A V V E N T O : A T T E S A D E L L ’ A L T R O
Carissimi parrocchiani, troverete qui di seguito la lettera che il nostro Cardinale ci ha scritto per vivere con frutto questo tempo di Avvento, che con oggi, 29 novembre, iniziamo. Rinvia all’epistola pastorale di quest’anno, ma soprattutto ci ricorda che “attendere è voce del verbo amare”(Don Tonino Bello). Che anche il nostro tempo sia ricco di amore verso Dio e verso i nostri fratelli.
Carissimi tutti,
più di ogni altro momento del tempo liturgico, l’Avvento sembra arrivare con la sua portata di promessa, di senso, di nuovo inizio. E davvero un tempo di grazia. Forse ci coglie appesantiti dal nostro carico di preoccupazioni, stanchezze, esigenza di ritrovare il senso delle cose, specialmente in questo anno in cui la pandemia da Covid 19 ci ha così duramente provati, con la tragica morte di tante persone, fratelli senza dimora, religiosi/e, volontari.
Nella mia ultima lettera pastorale invito tutti a meditare sulla settima opera di misericordia corporale: Seppellire i morti. Riflettere sulla sepoltura pone l’uomo di fronte all’interrogativo basilare di cosa la morte costituisce per lui e lo invita a discernere ciò che è essenziale nell’esistenza. Seppellire i morti è un’opera di misericordia, cioè un atto di carità verso un’altra persona, verso un povero, il povero per eccellenza che è l’uomo morto, l’uomo privo di quella ricchezza inestimabile che è la vita fisica, primo dono di Dio. Un atto di carità che riguarda anche i parenti e gli amici del defunto, attraverso la forma del farsi vicini, del formulare in modo non banale le proprie condoglianze, del partecipare alla celebrazione del funerale, ai riti di inumazione. Una carità che ha bisogno di una dimensione pubblica e visibile: la visibilità di un cimitero e di una sepoltura personale è significativa per una cultura della memoria, che chiede di essere sostenuta da segni visibili e inscrive la morte nella comunità dei viventi.
Forse, il tempo d’ Avvento, ci sorprende a cercare “affannati” le ragioni della Nostra Speranza. E proprio l’intreccio tra le nostre attese e l’attesa di Dio che può trasformare questo tempo in Kairós, tempo favorevole, tempo di grazia, tempo di salvezza! La salvezza è vicina, non perché siamo pronti, non perché ce la meritiamo, non perché siamo bravi, ma perché il nostro desiderio di pienezza è radicato per grazia nel desiderio di Dio che ha scelto la via dell’incarnazione, la via delle relazioni, per dare compimento al suo disegno d’amore e di comunione: “Non vi chiamo più servi, vi ho chiamati amici, perché quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi “! (Gv 15,15).
Il Signore ci conosce. Conosce le attese più profonde e vere del nostro cuore. Conosce il perché della paura che a volte attraversa i nostri sguardi, le nostre parole. Non si scandalizza di noi. Lo sa che lo aspettiamo nelle nostre inadeguatezze, fragilità, nella incapacità di dare fiducia, di fare il primo passo, di perdere, di perdonare, di fare il bene che possiamo, di proteggere i più deboli, negli angoli bui del nostro cuore che fa esperienza della morte, dell’ assenza, della delusione, nelle relazioni spezzate, nelle guerre che invadono il nostro presente e il nostro futuro. Risolleviamoci, alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina!
Il Signore viene. Viene in questa storia. Viene per tutti. Viene a risvegliare le coscienze assopite e ripiegate su loro stesse per la tristezza, la rassegnazione, l’efficacia del peccato. Non viene dalla parte dei potenti, dei ricchi prevaricatori, degli indifferenti. Viene dalla parte dei poveri, degli umili, di chi attende con tutto sé stesso un regno di giustizia e di pace. Viene dalla parte dei giusti. Viene dalla parte di coloro che testimoniano che l’esistenza è compiuta, realizzata, solo nell’onestà, nella ricerca personale e condivisa del bene perché è bene, non per altri fini o per il privilegio di sé stessi. Viene dalla parte degli esclusi. Viene dalla parte dello straniero che desidera condividere il sogno di un mondo più a misura d’uomo, più a misura di fratelli.
Il tempo dell’Avvento è tutto custodito nell’attesa dell’altro. Chiediamo al Signore di rialzarci dalle nostre contese e rivalità, dai nostri pregiudizi, di riconoscerlo nell’attesa dell’ altro, nei volti segnati dalla sofferenza. Non si spera che insieme. Non si attende che insieme. Forse questo è già un po’ Natale! Don Tonino Bello diceva che “attendere è voce del verbo amare” . Attendiamo con gioia! L’ Avvento è il tempo che ci è dato per accogliere il Signore che ci viene incontro, per riconoscerlo nei fratelli, per imparare ad amare.(papa Francesco).
Vi benedico di cuore tutti . Buon Avvento .
Cardinale Crescenzio Sepe