Accendi il Natale
Cari amici e parrocchiani,
dopo il mese vocazionale, che è concluso nelle celebrazioni ma non come tempo di riflessione personale e comunitaria, entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. L’Avvento, che ha inizio il 3 dicembre, ci aiuta a preparare il Natale del Signore. Il messaggio consumistico che passa in questo periodo confonde anche il nostro modo di essere cristiani. Pertanto, anche in seguito alla “Giornata mondiale dei poveri” che papa Francesco ha indetto a conclusione dell’anno giubilare della Misericordia, celebrata il 19 novembre scorso, vorrei suggerire come riflessione un testo di Luigino Bruni, professore di Economia all’Università di Roma per permettere a ciascuno di noi di accendere il Natale.
«In un mio recente viaggio in India, – scrive il Bruni in “I sentieri della non-sazietà”- ho conosciuto un economista del Sud dell’India che mi ha spiegato una delle leggi fondamentali dell’economia gandhiana. Secondo Gandhi, quando una persona si trova di fronte a due panieri, contenenti il primo 5 unità e il secondo 4 unità della stessa merce, in genere la scelta migliore è quella del secondo paniere. La sua regola generale era: il meno va preferito al più. Poiché, quando è possibile, è più intelligente avere meno cose, svuotarsi invece di riempirsi, utilizzare l’essenziale e non il superfluo. Perché devo avere 5 cose se me ne bastano 4? Ma è proprio l’enorme distanza tra l’economia gandhiana e la nostra che la rende particolarmente utile e preziosa, perché più ci inoltriamo nei sentieri dell’insaziabilità, più sentiamo la nostalgia per una vita più sostenibile, vera, solidale. Più ci riempiamo di merci, più sentiamo la nostalgia di altri beni; più siamo circondati da sprechi di cibo e di tutto, più sentiamo il grido di chi non ha ancora il necessario e vive, nuovo Lazzaro, cercando nella spazzatura le briciole fatte cadere dalle nostre tavole. Finché sentiamo questa nostalgia e, soprattutto, il dolore per queste grida, possiamo ancora sperare di cambiare. Se invece l’abbondanza e il comodo ottureranno per sempre l’orecchio dell’anima, ci convinceremo che i poveri non ci sono più, solo perché siamo troppo distanti da loro per vederli. E quello sarà il giorno più triste.»
Proprio per non rendere triste la nostra vita viviamo il tempo dell’Avvento come momento di grazia che ci porta ad accogliere “la Luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) impegnandosi giorno dopo giorno a spegnere lo spreco che non risparmia nulla: cibo, oggetti, risorse, vita… e si alimenta di cattive abitudini ed egoismo.
Non è solo una questione etica ma anche economica: lo spreco ha un costo. Ogni italiano butta via 65 kg di cibo all’anno, pari ad una media di 360 euro annui per singolo nucleo familiare.
Il cibo che buttiamo via è come se l’avessimo rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame (papa Francesco).
Cambiare anche di poco le nostre abitudini è il primo passo per realizzare un nuovo stile di vita che sia improntato alla riduzione dei consumi.
Sprecare significa letteralmente ‘mandare in malora’. Ogni volta che sprechiamo qualcosa mandiamo in malora un bel po’ del futuro di tutti.
Il problema, però, è che ciò implica il dover contrastare la diffusa mentalità consumistica, dettata dall’economia capitalistica che ci vuole consumatori insaziabili.
Più ci inoltriamo nei sentieri dell’insaziabilità più sentiamo la nostalgia per una vita più sostenibile, vera e solidale. Solo così sentiremo il grido di dolore di chi non ha ancora il necessario e vive cercando nella spazzatura le briciole fatte cadere dalle nostre tavole. Finché proviamo dolore per queste grida, possiamo ancora sperare di cambiare.
Don Franco Bergamin
parroco