I “passi” di Famiglie Insieme
nel 2019-2020
“Amoris Laetitia”
Si è considerata la II parte del IV capitolo dell’Amoris Laetitia “CRESCERE NELLA CARITA’ CONIUGALE” dal paragrafo 120 al 141
Ha introdotto Franco Branda; in coppia hanno studiato per questa introduzione
Franco: il Matrimonio significa due persone in comunione, il che diventa immagine dell’amore che circola nella Trinità- Questo paragone spaventa, ma lo stesso papa indica di non caricare dipesi troppo gravosi. Il progetto così grande può essere sostenuto dal dono della grazia. Ci sono dei metodi semplici e alla portata di tutti per far crescere e durare l’amore coniugale: il papa ribadisce le tre parole “magiche”: permesso, grazie, scusa. Se pronunciate e vissute spesso danno una grande mano. Nella coppia ha grande importanza il dialogo, tenendo presente il bisogno di essere ascoltato
Lucia: Fondamentale vivere l’unità nella diversità. Questo paragrafo, come tutta l’esortazione, è da considerare come un vademecum del matrimonio, da rileggere e vivere sempre
Brunella: Non esiste l’amore perfetto, la coppia modello come ci impone la pubblicità. Un aspetto importante nel dialogo è avere qualcosa di dirsi. Quindi è importante per ognuno coltivare interessi, leggere, per donare all’altro.
Pino: è un continuo allenamento a comportarsi con il partner
Fulvio: sottolinea e rilegge i paragrafi 127 e 128, in cui si valorizza la bellezza come “qualcosa che va al di là delle attrattive fisiche e psicologiche, che ci permette di gustare la sacralità dell’altro, senza la necessità di possederlo”; la tenerezza è “manifestazione dell’amore che si libera dal desiderio di possesso egoistico”; la contemplazione che “considera l’altro come un fine in sé stesso” . Quanto è importante nella vita familiare questo sguardo contemplativo, che apprezza, incoraggia, valorizza!
Carlo: l’altro, il partner, è qualcosa di più del tuo compagno di vita, è tuo , ti è affidato. C’è il diritto di sbagliare e di crescere. La parola gioia è la chiave di lettura del documento e della vita coniugale
Giuseppe Tuppo (per la prima volta con noi in un incontro) : non ho mai avuto il desiderio di sposarmi
Franco: bisognerebbe continuare la condizione dell’innamoramento
Brunella: sottolinea i paragrafi 131 e 132 in cui si incoraggiano i giovani a compiere la scelta del matrimonio
Maria : sostenere i giovani. Si può anche nella vita coniugale trovare altri interessi
Franco: nel dialogo, il silenzio ha anche un grande valore. Bisogna sapere di poter contare sull’altro.
Carlo: qui si parla di amicizia come forma di carità. E’ possibile l’amicizia tra uomo e donna, anche al di fuori della vita coniugale?
Linda: l’amicizia è componente fondamentale dell’amore coniugale, che si fonda su tre pilastri, come diciamo ai giovani nei percorsi prematrimoniali: Eros (l’amore di passione, la sessualità), Filìa (l’amore di compagnia, l’amicizia) e Agape (l’amore di donazione, la carità).
Giuseppe: l’amicizia è fondamentale, significa che “insieme si può”, implica rispetto; è trovarsi uniti in obiettivo comune. Vivo questi elementi e le suggestioni dell’Amoris Laetitia anche nella mia comunità, per cui ritengo che l’amicizia è fondamentale nel vivere insieme.
Si riporta qui il testo preparato per presentare la terza ed ultima parte del capitolo 4.
Nel capitolo IV della Amoris Laetizia abbiamo dapprima meditato sull’inno alla carità dalla lettera di San Paolo ai Corinti, riletto dal punto di vista dell’amore, sostituendo alla parola “carità” la parola “amore”.
Nel secondo incontro, rileggendo i paragrafi 120 – 141, abbiamo approfondito il valore della carità legandola alla carità coniugale. E si è sottolineato come la vita matrimoniale è il luogo fecondo dove vivere la carità, nella scelta e nella dedizione all’altro ma anche nel rispetto, nell’attenzione, nel dialogo per crescere insieme anche nei momenti di difficoltà.
Questa sera pensiamo di proporre due momenti di riflessione che ruotano intorno ai due paragrafi dal titolo “Amore appassionato” e “La trasformazione dell’amore” (142-162 e 163-164).
