I “passi” di Famiglie Insieme
nel 2009-2010
Amare la diversità
F.a
Bisogna essere riconoscenti per la diversità dell’altro.
C’è un senso di completezza della diversità. Ognuno è diverso; la diversità ci circonda. I figli sono diversi da noi e tra loro, ma bisogna capire che ci completano.
È bello contemplare la diversità.
Ci si può sentire vittime della diversità. Perché siamo diversi dagli altri? Perché è successo proprio a me di essere diverso?
Si deve passare da questa visione ad un’altra dicendo: “meno male che è successo proprio a me; grazie”
M.o
Mi sono guardato dentro e mi sento diverso da prima. La maturazione che si ha negli anni ha bisogno di un riequilibrio interiore. Se non stiamo bene con noi stessi non siamo equilibrati. Non si possono fare le stesse cose di qualche tempo fa e per questo è necessario ritrovare un equilibrio compatibile con la nostra crescita. E da ciò nasce quello che possiamo dare: la positività nel sentirsi diversi.
Bisogna trovare momento per momento la capacità di riequilibrarsi.
Siamo sempre chiamati ad essere qualcuno o qualcosa sempre in modo diverso.
G.a
Ricordo il distacco nell’adolescenza che è il primo momento in cui ci si sente davvero diversi.
L’esperienza di lavoro all’estero ci ha dato fortemente il senso della diversità. Eravamo noi i diversi. E da lì abbiamo imparato ad amare la diversità.
La mia sterilità mi ha fatto sentire fortemente diversa, ma oggi ringrazio il cielo che sia stato così. La coscienza della propria diversità è il segno della povertà di spirito. Il Signore dice sempre parole diverse e non una parola è inutile; noi siamo le parole di Dio. Chiunque di noi manchi è un dono che non c’è più.
L.i
La diversità dell’altro la accetti se accetti te stesso.
Ero timidissima. Poi ebbi l’immagine forte di Dio che mi amava e questo mi fece sentire sicura come non ero mai stata, e cambiò tutto. Ma questo mi ha messa davanti alla responsabilità di amare tutti perché creati da Dio.
Dal punto di vista umano è difficile e faticoso accettare la diversità.
P.o
La diversità presuppone l’esistenza di un modello, ed al giorno d’oggi questa è un’evidenza. Se riflettiamo su ciò, la diversità è un dono in quanto distanza dall’omologazione.
Non cresce chi cerca di essere conforme ad un modello.
F.o
Io mi sento sempre diverso; 5 minuti fa ero diverso da ora. È importante l’equilibrio perché cambiamo nel tempo con continuità.
Bisogna essere intelligenti. Noi non ci accettiamo. Cerchiamo, perciò, di demitizzarci. Nessuno i noi è Dio! Cerchiamo di essere un po’ umili.
E non è solo un fatto psicologico. Ognuno di noi può ricominciare e per fare ciò deve capire che bisogna amarsi per come si è, perché Dio ti ama come sei. Per questo bisogna sempre riprendere a camminare perché c’è Dio che ci ama.
G.i
Accettarsi da soli non è facile perché ognuno pensa di potere essere diverso da quello che è e si sente diverso da quello che vorrebbe essere, anche senza fare necessariamente riferimento ad un modello. E questa diversità crea tanta sofferenza, a partire dall’adolescenza in poi; ci si sente inadeguati. Ma da quanto detto fino ad ora, è chiaro che solo la coscienza di essere accompagnati ed amati da Dio ci da la possibilità di accettare noi stessi. Se Dio ci ama, gli va bene che siamo così ora.
M.R.
Quanto è difficile accettare la diversità nella malattia!
Anche la vecchiaia è una condizione di diversità.
F.a
Siamo diversi perché abbiamo scelto un cammino di fede.
Facciamo scelte controcorrente perché non ci uniformiamo.
G.i
A volte è doloroso essere diversi. È faticoso.
Ma è la tua identità e va difesa
F.o
La diversità è spesso presa come pretesto per prevaricare sugli altri.
Al contrario la storia dimostra che la crescita, sia essa scientifica o filosofica, nasce sempre dall’insieme.
G.o
Ho difficoltà a capire l’accettazione della diversità. Cosa è la diversità; non mi è chiaro il concetto. La diversità è, spesso, ciò che non è moralmente accettabile come il tossicodipendente, il barbone. Io sento repulsione nella diversità dell’odore del barbone che non si lava da tanto! E non mi sento di invitarlo alla mia tavola. Secondo me, l’accettazione è la condivisione anche con chi è veramente diverso. Al momento, io non me la sento. Come possiamo costruire un cammino per accettare profondamente gli altri?
M.o
G. ha lanciato la sfida che è il cammino di quest’anno di Famiglie insieme. Ma dobbiamo partire da noi.
E.a
Si è diversi da quello che si vuole da se stessi. Bisogna fare pace con se stessi.
G.a
Nell’accettazione del diverso, quanto più noi ci sentiamo fragili nella nostra diversità, tanto più riusciamo ad accettare gli altri.
F.o
Ma accettare non è approvare!
L.i
Dobbiamo essere capaci di non generalizzare. Non è giusto, ad esempio, dire “gli zingari”, ma bisogna guardare alla singola persona. Solo così si stabilisce un rapporto.
F.o
Bisogna avere benevolenza, anche nei propri confronti. La mia diversità è l’”unicum” che io posso dare agli altri. Siamo unici ed irripetibili altrimenti non vale neanche la pena nascere.
M.a
Come ultima di sei figli, sono sempre stata la “diversa” di casa, ed ero sempre diversa dagli altri, anche a scuola, nel mondo del lavoro; ed ero sempre additata come diversa. È così che mi sono sempre appoggiata su Dio ed è cresciuta la mia religiosità.
