I “passi” di Famiglie Insieme
nel 2005-2006
La speranza oltre i fallimenti
Gli incontri di FAMIGLIE INSIEME dell’anno 2005-06 , come concordemente si è notato nell’incontro di verifica del 2 giugno 2006, sono stati di una particolare intensità e hanno notevolmente contribuito alla crescita in comunicazione e fratellanza fra i partecipanti.
Essi sono stati preparati da un’ “equipe” che ha tracciato un programma per tutto l’anno; inoltre una coppia, verificandosi con don Giovanni, provvedeva volta per volta all’introduzione dell’incontro tramite il racconto di esperienze e la comunicazione di riflessioni, così da tentare di costruire una “comunione” di vita. Sono stati momenti bellissimi di condivisione, completati dalla riflessione curata da don Giovanni, che prendeva spunto dal brano biblico proposto.
Rimangono nella nostra memoria e nel nostro cuore queste condivisioni, e non avendo la possibilità di trascriverle, almeno si è pensato di riportare gli spunti di riflessione di don Giovanni, come memoria per chi ha partecipato, come invito all’approfondimento per chi fosse interessato alle tematiche, come impegno per tutti.
“da Lui usciva una forza che sanava tutti” (Lc. 6,19)
Annamaria e Carlo, Rosalba e Gigi, Mariarita e Guido, Don Giovanni
Le linee che ci siamo dati
“La Chiesa cerca il bene e la felicità dei focolari domestici e quando questi per qualunque motivo vengono disgregati, ne soffre e cerca di porvi rimedio accompagnando pastoralmente queste persone, in piena fedeltà agli insegnamenti di Cristo… Sappiano, questi uomini e queste donne, che la Chiesa li ama, non è lontana da loro e soffre della loro situazione” (Giovanni Paolo II, 1997).
La situazione dolorosa di tanti richiede cha la Chiesa annunci e testimoni il vangelo del matrimonio e della famiglia con serietà e con urgenza.
La coscienza certa che tutti i battezzati appartengono alla Chiesa, anche quando la loro situazione di vita non è in piena comunione con essa, deve indurre ad evitare ogni forma di emarginazione e di giudizio. Deve impegnare a stare loro vicini per aiutarli, anche con l’esperienza di gruppo, a vivere nella preghiera, nella parola di Dio e nella carità reciproca, sicuri che “l’amore risana”.
Annunciare il vangelo del matrimonio non è una attività ma una vita.
Occorrono:
spirito di umiltà: avere un matrimonio “regolare” non è un vanto;
spirito di missione: la propria esperienza, con le luci ma anche con le ombre provvidenziali, può essere di aiuto ad altri;
spirito di fede: “quello che non è possibile agli uomini è possibile a Dio” (Mt 19);
spirito di carità: il rispetto senza riserve della coscienza e delle scelte altrui;
cercare nella Scrittura e nella vita le possibilità di guarigione dell’amore malato.
Conducono: Annamaria e Carlo
Riferimento biblico: Gen 29,20: “Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei”
L’ideale voluto da Dio è molto chiaro nella Scrittura: l’essere umano, uomo e donna, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è chiamato a vivere in comunione. Il pensiero che deriva da questa rivelazione conduce alla consapevolezza che la comunione d’amore dell’uomo e della donna è ad immagine della comunione d’amore che è lo stesso essere di Dio-Trinità.
Quando riflettiamo sulla motivazione che conduce al consenso della coppia e permette di mantenersi nella fedeltà ad esso, dobbiamo superare il significato prevalentemente giuridico del consenso come contratto che punta a garantire la validità del matrimonio per sostenerlo ma che si può rivelare debole.
La ragione teologica può arricchire la forza del consenso giuridico rendendolo ancora più forte e totale. È importante arrivare alla certezza che il consenso tra due battezzati è il segno che deve contenere e manifestare il patto di Dio con il suo popolo, di Cristo con la Chiesa, e quindi non è solo un avvenimento sociale ma un evento di grazia, l’azione di Dio che crea una comunità per manifestarsi.