Il legame sponsale di cui abbiamo parlato si basa certamente su due elementi fondamentali che sono i sentimenti e la sessualità vissuti nel matrimonio.
Il vivere emozioni, sentimenti, desideri, in una parola le “passioni” è proprio dell’essere umano. Di Gesù stesso (144) sono state descritte queste emozioni in più episodi della sua vita terrena.
“Quello che è bene o male non è nella passione in sé ma quello che si compie spinto da una passione” (145).
La vita matrimoniale quindi trova giovamento se le “passioni” che l’alimentano trovano sbocco in gesti positivi tendenti al bene. Ovviamente le stesse “passioni” possono spingere, nella stessa vita familiare, a compiere azioni malvagie. Come si legge al 145 “quello che è bene o male è l’atto che uno compie spinto e accompagnato da una passione”.
Al 146 si legge “la maturità giunge in una famiglia quando la vita emotiva dei suoi membri si trasforma in una sensibilità che non domina né oscura le grandi opzioni e valori ma che asseconda la loro libertà”.
La convinzione che la Chiesa è nemica della felicità umana si è sempre affermata nei secoli e tanto più nei tempi attuali. Ma una lettura attenta mostra che l’insegnamento della Chiesa, fedele alle scritture, non rifiuta l’eros come tale ma rifiuta il modo scorretto di divinizzare l’eros, privando l’essere della sua dignità.
Ci vuole quindi una educazione all’emotività, che purtroppo nei tempi attuali si è andata sempre più riducendo, per fare in modo che le “passioni”, vissute bene possano essere orientate ad un progetto di realizzazione e di arricchimento.
Al 148 si legge “Non implica rinunciare ad istanti di vera gioia, ma assumerli in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita di famiglia e tutto questo e merita di essere vissuta interamente”.
Passando a parlare della sessualità, il testo ci propone prima una riflessione sulla dimensione erotica dell’amore, che può sfociare, se male interpretata nella violenza e nella manipolazione. Viene proposta infine un parallelo tra il matrimonio e la verginità, due forme diverse per vivere i sentimenti propri dell’amore.
La sessualità è un grande dono di Dio all’umanità e san Giovanni di Paolo II, nelle sue catechesi, ha più volte sottolineato come il coltivare e il controllare questo dono serve a non impoverirlo.
La sessualità è un linguaggio che va imparato, perché non è soltanto sorgente di fecondità e procreazione ma capacità di esprimere l’amore nel quale l’uomo e la donna si donano (151).
Quindi papa Francesco sottolinea ancora una volta con chiarezza nella catechesi della chiesa che la dimensione erotica dell’amore non è un “male permesso o un peso da sopportare per il bene della famiglia”, ma un dono di Dio che abbellisce l’incontro degli sposi.
La Chiesa ha scoperto e continua a scoprire il valore della sessualità ed anche dell’erotismo, proponendo una giusta valutazione di entrambi.
Occorre qui sottolineare, nella nostra condizione di persone adulte, che questi insegnamenti quando eravamo giovani, non venivano proclamati con forza dalla Chiesa. Chi di noi ha avuto la fortuna di essere guidato da figure eccezionali, specialmente da sacerdoti o padri spirituali, ha trovato un vero dono per vivere la propria unione matrimoniale in armonia con la propria fede.
Sta a noi interpretare e trasmettere questo valore a chi è più giovane in un mondo che sta sempre di più cambiando, anticipando, in termini di età, “l’utilizzo di questo linguaggio”, senza esserne padroni. Si è passati da un legalismo eccessivo ad una mancanza di leggi.
L’atteggiamento nella Chiesa sta cambiando. La nostra esperienza nel guidare i giovani al sacramento del matrimonio ci dice che c’è meno ipocrisia nell’affermare le proprie scelte ed anche noi lo stiamo vivendo nel rapporto con i nostri figli, non solo accettando, ma forse in parte condividendo scelte che ai nostri tempi sembravano da escludere.
Il paragrafo successivo sulla violenza e la manipolazione scaturisce in qualche modo dal punto precedente. Perché nel contesto della visione positiva della sessualità si aprono forme quasi di patologie che distolgono dall’uso corretto della sessualità stessa.
La nostra vita odierna è dominata dall’ “usa e getta”, il corpo dell’altro, invece di essere luogo di dialogo e di unione può diventare qualcosa da usare finché se ne sente la necessità.