G.i
Ma perché parliamo di diversità se siamo tutti uomini e, quindi, tutti uguali?
G.i
Alle volte usiamo la diversità per sentirci diversi da altri diversi “scomodi”. Lo psicologo Andreoli giustifica la nostra curiosità quasi morbosa nello scavare nelle vicende torbide (quali quelle di Erba) con l’atteggiamento di chi sente l’autore del crimine come un diverso e si rasserena pensando a se come incapace di certi crimini. Non si deve giudicare la persona per le azioni che fa: non approvare le azioni, ma accettare l’altro. Proviamo ad avere questo atteggiamento con noi stessi: non ci giudichiamo per le azioni errate.
S.a
Mi sono ritrovata in una vita completamente diversa rispetto a quella che volevo. E questo mi ha portato tanto dolore. La separazione da mio marito mi ha portato solitudine e diversità. Non è stato facile, ma ho superato questa sensazione guardando alla ricchezza che Dio mi ha dato e mi da, anche attraverso il dolore quotidiano. E ciò mi ha reso padrone della mia vita.
G.i
Ci sono diversi punti nella Bibbia per accettare noi stessi.
La Creazione: il Signore crea ogni cosa nel suo ordine. Per l’uomo, però, la descrizione della creazione è molto diversa: il Signore soffia il suo Spirito nella bocca. Dio non crea l’umanità nella conformità. È l’unità tra carne e spirito: la carne può essere simile a quella del fratello; lo spirito è la relazione unica tra l’uomo e Dio,tra il creato ed il Creatore e ci rivela che solo Dio conosce il cuore dell’uomo in profondità.
Bisogna lavorare per questa unità tra la parola profonda (che è soffio, non carne) e la nostra individualità. Siamo chiamati a quella autenticità di vita che è la parola che diventa carne.
Il Signore non si scandalizza del fatto che ci sentiamo diversi: ci ama anche se tentenniamo, protestiamo, neghiamo.
C & P
Bisogna partire dalla creazione: il Signore ci ha creati “maschio e femmina” per poter realizzare un progetto d’amore. In ogni rapporto umano esiste sempre la diversità perché ognuno è unico. Il rapporto di coppia è complesso per le problematiche da affrontare. Tanti sono i momenti di intolleranza, ed è in questi momenti che si è chiamati a crescere nell’amore dell’altro. Amore vuol dire donarsi, perseverare nell’impegno di salvare il matrimonio perché indissolubile. La diversità porta a mettere tante volte dei paletti ovvero degli ostacoli poiché non si vuole vedere con gli occhi dell’amore. Molte volte nella coppia c’è bisogno di momenti di pausa e ci complicità per ricaricarsi, perché spesso la routine quotidiana ci impedisce di curare la relazione. Gli elementi fondamentali in una coppia sono il dialogo e non essere egoisti con la persona che si ha accanto, pensando che la persona che si è scelti per tutta la vita è la nostra compagna di viaggio.
C.a
È difficile trovare il punto d’incontro nel matrimonio. Spesso mi chiedo: “come facciamo ancora a stare insieme?” Se uno dice “rosso”, l’altro dice “nero”; se uno lo vuole “chiaro”; l’altro “scuro”. Come è possibile? Dobbiamo fermarci un attimo e vediamo quelle piccole cose che ci hanno fatto innamorare; nei momenti di difficoltà è importante perché spesso ce ne dimentichiamo. La mia forza è nel rivolgermi al Signore per riavere la calma e la lucidità e per tener a freno la lingua che talvolta “cammina da sola” creando danni a chi mi sta vicino. È meglio parlare a freddo e non a caldo. Per affrontare la diversità ci vuole amore e rispetto per l’altro.
G.i
Se non c’è amore e bene non ci si confronta, ci si scontra e tutto finisce. Da quando sto in Famiglie insieme riesco ad affrontare meglio tutto. La diversità è un bene perché se fossimo tutti uguali non ci sarebbe più lo stimolo a fare niente; che parliamo a fare con uno che è uguale a noi!
P.o
È bello riuscire a parlare così liberamente. C’è una spontaneità che oggi è estremamente difficile trovare soprattutto negli ambienti di lavoro che frequento nei quali qualsiasi cosa si dice ne nasconde qualche altra. Più che ascoltare l’altro, bisogna interpretare quello che non dice. (n.d.r.: sto sperimentando una diversità positiva!)
R.a
Per me è stato sempre scontato che avremmo fatto il cammino insieme anche se caratterialmente siamo come la notte e il giorno. Io sono più calma e pacata mentre lui è più impulsivo. Anche nel litigio non abbiamo mai messo in discussione il matrimonio. Pensiamo che si discute per risolvere e non per dividersi.
L.a
Prima di vedere come è cambiata nel tempo la persona che ci è accanto, perché non ci chiediamo: “sono cambiato io”? Nel fidanzamento ed all’inizio del matrimonio eravamo più accondiscendenti; ora lo siamo di meno. Si era più disponibili. Ora non tengo più la lingua a freno. Sento che sto tornando a quell’impulsività che avevo da bambina. Insomma, si cambia e bisogna esserne consapevoli.