Questa coscienza, per conseguenza, porta alla forma giuridica ma la supera, non per sottovalutarla ma per la priorità che l’unione sponsale di Dio con l’umanità pone con radicalità, domandando l’obbedienza della fede. L’intelligenza e la volontà dei due, per l’accoglienza della parola rivelata nella loro vita, li fa sentire “una cosa sola”, li costituisce in unità.
Dalle motivazioni alla motivazione: imparare a fare il discernimento dei “coefficienti” della scelta iniziale per privilegiare con sempre maggiore priorità la scelta finale della persona, in cui la pienezza di vita dell’uno è nell’essere uno dei due: “questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa” (Gen 2,23).
Il modello alto della motivazione in senso cristiano è Gesù che vive la sua scelta con consapevole radicalità: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). È un modello che non si può e non si deve imporre con il criterio etico e sociale, ma è come una luce a cui guardare e da cui attingere forza di vita, perciò Paolo dirà agli Efesini invitando gli sposi a donarsi reciprocamente “come la Chiesa sta sottomessa a Cristo… come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei.”
Conducono: Rosalba e Gigi
Riferimento biblico: 1 Pt 3,1-7 “Ugualmente voi, mogli, siate sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di parole, conquistati considerando la vostra condotta casta e rispettosa. Il vostro ornamento non sia quello esteriore – capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti -; cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace; ecco ciò che è prezioso davanti a Dio. Così una volta si adornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sottomesse ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di essa siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia.
E ugualmente voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole, e rendete loro onore perché partecipano con voi della grazia della vita: così non saranno impedite le vostre preghiere.”
La lettera di Pietro è scritta ai cristiani delle Chiese dell’Asia Minore, provenienti dal paganesimo, di cultura ellenistica, sensibili perciò alla mentalità greca. Si dovrebbe datare prima del 64-67, anno del martirio; e sembra conoscere quello che Paolo ha scritto ai Romani e agli Efesini.
Una parola alle donne: “cercate di adornare l’interno del vostro cuore”, e una parola agli uomini: “trattate con riguardo le vostre mogli perché il loro corpo è più debole”. Queste parole sembrano indicare il cammino di interiorizzazione dell’amore. La dimensione dell’innamoramento, tipico della giovanilità e quella della sintonia psicologica e del cointeresse, sembrano sfociare in una dimensione più profonda: “trattate con riguardo”, “rendete loro onore”. Questa maturazione va nella direzione del sacramento, “perché partecipano con voi della grazia della vita”.
Un invito a non lasciarsi condizionare dalle modificazioni psico-fisiche, dal logorìo inevitabile che la vita spesa porta con sé; a saper godere dei doni dell’amore più pacato, meno emotivo, come quello della donna quarantenne in attesa del quarto figlo che diceva: “ho tanta fatica, ma tanta pace nel cuore”.
La scoperta della parola più profonda, che viene dall’interno dell’altro, pur diverso, matura la coscienza di poter imparare nell’ascolto, perché nessuno sa e ha tutto da solo.
Umiltà e riconoscenza perché “essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa”.
Il 5 febbraio 2006 dalle 10,30 in poi in occasione della Giornata per la Vita, si è svolta la FESTA DELLA FAMIGLIA, che negli altri anni veniva proposta la domenica tra Natale e Capodanno, il che non è stato nel calendario del 2005. Dopo la Messa delle 10,30 nella quale si sono rinnovate le promesse coniugali, si è stati insieme, giocando, pranzando, cantando, come le altre volte, contribuendo alla costruzione di una famiglia di famiglie, forse con minor coinvolgimento rispetto le passate proposte, ma con la stessa gioia.
Conducono: Mariarita e Guido.
Riferimento biblico: 1Sam 1,8: “Anna, perché piangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?”