Da qui la forma di dominio, prepotenza, perversione e violenza sessuale che sono solo frutto di una distorsione della comprensione profonda della sessualità, ma che seppelliscono totalmente la dignità dell’altro.
Anche all’interno del matrimonio può esistere tale deviazione e già San Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi esortava “che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello” nonostante, come noto, viveva in un’epoca dominata dalla cultura patriarcale.
Occorre anche dire che leggiamo episodi di violenza ogni giorno. Non è solo una crescita statistica del fenomeno. C’è anche una maggiore sensibilità a denunciare le violenze subite che una volta si tenevano nascoste, forse anche nel segreto della confessione, per ipocrisia o per paura del giudizio della gente.
Un paragrafo che ci sembra importante è il 156 che parla di sottomissione sessuale.
Il papa sottolinea che occorre comprendere bene il testo di Efesini 5,22 (“le mogli siano sottomesse ai loro mariti”) leggendo il testo spogliato dai rivestimenti culturali dell’epoca.
San Giovanni Paolo II afferma: “l’amore esclude ogni genere di sottomissione… la comunità e l’unità che essi debbono costituire a motivo del matrimonio, si realizza attraverso una reciproca donazione, che è anche una sottomissione vicendevole”.
In Efesini 5,21 si dice: “Siate sottomessi gli uni agli altri”.
Al 158-161 l’esortazione traccia un paragone tra la scelta del matrimonio e la scelta della verginità. Richiamando quanto detto da san Giovanni Paolo II si riafferma che dai testi biblici non ci sono elementi per definire la superiorità o l’inferiorità di una scelta rispetto ad un’altra. Sono da considerarsi stati diversi di vita in qualche modo complementari, ciascuno perfetto nel suo ambito.
Al 161 si legge: “mentre la verginità è un segno escatologico di Cristo Risorto, il matrimonio è un segno storico per coloro che camminano sulla terra, come Gesù che decise di unirsi alla natura umana”.
Il celibato a volte può rischiare di trasformarsi in una comoda solitudine che offre libertà di movimento e decisioni. L’esempio delle coppie sposate, che dedicano la vita nello stare insieme anche quando le condizioni diventano difficili, può indicare a chi fa la scelta del celibato la strada di una maggiore dedizione agli altri e non solo a sé stessi.
L’ultimo paragrafo di questo capitolo IV sembra, a nostro avviso, più dedicato a noi qui presenti.
Si intitola “la trasformazione dell’amore”. Parte dalla considerazione che l’allungamento della vita porta ad unioni che durano a lungo e che vedono tanti cambiamenti che richiedono di rinnovare la propria scelta matrimoniale.
“Non possiamo permetterci di avere gli stessi sentimenti per tutta la vita” (163). Ma la scelta di un progetto comune, confermato ogni giorno, è un voler bene più profondo che coinvolge tutta l’esistenza. Anche in mezzo ai conflitti o alle variazioni di umore che accompagnano l’evoluzione della vita ci può e ci deve essere un sentimento più profondo che è la decisione di amarsi e di appartenersi, di condividere e di perdonarsi.
Nel corso degli anni si scopre che ci si è innamorati di una persona intera e non solo di un corpo per cui, quando questo cambia, non cessano le sensazioni ed i sentimenti che si sono provati inizialmente.
Occorre risvegliare nuove forme di emozioni perché “l’emozione provocata da un altro essere umano come persona non tende di per sé all’atto coniugale”, ma acquisisce altre espressioni sensibili: “l’amore è un’unica realtà seppure con diverse dimensioni, che acquisiscono di volta in volta maggiore spessore.
È un cammino quindi da costruire ogni giorno invocando lo Spirito Santo perché con il suo fuoco possa ispirare il nostro amore per rafforzarlo, orientarlo e trasformarlo nelle situazioni che dobbiamo affrontare e nella vita di ogni giorno.
I 10“mai” del matrimonio
10 situazioni da evitare nel matrimonio
Nel rapporto coniugale, esistono varie situazioni che anziché aiutare la coppia finiscono per creare ferite che all’inizio possono sembrare insignificanti, ma col tempo diventano assai nocive.
Ecco 10 situazioni da evitare nel matrimonio:
- Non parlate mai male del coniuge con nessuno
I panni sporchi si lavano in casa, dice la saggezza popolare. È meglio che si parli e si risolvano i problemi tra i coniugi. Coinvolgere terze persone può complicare le cose, perché anche se la tempesta passa i membri della famiglia se ne ricorderanno sempre, o peggio ancora, prenderanno posizione in modo poco obiettivo.