G.i
Quando si è giovani e ci si fidanza e ci si sposa, si hanno poche cose a cui pensare. Al cibo ed alle nostre necessità ci pensano i genitori ed abbiamo molto più tempo da dedicare l’uno all’altro. Poi cominciano le responsabilità che con i figli aumentano esponenzialmente. Accade così che aumentano le tensioni e si spera che il partner le risolva. In quel momento la diversità è vista solo come un ostacolo ed il proprio coniuge diventa il motivo per cui il problema non si risolve. A causa delle tensioni che i problemi creano, invece di ascoltare l’altro cerchiamo di imporre solo la nostra opinione nel tentativo di risolvere subito il problema; ogni cosa diversa da quello che pensiamo allunga il brodo e fa crescere la tensione. E questa tensione su chi si può sfogare? Sul partner, naturalmente! Se non ci possiamo sfogare su lui/lei, con chi dobbiamo farlo? E così si cominciano a costruire muri che limitano sempre di più l’ascolto l’uno dell’altro. E per abbattere i muri ci vuole tempo, ma questo tempo ci è sottratto dai problemi che dobbiamo risolvere. Insomma si entra in un giro vizioso a causa del quale i muri crescono fin quando non ci si ascolta più. E qual è questo momento? Come si può evitare ciò?
L.a
Ci vuole un po’ di leggiadria, leggerezza nel prendere le cose ed i problemi della vita. All’inizio si fa l’errore di pensare di potere cambiare l’altro. Poi, dopo innumerevoli tentativi, mi sono resa conto che non è possibile. E ho imparato ad accettarlo così com’è ed ora non riesco proprio ad immaginare la mia vita senza di lui.
G.i
Facciamo un giro di boa: stiamo pensando ad amare la diversità, non a sopportarla. C’è una positività nella diversità dell’altro.
R.a
Litigare è buono, non è un fatto negativo. L’importante è mantenere la stima reciproca, il rispetto l’uno per l’altro.
E.a
Invidio un po’ di ha più anni di matrimonio alle spalle. Prima c’era una mentalità diversa ed il matrimonio era una pietra miliare su cui costruire la società. Oggi le cose sono cambiate e devi scegliere la persona che ti sei sposata ogni giorno; e questo è molto più difficile. Niente è scontato. Oggi il potersi lasciare è visto dai giovani come un’opportunità e non in maniera negativa. Ci sono tanti motivi per i quali l’altro ti può diventare un ostacolo. Bisogna credere nella grazia di Dio. Nella mia esperienza ho visto che non è da sottovalutare questo punto perché vi sono momenti in cui è facile lasciarsi. Affidarsi a Dio è l’unica possibilità per spegne i rancori che nascono per le cose non avute dal partner.
B.a
Ciò che mi colpì di mio marito fu il fatto che era completamente diverso da me e da tutti i miei amici. Ora, invece, la sua diversità è quella che gli contesto sempre ma, riflettendoci, è quella che fa andare avanti la baracca. E il momento che ci unisce di più è la fede che qui a Piedigrotta trova il suo appoggio.
L.o
A 19 anni deliberatamente rifiutai una relazione con una ragazza, ma solo dopo capii perché: era troppo simile a me. Ed infatti, scegliendo mia moglie ho voluto amare una persona diversa da me. Il momento critico nella coppia è l’inserimento dei figli perché cambiano le dinamiche che si erano create prima. Si lotta tra i coniugi sull’educazione dei figli pensando sempre che la propria sia la migliore.
F.o
Poniamo l’attenzione sul verbo “amare”: cosa significa? Amare è una scelta, non un sentimento; ed è la scelta che abbiamo fatto nel matrimonio. E va fatta ogni giorno perché ogni giorno si cambia. La scelta di fede, poi, è una grande forza che aiuta nelle difficoltà. Io sono più propenso a credere che la diversità sia un tesoro da cogliere. Non bisogna appiattirsi; non bisogna cambiare l’altro. L’altro è bello per come è, non per come lo vorrei. Le diversità aiutano. La contrattualità è fondamentale. Abbiamo tante diversità io e mia moglie, ma anche tanti comuni denominatori. E sono questi da esaltare. Il confronto nella coppia e tra le coppie è fondamentale per vedersi con occhi diversi. E uno dei tanti aspetti fondamentali della diversità è la sessualità. (n.d.r.: qui dà lettura di un brano tratto da dispense di Raimondo Scotto sulla sessualità nella coppia)
G.i
Da quanto si è appena detto, sono due le cose imprescindibili: l’ascolto dell’altro e non l’imposizione delle proprie idee; la reciprocità per evitare di finire ingabbiati dalla diversità dell’altro.
G.i
Bisogna amare nell’altro il disegno di Dio per l’altro. L’uomo è come un “tu di Dio”, creato da Dio ma diverso da Lui. E Dio fa fatica ad entrare nell’uomo per capirlo ed essere capito dall’uomo. L’uomo somiglia a Dio, ma è diverso e Dio stesso lo ha voluto diverso da se (Genesi). Dio si meraviglia della solitudine dell’uomo e cerca di dargli tutto, ma non riesce a colmare la sua solitudine finché non crea la donna che nasce dall’uomo stesso ma ne è profondamente diversa. Ma Dio fa tutto per amore e la diversità è stata, quindi, creata per l’amore. L’essere nudi senza vergogna di Adamo ed Eva è il senso dell’accettazione spontanea della diversità. Il fatto che la Bibbia sottolinei che l’uomo abbandona il padre e la madre è il simbolo di quanto forte è il legame che nasce nella comunione di due esseri diversi che si arricchiscono a vicenda. Quando l’adesione all’altro nella diversità viene meno, allora si sente la solitudine. È l’esperienza della nudità. Bisogna riscoprire gli spazi della coppia e della famiglia; la relazione tra i coniugi non tollera costrizioni esterne (lo vedremo nelle prossime riunioni). Bisogna allenarsi, fare ginnastica per amare la diversità. Anche Dio fatica ad entrare nella reciprocità con l’uomo. Non bisogna stancarsi di cercare l’appartenenza l’uno dell’altro e con Dio.