Dalla considerazione tradizionale del matrimonio come contratto, inscindibile e perciò indissolubile, che resta anche quando l’amore finisce perché su di esso non hanno potere né i contraenti né l’autorità, la luce della riflessione teologica conduce all’approfondimento. Se il matrimonio è l’evento dell’alleanza di Dio con il suo popolo, di Cristo con la Chiesa, il sì senza ritorni di Dio esige un sì senza ritorno dall’uomo. Allora il matrimonio tra battezzati è di questa natura. È sacramento, cioè un’azione di salvezza di Gesù.
Conseguenze:
Due in uno: passare dall’appartenenza individuale al Signore all’essere disponibile a Lui nella grazia della relazione interpersonale, per cui le singole persone si santificano nella relazione. Perciò la vita spirituale della coppia è caratterizzata dalla tensione all’unità.
“Come Cristo ha amato la Chiesa”. Paolo presenta ai primi cristiani il mistero della fecondità di Cristo che si attua nell’aridità della solitudine, nell’asprezza del rifiuto, nel trauma della rottura, nell’oscurità dell’abbandono, nella fedeltà quando l’altro sceglie l’infedeltà… La situazione di non amore si tramuta in Cristo in esperienza e testimonianza di amore più radicale.
Una comunione aperta: una profonda unità per il bene del mondo; l’intimità e l’esclusività non inducono a solitudine o egoismo, ma spingono all’apertura che include gli altri (per questo la Chiesa, il quartiere, la città): piccola Chiesa nella grande Chiesa.
Conducono: Francesca e Maurizio.
Riferimento biblico: Pr 5,18-19: “Trova gioia nella donna della tua giovinezza: cerva amabile, gazzella graziosa, essa s’intrattenga con te; le sue tenerezze ti inebrino sempre; sii tu sempre invaghito del suo amore”.
Pur nel rammarico per la condizione non corrispondente al vangelo di tanti nella nostra società e nella Chiesa, siamo chiamati ad accogliere la testimonianza dei valori umani e cristiani offerti dalle singole coppie nella tenerezza fedele. La riflessione porta a scoprire la serietà dell’impegno umano (vita di coppia, educazione dei figli, servizio del prossimo, impegno sociale, costanza nelle prove), a sentire la serietà dell’impegno umano come strada per una sempre maggiore profondità nel vivere l’adesione alla vocazione ricevuta nel matrimonio.
Imparare a cogliere le opportunità per far sentire concretamente e con gioia l’appartenenza alla Chiesa in cui la certezza di essere amati rende possibile l’impossibile. Per conseguenza occorre educarsi a comprendere e a cogliere i sacramenti come segni espressivi della fede della Chiesa non in senso astratto e devozionale ma come concreta esperienza della possibilità di attuare il vangelo, vivendo l’ordinario in modo straordinario.
Anche se nella fatica di dover andare contro corrente, ai fidanzati e agli sposi va proposto fedelmente e con cordialità il vangelo del matrimonio. Nell’impegno a testimoniare che alla indissolubilità del matrimonio è legata la presenza del Signore nella vita di famiglia, e che essa è un’esigenza della “sequela di Gesù”.
Lo stimolo a cogliere l’esigenza di quanto il vangelo dice con chiarezza nel cuore dell’uomo anche non esplicitamente cristiano:
“Un uomo decide di lasciare la famiglia per farsi sanyasin (asceta). Una notte, quando di nascosto sta per partire, getta un ultimo sguardo alla moglie e ai figli addormentati e, rivolto a loro, dice: «chi siete voi che mi tenete qui incatenato». Una voce nel buio bisbiglia: «loro sono me, sono Dio». L’uomo non fa attenzione. Non ascolta e parte. E a Dio non resta che concludere: «ecco uno che, per cercarmi, mi abbandona»”. (Tagore)
L’impegno per la priorità è passare costantemente dalla accettazione della diversità alla riconoscenza per il dono dell’altro, dall’apparente meno-essere al reale più-essere nella sottomissione d’amore.
