine il corpo di Cristo trasformato a Pasqua!
La risurrezione è l’evangelo del corpo, è la buona notizia che esso non è destinato a essere annullato, azzerato, semplicemente buttato via, ma trasformato.
Perché il corpo è il luogo in cui è detto il cuore dell’uomo. E se il cuore è abitato da Dio, finalmente, come dice padre Turoldo, i sensi saranno “divine tastiere” e il corpo sboccerà di nuovo oltre la morte, come un fiore di luce.
La risurrezione è la salvezza della corporeità. Dopo i racconti di Pasqua non si può più pensare al corpo come a un involucro da cui liberarsi per entrare in comunione con Dio. L’intera persona umana entra nella vita di Dio.
La risurrezione, centro della fede cristiana, riguarda proprio il corpo e si fonda sull’esperienza di Gesù risorto. La sua e la nostra risurrezione sono intimamente connesse che non è vera l’una senza l’altra.
La risurrezione di Gesù è per noi; è l’inizio della risurrezione universale dei morti.
L’intera storia è vista come un travaglio che genera la creatura nuova. E la stessa creazione attende con impazienza, “geme e soffre nelle doglie del parto” aspettando di venire alla luce della gloria dei figli di Dio, alla redenzione del corpo (cf Rm 8,19-24).
Il mattino di Pasqua è venuto alla luce il capo, Cristo. Segue il corpo, che siamo noi. Lui è il primo che ha vissuto una vita che va oltre la morte, è il primogenito tra molti fratelli, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti.
La risurrezione è la bellezza di Dio partecipata all’uomo e, in lui, a tutta la creazione: sono i cieli nuovi e la terra nuova contemplati da Isaia (65,17), dove tutto ha lo stupore di un perenne mattino che non conosce tramonto, di una gioia sorgiva e perenne.
Ma l’eternità, la vita nuova e definitiva è già entrata, con la morte e risurrezione di Gesù, nella mia esperienza.
È da me vissuta, qui e adesso, nell’indistruttibilità dei gesti che compio: di amore, di perdono, di amicizia, di onestà, di libertà responsabile. Gesti nei quali supero misteriosamente il tempo raggiungendo l’eternità nella misura in cui mi affido alla vita e all’eternità del crocifisso risorto che ha vinto la morte.
È bello pensare che posso riscattare l’angoscia del tempo, la storia del mio corpo, con atti di dedizione che hanno un valore definitivo, depositato nella pienezza del corpo risorto di Cristo!
Don Piero Milani
parroco