L.a
La diversità generazionale oggi è fortissima ed è maggiore di quella tra noi ed i nostri genitori
C.o
Noi spesso ci sentiamo vittime dei figli. Forse siamo noi troppo disponibili e viviamo pendendo dai loro voleri
L.a
È bello notare come quello che sentivamo dire da coppie più grandi di Famiglie insieme è esattamente ciò che poi abbiamo vissuto noi. I ragazzi devono essere ascoltati, ma solo quando vogliono loro! Quando il momento è propizio si aprono completamente. Non fanno ciò che vogliamo noi; li dobbiamo solo consigliare. Non sono più nostri. Spesso sono disorientati nella giungla che è il mondo esterno. Spesso i gruppi non trasmettono buone amicizie e perdono il contatto con quanto detto dai genitori. Ma bisogna insistere. La nostra prima figlia non sta dando il buon esempio al secondo e soprattutto verso la loro presenza in chiesa perché vengono presi in giro.
C.o
Io sono più rigido mentre mia moglie no. Però così facendo, i figli hanno nei genitori delle alternative: se non va bene l’uno, va bene l’altro. Oggi i ragazzi hanno molte più opportunità. Bisogna sempre ringraziare Dio perché i figli sono come dei gioielli! Noi li affidiamo spesso alla Madonna ed a nostro Signore e continuiamo a dare il nostro esempio.
S.a
Io, purtroppo, vivo la difficoltà della non presenza dell’altro piatto della bilancia. E questa difficoltà la vivo soprattutto con il primo per la differenza di sesso. Anche perché in famiglia non ci sono altri riferimenti maschili. Mi aiuta molto calarmi nella mia adolescenza per capire meglio i miei figli. Oggi però, vedo molta più violenza perché i ragazzi sono bombardati da messaggi violenti. Ed il computer fomenta queste espressioni violente. Alle volte quando parlo con loro mi sembra di fare solo monologhi. I nostri figli sono comunque ragazzi diversi rispetto al resto. Io alle volte mi arrabbio perché il primo tende a subire dagli altri; si fa domande e me le butta addosso come elemento di confronto con me. Bisogna cercare di entrare nel loro mondo, anche se sono cose che non ci interessano più. Non è facile dialogare a questa età; c’è bisogno di una bella fatica per dialogare!. Bisogna anche sapere attendere, avere pazienza. Noi ci attendiamo un ritorno da parte loro, ma non sappiamo i tempi ed i modi di questo ritorno. Per questo motivo, ci vuole tanto amore e carità. Io vedo i miei figli come di Dio ed allora mi chiedo: come faccio ad educare i Tuoi figli? La differenza generazionale c’è e ci sarà sempre.
C.o
Oggi non funziona più il “mazza e panelle”. L’esperienza con mia figlia mi ha insegnato questo. Loro dicono sempre che siamo troppo in ansia. Ci sono, al contrario, tanti genitori che non se ne curano proprio perché ci sarebbero tante rinunce che non vogliono fare.
S.a
Ma questo stargli dietro non potrebbe essere peggio? Sembra che i ragazzi che hanno poco dai genitori hanno paura di perdere anche quel poco mentre quelli che hanno tanto fanno anche gli spavaldi con i genitori.
Credo, poi, che sia importante la coerenza. La rovina dei ragazzi è la non coerenza dei genitori. E questo costringe a soffrire i genitori per primi. Certe cose è meglio non dirle se non si possono fare. Ma lo sforzo per la coerenza a volte stanca.
L.i
Le difficoltà c’erano anche nelle epoche passate ma i valori della famiglia non sono cambiati. Mia madre si fidava molto di me cosicché io ero. All’epoca, molto più libera delle mie coetanee e di molti ragazzi di oggi. Io e mio marito siamo sempre stati coerenti nei rispetti dei figli. Quando mia figlia mi chiedeva qualcosa, le dicevo che dovevo prima parlare con papà. Spesso le decisioni sono prese per la nostra tranquillità e non per il bene dei ragazzi. Non abbiamo fatto i figli per la nostra tranquillità!
Ogni età ha i suoi affanni, ma noi siamo qui per essere sicuri che Dio ci darà la forza per vivere con i nostri figli che sicuramente faranno cose diverse da quelle che vogliamo. Ma sono figli amati da Dio e Lui sa quel che è il loro bisogno. Noi dobbiamo dare questi valori e trasmetterli ai nostri figli.
L.a
Trasmettere i valori è una responsabilità bella e Dio ci dice che tutto quello che abbiamo avuto lo dobbiamo dare. E se i figli ci vedono agire, assumono quel valore. Non dobbiamo trasmettere valori teorici. Un altro aspetto è che la diversità è un dono anche per noi oltre che per i figli. L’esempio è proprio il calcolatore, la musica. Io riesco ad entrare in questo mondo attraverso loro. Sono la mia porta di accesso a mondi che non avrei mai avuto in mente di esplorare. Siamo noi che non dobbiamo arroccarci sulle nostre posizioni ma imparare ad usare bene le cose. Demonizzare le cose che non si conoscono è peggio. Le generazioni sono diverse, ma siamo sempre persone. Dobbiamo entrare nelle loro dinamiche. Quando mi dicono “non puoi capire” io chiedo loro di spiegarmi per condividere. È la nostra ottica ad essere importante; dobbiamo avere gli occhi di Dio verso di loro. Bisogna non avere paura perché la paura blocca la conoscenza.
L.a
Noi diamo ai figli le direttive ma poi loro crescono come vogliono. Molto dipende anche dal loro carattere. Questo non significa che noi abbiamo fallito perché sono loro a decidere nella loro libertà.
F.o
Non dobbiamo fare i confronti. Ogni figlio è unico. Ciò che rovina la nostra e la loro vita sono i confronti. Il confronto è il non accettare la diversità; è la sua negazione. Ogni figlio è un caso diverso. Se devo fare un confronto, devo guardare dentro di me.La mia serenità nasce da come io vivo la mia vita e non dal farla uguale agli altri omologandomi a loro. La diversità è ricchezza non nel confronto, ma nella persona.
