STIMARE È …
Carissimi,
nella lettera ai Romani S. Paolo traccia un vademecum costituito da alcune regole fondamentali di vita cristiana per una puntuale sequela di Gesù, dice: La carità (amore vicendevole) non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. …Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. (Rm 12,9-10.16). Gesù nel Vangelo ci indica la strada sicura, infallibile, eterna e unica per arrivare ad essere suoi discepoli: Seguimi! La sequela è camminare dietro fidandosi di chi precede ritenendolo degno di affetto e di stima. Andare dietro a Gesù è: fare tutto quello che lui dirà come ci ammonisce Maria all’inizio della missione del Cristo mettendoci in un percorso di umiltà e di disponibilità.
Gesù ha formato una comunità con i suoi discepoli e in modo particolare con gli Apostoli i suoi stretti collaboratori chiamandoli a stare con lui e quindi a stare tra di loro.
Non è una allegra brigata di Brancaleone quella che va dietro a Gesù, ma una comunità chiamata al difficile compito della fiducia e della costante limatura di se stessi per far spazio affettivo all’altro.
Anche Gesù aveva un suo “Progetto Arcobaleno”, anzi è proprio lui che lo ha inventato e consegnato ai suoi discepoli perché lo realizzassero nella storia.
La quarta tappa del nostro meditare sulla costruzione della Comunità Arcobaleno si sofferma sulla STIMA. La conoscenza delle persone regalo di Dio per essere compagni di viaggio nell’avventura della fede ci porta a valutarne il valore e a stimarle nella loro propria particolarità che è risorsa per ciascuno e tassello indispensabile al capolavoro-sogno del Signore: costruire il suo regno costituendoci in comunità di fratelli.
Stimare è… amore vero non di facciata ipocrita che mette la maschera della benevolenza e della stima e poi pugnala alle spalle seguendo la logica dell’apparire credendo di essere.
Stimare è… detestare con forza il male e attaccarsi con coraggio al bene che unico alla fine può salvare dalla disperazione, dalla violenza e dalla morte; non ci sono altre strade al discepolato e alla fede vissuta come dono accolto nella comunità.
Stimare è… amarsi come fratelli perché la fratellanza è dono della vita stessa e per il credente è missione ricevuta nel Battesimo in quanto rinati in Cristo e chiamati a fare ciò che lui ha fatto: ci ha amati fino a dare la vita per noi.
Stimare è… gareggiare in questa santa impresa perché è il punto essenziale per costruire il regno essendo scritto nel cuore stesso di Dio; è il suo sogno per l’umanità e il suo regalo più bello per la nostra felicità.
È lo Spirito che dà vita, il resto è discordia il cui frutto è vento e tempesta che distruggerà coloro che la seminano nell’anima e nella comunità.
Gareggiare è stare nel cuore di Gesù e trovarvi rifugio e consolazione.
La stima porta a raccogliere il frutto bello e buono dell’amore, della benevolenza, della benedizione e dell’unità portati dal vento gagliardo dello Spirito Santo che profuma la vita con la fragranza del pane eucaristico mangiato nella pace della comunità per camminare verso la santità.
Stimare è… nutrire gli stessi sentimenti di benevolenza e di amore gli uni verso gli altri pur nella manifestazione differenziata secondo la sensibilità propria di ciascuno.
Stimare è… non nutrire desideri di grandezza perché l’unica grandezza possibile al discepolo di Cristo è quella di occupare l’ultimo posto, essere schiavo di tutti come Gesù il maestro che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita; fino a quando non saremo capaci di questa umiliazione non saremo degni del nome di cristiani.
Stimare è… scegliere le cose umili non sopportarle, scegliere con atto della volontà e del cuore perché l’umiltà è la qualità che fa “impazzire” di gioia Dio il quale innalzerà l’umile al di sopra dei superbi, dei saccenti e dei maestri di questo mondo fino a farlo sedere nella gloria del dono totale di sé.
Stimare è… lasciare a Dio la valutazione del proprio sapere e del proprio essere considerando che tutto è suo dono d’amore e in quanto dono va donato con entusiasmo e con prodigalità ai fratelli, a tutti i fratelli, nella consapevolezza che siamo solo servi del Vangelo e non padroni, siamo annunciatori e non creatori del regno di Dio, siamo strumenti nelle mani del Signore che ci userà perché la sua sapienza rende possibile l’impossibile. Solo lo Spirito è indispensabile, noi quando avremo fatto tutto siamo e restiamo servi inutili perché avremo fatto solo ciò che dovevamo fare.
Io sogno una comunità dove i fratelli e le sorelle gareggino nello stimarsi a vicenda; dove non ci siano più classi e poteri che dividono; dove non si misura la fede e non si ha paura di “sporcarsi” nella vita dell’altro credendo che il moralismo ipocrita sia misura del vivere comune.
Io sogno una comunità dove non si usa il metro del sapere culturale come segno di appartenenza, ma quello passa attraverso l’esperienza del cuore, l’ignoranza delle cose del mondo e l’esperienza di Cristo incontrato nell’intimità della contemplazione e celebrato nella festa della comunità degli amici in Cristo.
Io sogno la comunità di Piedigrotta come casa accogliente per tutti indistintamente dove ognuno si senta a casa e possa godere dell’affetto degli altri. Non centro di incontro, ma famiglia, in particolare per chi sa e crede di non sapere, di chi non sa e sa di non sapere, per chi crede di sapere e non sa di non sapere e per chi cerca nonostante la fatica dei giorni e degli avvenimenti avversi della vita, dove ciò che importa è l’altro accolto, ascoltato, conosciuto e stimato come prezioso dono della benevolenza di Dio per la santificazione di ognuno nella santa chiesa corpo di Cristo che percorre le vie della storia.
Don Franco De Marchi
parroco