Conducono: Rosalba e Gigi, Maria e Carmine.
Riferimento biblico: Ef 5,21-24 “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è il capo della moglie come anche Cristo è il capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto”.
La coscienza della vocazione a testimoniare la relazione d’amore che Dio è in se stesso, porta al passaggio dalla mentalità della salvaguardia etico-sociale dei rapporti nella fedeltà e nell’indissolubilità, alla coscienza di segno, manifestazione, almeno parziale, del rapporto che la Chiesa ha con Cristo, come Sposa. Perciò tale passaggio è uno dei modi concreti, diretti, per osservare, capire e vivere la Chiesa.
“La più intima e personale unità d’amore tra due persone” (Rahner),che comporta l’uscire da sé per trascendersi nell’altro, è inevitabilmente un trascendersi nella realtà di Dio; perciò, per la comunione filiale con lui, per il battesimo vissuto nella quotidianità, è rivelazione di Dio. Il matrimonio non è un segno copia della Chiesa, ma un segno che contiene la realtà della Chiesa. Perciò è un sacramento, una possibile manifestazione del mistero di Cristo che si rende sposo dell’umanità.
La Chiesa può comunicare il Vangelo e la grazia dei sacramenti, perché in lei la presenza di Cristo Sposo rimane fedele; è una presenza di grazia che non è vanificata dalla debolezza. La grazia che è nella Chiesa come tale, sacramento di unità, è presente nell’unità dei due, e questa unità è il dono al mondo.
La “fantasia creatrice” dello Spirito Santo suggerisce all’intimità della coppia i diversi modi di essere dono all’umanità.
Conducono: Mariarita e Guido.
Riferimento biblico: 1Cor 7,32 “Io vorrei vedervi senza preoccupazioni”
La lezione della quotidianità:
l’esperienza del pane per ogni giorno
della salute per amare
della parola per accompagnare
della volontà per perseverare
La verità della Provvidenza si fa esperienza nella quotidianità vissuta all’insegna del Padre Nostro, in un crescendo che conduce gradualmente al sempre più profondo.
La Provvidenza è segno della possibilità di Dio in noi al di là delle nostre forze, per esempio quando chiede il perdono nella vita di coppia e di famiglia (dice Gesù: “Và da lui… avrai guadagnato un fratello”); ne scaturisce lo stupore, la riconoscenza, la possibilità di comunicare l’esperienza dello “io sono con te”, che autorizza l’audacia dell’impegno “nel tuo nome getterò la rete”.
Nel tempo del “non-senso”, come quando quello che abbiamo cominciato a vivere come progetto di Dio su di noi sembra venir meno, o a motivo di sbagli personali, o a motivo di altri fattori, la certezza della Provvidenza diventa scoperta della possibilità del più di amore proprio quando sembra finito il tempo per amare.
Il segno sacramentale di amare “come Cristo” raggiunge in lui la profondità di colui che è “separato”, sulla croce. Il suo aver sperimentato la povertà radicale di sé è invito a seguirlo al di là delle incertezze dei vari momenti della vita e ad accoglierlo e amarlo nelle incertezze dei fratelli e delle situazioni.
La lezione della Provvidenza è invito a passi da fare come gruppo che sa accogliere e sa far sentire “a casa”. Dice il Papa Benedetto XVI: “Le sfide della società attuale richiedono la garanzia che le famiglie non siano sole. Un piccolo nucleo familiare può trovare ostacoli difficili da superare se si sente isolato dal resto dei suoi familiari e amici. Perciò, la comunità ecclesiale ha la responsabilità di offrire sostegno, stimolo e alimento spirituale che fortifichi la coesione familiare, soprattutto nelle prove o nei momenti critici”: (Al congresso internazionale delle famiglie, Valencia 8/7/06)