F.a
Ci mettiamo in discussione quando le cose non vanno bene. È difficile capire quando farsi da parte; e i figli alle volte te lo fanno capire. Io alle volte tendo ad essere invadente.
T.o
Ci sentiamo turbati rispetto a ciò che accade (come la triste notizia della morte di una ragazza che si è uccisa). Noi dobbiamo combattere contro le nostre proiezioni sui nostri figli. L’emergenza su cui interrogarci è che noi rischiamo di andare verso una forte difficoltà di comunicazione tra noi e loro. E tra poco ci saranno anche i problemi di dipendenza dal computer.
G.i
Dobbiamo ripartire, come Gesù, dal Padre. Il principio di autorità dell’Antico Testamento non ha soddisfatto l’uomo. Gesù parlando di Dio Padre ci fa capire che Dio prima ama e poi crea; noi siamo amati da subito. Dobbiamo credere nella comunicabilità. Bisogna imparare ad a avere fiducia. I problemi si risolvono con il tempo. Il Signore sa aspettare. Le Sue caratteristiche d’amore sono il silenzio ed il tempo (l’attesa). Se si vuole l’urgenza delle soluzioni si creano solo problemi ed incomunicabilità.
B.a
Io e mio marito veniamo da due esperienze di vita completamente diverse, ma accomunate da un vissuto piuttosto travagliato. Ci siamo uniti nella consapevolezza che eravamo molto diversi. All’inizio era anche interessante vedere le diversità ma poi, con il passare del tempo, sono andate accentuandosi fino a livelli di forte contrasto, soprattutto nell’educazione dei figli. Ma alla fine, pensandoci, viviamo tutto ciò con una grande tranquillità. Non vivo la diversità di mio marito con rabbia anzi, alle volte credo sia una ricchezza. Ma una cosa sento come certa: tutta questa pace e la bellezza della vita di coppia non è una forza nostra. Consci di questo, nella nostra stanza abbiamo voluto mettere come segno di riconoscimento una Bibbia aperta. È il segno che non abbiamo paura e talvolta la sera mi meraviglio di cosa sia successo nella giornata e di come sia arrivata a sera! Una grossa mano ce l’ha data l’esperienza con i Piccoli Fratelli di Spello tra i quali abbiamo sperimentato l’”insieme è meglio”. Nel quotidiano il rapporto con nostra figlia ci ha fatto diventare da educatori a educati! Non riusciamo ad accettare la diversità del figli. Per questo ho imparato a mettermi davanti a Maria e ad affidarle mia figlia traendo da ciò tanta pace.
P.o
Oltre alla diversità familiare, io personalmente ho dovuto aggiungere anche una forte diversità ambientale. Ma se all’inizio è stato difficile, poi è diventata una ricchezza.
M.a
È bello partecipare a questi incontri perché certe domande non ce le poniamo se non qui. Una forte esperienza di diversità è venuta con mio figlio che è voluto andare a vivere da solo con una persona con la quale noi ben sapevamo che non poteva continuare. L’unica cosa che abbiamo potuto fare è affidarci al Signore. Ma non ho mai chiesto a Dio che si lasciassero, ma solo che li aiutasse. È stata dura, ma io mi sono sentita tranquilla. E alla fine è andata come speravamo. Ma ora ha deciso di andare all’estero a lavorare, anche facendo il cameriere nei locali per guadagnarsi da vivere all’inizio. Bisogna abbandonarsi al Signore, ma l’abbandono deve essere completo e non bisogna aspettare delle risposte subito perché Dio ha i suoi tempi.
F.o
In un primo istante il tema mi sembrava un po’ strano, ma grazie all’introduzione delle coppie guida ho capito che il tema vero è l’affidamento. In fondo il matrimonio cristiano è l’affidarsi in pieno al Signore. Forse dobbiamo chiederci come fare entrare il Signore nelle nostre vite quotidiane, nelle coppie, nelle famiglie. Come permettiamo a Dio di agire? È importante, in questo, il confronto con altre coppie. Noi, ad esempio, abbiamo tratto molto giovamento in incontri nei quali leggiamo la Parole di Vita crescendo umanamente e spiritualmente. È utile avere un obiettivo comune di ricerca, di vedere insieme le cose della vita. È difficile vedere le cose standoci al di dentro; perciò è importante il confronto con chi osserva dall’esterno. È così che abbiamo scoperto che “insieme è meglio”. Molto spesso si arriva a Dio attraverso i fratelli. Nella vita di coppia non è tutto rose e fiori e ci sono momenti olto difficili che solo nell’insieme si possono superare.
R.a
Le diversità cambiano e si evolvono negli anni. Ma se si fa un bilancio, ci si accorge di avere avuto tanto dalla vita, ogni giorno. Che importanza ha se mi arrabbio con mio marito, anche con forza. Sono sempre sciocchezze rispetto a quanto abbiamo avuto. La scelta di convivenza fatta da nostro figlio è al di fuori dei nostri parametri, abituati a pensare che uno prima si sposa e poi vive insieme, ma, tutto sommato, è un segno di maturità. Ed anche il fatto che siamo qui a parlarne è un dono.
S.a
La diversità è un grande dono perché ci dà la possibilità di sperimentare la grande libertà con cui il Signore ci permette di vivere, diversi dagli altri, ciascuno con la propria identità. Per questo è importante affidare tutto al Signore perché questo ci toglie la paura e ci rasserena. Viviamo calati nella diversità, anche nel lavoro, in tutto. Bisogna affidarsi per vivere in pace la nostra vita.
