AVVENTO DELLA STORIA
Carissimi,
con grande gioia lunedì 22 ottobre abbiamo iniziato la celebrazione dell’ANNO DELLA FEDE nel nostro Decanato con una suggestiva e commovente liturgia proprio nella nostra chiesa di Piedigrotta. È sempre bello quando la gente di diverse parrocchie si incontra per lodare il Signore, ma quell’incontro è diventato segno luminoso e testimonianza della sollecitudine di Dio Padre che sempre raccoglie i suoi figli, sospingendoli con il soffio vitale dello Spirito Santo, verso Gesù il nostro Salvatore ieri, oggi e sempre.
Per questo anno di grazia la Chiesa ci ha consegnato un INNO che ci accompagnerà in tutti gli incontri e le liturgie scandendo ogni tappa del percorso di rinnovamento della fede. Ho pensato che potesse essere utile offrire una esegesi-catechistica su questo testo per poter vivere e cantare meglio, con il cuore e con l’anima, la nostra comune invocazione a Dio e scandire così i tempi del nuovo anno liturgico che stiamo per iniziare; ogni strofa infatti ci condurrà alla comprensione più profonda del tempo che vivremo.
Il titolo dell’inno è: Credo Domine in un latino (lingua internazionale della Chiesa per la liturgia) facile e comprensibile soprattutto per i popoli di tradizione latina, ma proposto a tutti per dare un segno di unità nella diversità delle culture (le strofe sono nelle varie lingue del mondo). La traduzione risuona: Io credo, Signore, andando su You Tube lo si può ascoltare nelle varie lingue, anche in arabo, e viene assicurata emozione per il respiro di universalità nel segno dell’unità.
Il ritornello si divide in tre parti:
I° – Credo, Domine, Credo! (Io credo, Signore, credo!)
II° – Adauge nobis fidem! (Aumenta in noi la fede!)
III° – Credo, Domine, adauge nobis fidem! (Io credo, Signore, aumenta in noi la fede!)
Questo testo ci richiama, in sintesi, a tutta l’esperienza che le persone hanno fatto incontrando Gesù 2000 anni fa sulle strade della Palestina: la meraviglia e lo stupore di fronte al suo insegnamento e ai segni che compiva sulle persone, la voglia di conoscere, di capire e la fatica di seguire quel profeta-maestro un po’ strano, ma affascinante e convincente, la speranza dei poveri, dei malati che si avvicinavano a lui sussurrando, implorando a volte gridando: “Aumenta la mia fede”. In questa ultima implorazione c’è scritta tutta la storia religiosa dei popoli fino ai nostri giorni, il grido assordante dell’uomo ancora ferito, malato, perso nel buio della notte che ancora incombe e chiede una luce, una strada, un porto e una speranza.
Queste parole oggi diventano canto che si eleva dal cuore sofferente e si affida con fiducia al soffio vitale dello Spirito perché possa volare libero sopra il mondo e arrivare nei cieli dei cieli presso il Padre ricco di tenerezza misericordiosa che ascolterà e rinnoverà il dono della fede per chi lo cerca e per chi, ancora indifferente o arrabbiato si illude di non averne bisogno.
La prima strofa recita:
Camminiamo carichi di attese
a tentoni nella notte.
Tu ci incontri nell’Avvento della storia,
sei per noi Figlio dell’Altissimo.
Con i santi che camminano fra noi,
Signore ti chiediamo.
Il testo di questa prima strofa ci conduce dentro un clima di attesa e ci aiuta a prendere coscienza della situazione morale, spirituale e sociale nella quale viviamo questo nostro tempo di grandi trasformazioni. Constatiamo che è come un errare vagabondo e a tentoni dentro la notte dove vengono misconosciuti snobbati i valori fondamentali del vivere umano. Un buio di paura attanaglia la mente incapace di affrontare la fatica di cercare identità sicure e certezze che diano stabilità alla speranza. È stupendo l’«incipit» dell’inno con la parola: Camminiamo ricordandoci che la fede, è certamente un dono gratuito e universale di Dio, ma essa va vissuta nella dinamica del cammino, essendo un continuo fidarsi, andare, seguire, sperimentare e rinnovare. Anche se il cammino spesso è segnato da un fardello pesante posto sulle spalle dell’uomo che tenta di schiacciarlo pur tuttavia ci sarà speranza per chi avrà il coraggio necessario di non smettere di camminare, di non fermarsi a piangersi addosso. Magari diventerà utile fare dei piccoli passi con lentezza e fatica, ma bisognerà camminare sempre nonostante tutto e tutti perché è proprio nella strada da percorrere che avviene l’incontro con chi apre nuovi orizzonti fuori e dentro il cuore e la mente.
C’è, nel tempo vissuto, un evento: l’Avvento della vera speranza che non svanisce come i sogni quando si aprono gli occhi alla luce; ma essa stessa è la Luce che conduce alla conoscenza di Colui che incontrando l’uomo dona la conoscenza dell’io più profondo realizzandosi nell’accogliere, seguire e amare Lui: il Figlio del Dio Altissimo fattosi presente ora, adesso e qui.
Solo allora potremo cantare con tutta la voce: Io credo, io credo Signore, io credo e voglio credere, mi fido di Te, accetto la tua presenza. Stiamo per iniziare un nuovo anno liturgico con il tempo dell’AVVENTO, ci auguriamo che la venuta di Cristo non sia la celebrazione di un evento commemorativo, ma diventi presenza viva che trasforma l’esistenza per una fede più cosciente e matura.
Tutto questo cammino non lo si fa da soli, non siamo gli unici abitanti dell’universo, la fede nella vita eterna ci apre alla compagnia di chi ci ha preceduto e ora vive nella pienezza della vita nuova del regno di Dio; assieme ai santi, che hanno sperimentato la fatica e la gioia del credere, dello sperare e del costruire; assieme a chi vede già la pienezza senza il velo della imperfezione, chiediamo con tutta la voce dell’uomo pellegrino: Aumenta in noi la fede!
Allora preghiamo dicendo con tutto l’amore: “Sì, Signore, io credo in te, ma tu non abbandonarmi, vieni ancora e rimani accanto a me, mostrami il tuo volto e continua a camminare sulle nostre strade a condividere i nostri dolori, a cantare le nostre gioie, ma soprattutto, Signore: aumenta in noi la fede!”.
Don Franco De Marchi
parroco