E.a
Ciò che ha detto Maria è un po’ quello che è successo a me come figlia. Mio padre mi disse di no quando io gli proposi di andare all’estero a studiare. Ma ci sono andata lo stesso. E ciò mi è servito molto nel matrimonio. Avevo imparato a cavarmela da sola e quando siamo andati prima in Francia e poi negli Stati Uniti con mio marito e con mio figlio per questioni di lavoro, sono rimasta praticamente da sola con il bambino. E lì ho sperimentato l’importanza delle proprie radici. La settimana scorsa siamo stati da amici romani di vecchia data in via di separazione. Ci hanno sconvolti nel loro odio reciproco riversato nella ripartizione delle cose da separare. Abbiamo tentato di tutto per farli ragionare e alla fine ci siamo ritrovati, quasi senza accorgercene, a pregare: era l’unica cosa che potevamo fare.
P.o
Scopro solo stasera che la diversità è un dono! Ma non pensiamo che affidandosi al Signore tutto si possa risolvere senza la nostra volontà di crescere, di progettare il futuro! Il Signore ci aiuta a crescere in maniera sana. Non credo che il Signore pensi a tutto: sarebbe troppo riduttivo.
S.a
Ma l’affidarsi a Dio è un lavoro difficile. Bisogna superare il proprio egoismo con tanta volontà. È ammettere dicendo a se stessi “non ce la faccio da solo” e per fare ciò ci vuole tanto esercizio, costanza e volontà.
C.e
La compagna di mio figlio e la sua famiglia erano quanto di peggio ci potesse capitare; erano da prendere a schiaffi! E invece li abbiamo amati; abbiamo amato la loro diversità, ma non saremmo mai stati capaci di farlo da soli. Senza Dio non ce l’avremmo fatta. E il ritorno di mio figlio a casa non è stata mica una vittoria!
L.o
Per me la diversità è sempre stata un dramma. È difficile accettare il diverso, chi la pensa diversamente da te o che si presenta diverso. Ciò che mi ha sbloccato è capire che il Signore ci ha creato diversi. È accettare la propria storia e quella degli altri. Sono convinto che la coppia e la famiglia è il luogo, il laboratorio delle diversità. In essa si sperimenta come reggere la diversità e come far nascere l’accordo. È il luogo dove le diversità si incontrano e si scontrano.
M.o
Vorrei sottolineare la parola “dono”. Il dono è la capacità di comprendere che noi siamo amati e ciò alle volte significa la risoluzione del problema; altre volte l’accettazione del problema; altre ancora il comprendere che la soluzione migliore è diversa da quella che ci aspettavamo.
D.G.
I doni che noi riceviamo non sono per noi, ma per l’umanità. Salomone chiese come dono la saggezza ma non per lui, ma per il popolo. Parlare delle problematiche senza lo scatto necessario per superarle può essere avviluppante. Comincia il tempo della preparazione alla Pasqua. Entriamo nelle problematiche con l’occhio di Dio. Dobbiamo uscire dall’idea di sentirci soli di fronte alle diversità. Il Signore ci chiede, come a Salomone: “chiedimi ciò che devo concederti”. Dobbiamo tenere questo nel nostro cuore quando siamo di fronte all’incapacità di risolvere la diversità. Non è il pellegrinaggio, l’accendere le candele ciò che conta, ma l’entrare nel mistero dell’amore di Dio che ci continua a fere vivere nelle nostre difficoltà ma con la certezza della vicinanza di Dio. È il momento di fare uno scatto, anche nelle singole coppie. Dio ci ha unito e non vuole che qualcosa ci separi; per questo dobbiamo capire che possiamo chiedere a Lui “ciò che deve concederci”. Il matrimonio è un rapporto a tre: due si uniscono ed uno unisce.
La vita va vissuta umanamente senza pretese miracolistiche, ma con la certezza di Dio come autore di ciò che viviamo nelle tensioni di ogni giorno. Facciamo un esercizio penitenziale: non progettiamo il bene dei figli e dei coniugi, non riconduciamo l’altro a noi stessi, ma facciamo emergere le verità che sono nel cuore di ciascuno.
L & F
Ci sembra che parlando di comunità, e cristiana in particolare, si debbano distinguere come dei cerchi concentrici. Il più piccolo è la nostra famiglia, casa nostra; il secondo è il palazzo, il nostro quartiere, il territorio; il terzo è allargato alla nazione, fino a coinvolgere tutta l’umanità. Sono cerchi ampiamente comunicanti, guai a considerarli come entità chiuse, o peggio da difendere. Analizziamo un cerchio alla volta. Iniziamo dalla famiglia, piccola chiesa domestica, ecclesìola, come la chiama amorevolmente Giovanni Paolo II. È il primo luogo dove si deve riconoscere e trasmettere la fede; è il primo luogo dove si vive l’amore, che deriva da quella scelta di fede. Questa scelta d’amore riesce a far superare anche delle crisi di identità che la famiglia può riconoscere, per la caduta di modelli che per secoli la hanno retto , e con essa la società. Non esiste più l’indissolubilità del matrimonio, almeno di quello civile; non esiste un capofamiglia riconosciuto e autoritario; grazie al sempre maggiore rapporto paritario tra uomo e donna si vanno ridefinendo i ruoli; i figli difficilmente sono sottomessi ai genitori. Tutto questo crea scompiglio e confusione, se non si torna alla scelta iniziale del Matrimonio: appunto la scelta dell’amore, che significa soprattutto rispetto e accettazione… Ma il modello del rispetto, dell’accoglienza, dell’attesa si offre anche per i rapporti tra coniugi; è come (fa tremare i polsi solo a sentirlo) se ci venisse l’indicazione di essere disposti anche ad allontanamenti, a separazioni (di spirito e di corpo) del coniuge , pur di riprendere il cammino dell’unità a cui ci chiama il Matrimonio. Come se ci venisse l’indicazione “Non vi preoccupate, è naturale, può accadere che ci sia un calo di affettività, che ci sia stanchezza nel rapporto di coppia. Ma l’Amore sa aspettare, l’Amore sa perdonare, l’Amore sa ricominciare”. Aspettare, perdonare e ricominciare sono le indicazioni date dalla legge dell’amore alle nostre famiglie, ad iniziare dalla coppia .
Il secondo cerchio è quello del territorio, con gli altri che ci vivono vicini, e qui diventa un po’ più difficile, in quanto si incontra maggiormente la diversità. Ma anche qui, se vogliamo comportarci cristianamente, siamo chiamati all’amore, che significa un atteggiamento di accoglienza, di attenzione, di gentilezza. In una parola, ed è il motivo conduttore di questa chiacchierata: Costruire il rapporto. Anche quando è difficile.
L’ambito in cui si vive concretamente e immediatamente la comunità cristiana è certo quello parrocchiale. Da quasi 50 anni facciamo quest’esperienza, e ne siamo contenti. Abbiamo sentito, prima singolarmente e poi anche in coppia, che non bastava l’impegno a casa, che siamo chiamati a costruire una famiglia più grande, se vogliamo seguire Cristo.
Anche quando è iniziata la nostra storia insieme, abbiamo riscontrato una comunanza e una diversità: seppure con una fede condivisa, le scelte applicative sono state molto spesso diverse. Eppure, proprio per questo arricchenti, anche se non condivise al 100%. In ogni caso, abbiamo curato di percorrere un cammino insieme, ed in questo ci hanno molto sostenuto i colloqui che mensilmente siamo riusciti ad avere (insieme e singolarmente) col nostro confessore; le visite che facevamo a persone sofferenti, l’Eucaristia che già da allora cercavamo di celebrare insieme. Essere in una comunità ci ha molto aiutati a crescere come coppia, anche per il rapporto con altre coppie di fidanzati e di sposi. Sempre siamo stati aiutati dai sacerdoti di questa comunità, in cui abbiamo riscontrato apertura, dialogo, empatia. Per questo e per l’amicizia che ci lega ancora a molti di loro ringraziamo il Signore: è un grande dono che riconosciamo di avere ricevuto. Tuttavia, come in ogni famiglia, anche in parrocchia non sempre è stato facile la costruzione dell’unità. Soprattutto quando è mancata la possibilità di un rapporto autentico, basato sulla sincerità, conoscenza, comprensione, rispetto, stima, fiducia (sono i pilastri di un autentico rapporto, quelli che proponiamo ai fidanzati).
Fulvio: Proprio grazie a Famiglie Insieme, abbiamo anche imparato, che, per il bene comune, occorre rinunciare ad alcune tentazioni di azione, che possono diventare preoccupazione. Occorre dare spazio agli altri, anche a costo che le cose poi non vadano come si è desiderato. Sono ancora molto grato a chi, dopo un nostro incontro di verifica, disse chiaramente che certe mie proposte potevano sembrare troppo “incanalanti” per Famiglie Insieme, fino ad essere soffocanti. Da allora, ho capito che è bene condividere maggiormente, rispettare i tempi, saper aspettare. Per me non è facile, ma per amore si può. La critica costruttiva, quindi, la correzione fraterna, ma dobbiamo dire che grazie anche a queste piccole croci, si cresce nella costruzione dell’insieme, della comunione, e poi ne derivano anche consolazioni; si sente quella bellezza del volersi bene; e questo “sentire il corpo” ti rassicura, ti sostiene
Certo, a volte si identifica la comunità parrocchiale col gruppo ristretto che frequenta più assiduamente la parrocchia, che magari si impegna:… Allora , come viviamo l’amore per chi viene fedelmente o occasionalmente nelle nostre assemblee (la più importante, che la saggezza della Chiesa propone nel giorno del Signore, è l’Eucaristia domenicale)? Come viviamo l’amore per quelli che non vengono mai, i “lontani”? Non possiamo stare qui ad aspettare: il Signore ci manda. Allora, per prima cosa accogliamo tutti con affetto, senza giudicare. Non stanchiamoci di proporre ed invitare.
Linda: Infine, l’aspetto allargato della comunità, il nostro paese, e poi il mondo. Un breve cenno ed un pensiero: non si può rimanere confinati negli stretti limiti nazionali; avvertiamo la necessità di considerarsi cittadini del mondo, e quindi di evitare i particolarismi, i nazionalismi, i respingimenti; il discorso potrebbe svilupparsi, ma andremmo troppo in là; prendiamo solo in considerazione l’aspetto ecclesiale, anche ricordando il significato del termine “cattolico” che contraddistingue la nostra fede: vuol dire Universale.
E quindi dobbiamo allargare gli orizzonti, essere attenti alle indicazioni del Magistero, del Vescovo, che rappresenta l’unità che vogliamo costruire. Anche quando non siamo del tutto d’accordo; anche quando siamo feriti dalle incoerenze, dalle infedeltà; anzi, proprio in quel momento, dobbiamo amare di più, pregare di più, invocare lo Spirito Santo perché ispiri soprattutto chi ha maggiori responsabilità. Questa è la marcia in più di chi crede: potersi sempre riferire alla sorgente dell’Amore e della Sapienza, anche nel momento del dolore, della Croce e della divisione, perché così ci ha insegnato Gesù. Questo significa essere fedeli e fiduciosi, cioè uomini di fede, anche quando certe lentezze, certe incomprensioni, certi dolori sembrano paralizzare la via dello Spirito. Allora più che mai diventa necessario riscoprire il rapporto col Padre misericordioso, farsi permeare della pazienza, della sua fiducia, del suo affidarsi, del suo saper ricominciare, pur con un figlio finito tra i porci. Che sono il segno del suo grande amore.
E lasciamo a tutti noi queste parole come proposta di vita, fondamentale per costruire un rapporto umano autentico, che è la base della comunità: pazienza, fiducia, affidamento, saper ricominciare. Che significa: più amore.
Per leggere tutto l’intervento
S.a
La mia esperienza di vita cristiana è stata caratterizzata da diversi percorsi: da bambina sono cresciuta in una chiesa a via Manzoni con un parroco tipo don Milani , poi da ragazza ho conosciuto la Comunità di S. Egidio dove ho vissuto per 17 anni la profondità della vita comunitaria; con la nascita dei miei figli , ho cercato una realtà ecclesiale adatta alla loro età girando molte chiese della mia zona. Non è stato facile trovare ciò che cercavo dopo la profondità di Parola della realtà comunitaria fin quando il Signore ci ha portato a Piedigrotta. Ritornare a vivere la realtà della chiesa non è stato facile ma oggi sono grata a Dio dell’essere “figlia della Chiesa”. In questi anni ho incontrato varie realtà e diversità , ognuna con pregi e con limiti e ho capito che tutto è disegno di Dio se vissuto con fede nei vari carismi.
Quest’anno durante la preghiera delle lodi mattutine del venerdì santo mi hanno colpito due frasi di un’antica omelia che dicono più o meno così:
“Gesù ha dato il suo sangue per formare la Chiesa” e “noi siamo nati per il sangue e il corpo di Gesù”. In un periodo in cui spesso mi chiedo il senso profondo della vita, in un mondo così sfasciato, queste parole mi hanno aiutato a capire che sono nata per formare la Chiesa e viverla in ogni momento della giornata: a casa, a lavoro, per strada, in chiesa, tra chi ti disprezza e tra chi ti ama: è vivere quella diversità alla quale Dio ti chiama. Vivere in profondità la vocazione cristiana significa anche avere l’audacia dell’annuncio della verità a costo di una grande solitudine e scomodità ma è stesso la libertà dell’essere figlia di Dio che ti permette ciò.
M.o
Nel mio cammino di fede, ho sempre unito alla preghiera personale l’impegno in parrocchia, insieme a mia moglie, prima da giovani poi da sposati e genitori.
Non sempre siamo passati per esperienze entusiasmanti e a volte ci siamo sentiti in difficoltà. A volte addirittura abbiamo dovuto cambiare aria. La diversità nella Chiesa esiste, come esiste nel mondo, ma purtroppo spesso si sperimenta la diversità che divide piuttosto che una diversità che crea una complementarietà necessaria ed arricchente.
Come fare a capire chi è diverso? È diverso l’altro che non pensa o non si comporta come me o sono diverso io che non mi comporto come il mio vicino, il mio fratello. Non è facile rimanere distaccati dal giudizio, che molto spesso si volge a nostro favore.
Nei tanti anni che sono alle nostre spalle e nei tanti incontri fatti si impara a riconoscere quel diverso che ci arricchisce perché ci porta a completare quello che a noi manca. Ed il pensiero va alle tante persone che hanno fatto crescere la nostra vita perché, diverse da noi, ci hanno aperto ad una mentalità nuova e ad un atteggiamento differente.
Ma il pensiero va anche alle tante persone che ci sono apparse diverse nel senso brutto del termine, diverse da noi perché forse non accettate; occasioni perdute di capire in pieno una ricchezza che non siamo riusciti a scoprire. E rimane anche il dubbio che anche il nostro operare non abbia influito sulla vita di un altro e che, nonostante l’essere vicino, abbiamo camminato come canali paralleli senza incontrarsi.
D.G.
S. Paolo ha dedicato il cap. 12, 13 e 14 della 1° ai Corinti al tema della diversità nella Chiesa.
S. Agostino commenta:
“La mano della usa grazia, la mano della sua misericordia ha modellato i nostri cuori, ed egli che ha modellato i nostri cuori uno per uno, ha dato a noi, ad ognuno di noi, il nostro cuore, cuori però che devono rimanere nell’unità. Così ogni membro del nostro corpo è stato formato singolarmente, ognuno ha la sua propria funzione, ma tutte le membra vivono nell’unità del corpo. La mano fa quello che l’occhio non fa, l’orecchio compie quello di cui non sono capaci né mano né occhio. Ma tutti agiscono in unità e, benché adempiano funzioni diverse, mano, orecchio, occhi non si combattono tra loro.”
Analogamente avviene nel corpo di Cristo: tutti gli uomini, come le membra, si rallegrino dei propri doni. Infatti ha modellato uno per uno i loro cuori colui che su è scelto un popolo per erede… Allo stesso modo che nelle nostre membra (del corpo) le funzioni sono diverse, ma nell’unità della salute, così anche in tutte le membra di Cristo i doni sono diversi, ma nell’unità dell’amore.
Senza invidia: “se tu ami l’unità, allora ciò che ciascuno possiede in essa, lo possiede anche per te:Togli l’invidia e ciò che è mio è tuo; tolgo l’invidia e ciò che è tuo è mio” (Agostino)
Fratello e sorella nel Signore: in ognuno amare il Signore: hai visto tuo fratello, hai visto il Signore.
Amore che serve: “dal cielo egli dà, sulla terra egli prende. Il medesimo dà, il medesimo prende.”
Amore che perdona: per ritornare nell’unità del corpo di Cristo, ristabilire la pace, almeno nell’intimo di ciascuno.
Amore che rispetta: in considerazione dell’essere membra l’uno dell’altro: Perciò vederci in Cristo che ci unisce: In Paolo andarono a Roma Paolo e Cristo