La comunicazione sincera e opportuna è la soluzione migliore. Se cercate un consiglio, è meglio ricorrere a una persona neutrale, esterna alla famiglia, preferibilmente un consulente spirituale, un terapeuta familiare o una coppia con più esperienza e che sia in grado di orientare.
- Non parlate né pensate mai al singolare
Dal momento in cui entrambi hanno detto “Sì”, sono diventati una sola carne e un’anima sola. Questo implica il fatto di condividere i beni materiali, motivo per il quale bisogna sempre pensare al plurale al momento di prendere le decisioni, soprattutto quelle che coinvolgono il denaro.
Allo stesso modo, il linguaggio dev’essere coerente con questo impegno, ovvero parlare al plurale quando ci si riferisce a progetti o attività comuni: la nostra casa, la nostra macchina, siamo usciti, abbiamo deciso di rimandare questo fatto…
- Non gridate mai
Le grida sono una mancanza di rispetto che deteriora i rapporti, non appartengono al linguaggio dell’amore. Esistono altri modi di esprimere disaccordi e differenze. Non è poi questo l’esempio che si vuole dare ai figli. Con quale autorità chiederete loro di non gridare con i fratelli, i compagni o addirittura i genitori?
- Non andate mai a dormire senza aver concluso una discussione
A volte l’indifferenza e il silenzio sembrano risolvere i problemi, ma non è così. Lo strumento migliore è la comunicazione opportuna, quando entrambi hanno pensieri chiari e freddi.
Anche se bisogna dedicare del tempo a riflettere prima di parlare, non si può permettere che la discussione continui il giorno dopo, perché può peggiorare le cose.
I coniugi sono una squadra, e devono lavorare insieme per risolvere i loro problemi, senza incolparsi e aggredirsi, ma imparando molte volte a cedere.
- Non smettete mai di dare il vostro feedback all’altro
In certi casi, i grandi conflitti sono la conseguenza della repressione di piccole scomodità quotidiane. Quando qualcosa del vostro coniuge vi dà fastidio (un gesto, una parola, un comportamento…), comunicateglielo immediatamente, e cercate insieme una via d’uscita. Risolvere le cose per tempo impedisce di alimentare rancori e che i problemi diventino più grandi di quello che sono in realtà.
- Non anteponete mai i figli al coniuge
Anche se i figli richiedono attenzioni e cura da parte dei genitori, dev’essere chiaro che la priorità è la coppia. Se la coppia sta bene, staranno bene anche i figli. L’armonia tra gli sposi genera un ambiente stabile e felice per i figli.
- Non discutete mai davanti ai figli
I figli devono essere un fattore d’unione nel matrimonio. Un litigio davanti a loro può generare insicurezza nei piccoli, oltre ad avere effetti a lungo termine, come aggressività, ansia e depressione. Se si deve discutere di qualche cosa, è importante rimandare, cercando il momento e il luogo adeguati.
- Non perdete mai il romanticismo
Il romanticismo è uno dei più grandi alleati della coppia per mantenere l’amore vivo nel corso degli anni. È per questo che i coniugi devono cercare del tempo per stare da soli, senza figli. Ogni giorno dev’essere pieno di dettagli per riconquistare il coniuge, sottolineandone le virtù, non i difetti.
- Non entrate mai in conflitto con la famiglia del coniuge
Il rapporto con la famiglia del coniuge è un problema per molti, ma anche nei casi in cui, per varie ragioni, non è possibile una fraternità, bisogna conservare un minimo di cordialità e di rispetto per il bene di tutti.
- Non dimenticate mai Dio
E infine la cosa più importante: mettere Dio al centro della vita matrimoniale e familiare. Quando Dio è presente nella vita quotidiana e in tutte le decisioni, l’amore regna sicuramente nella casa.
Il tema dell’incontro doveva essere la seconda parte del V capitolo dell’Amoris Laetitia, ma si è sviluppato piuttosto una condivisione sincera e fraterna.
Considerando i paragrafi 178 e 179 dell’A.L. che parlano di fecondità allargata, indicando l’adozione e l’affido come “via per realizzare la maternità e la paternità in un modo molto generoso”, Brunella e Pino hanno raccontato la loro esperienza, risalente ad una trentina di anni fa, quando, appena sposati, volevano intraprendere la via dell’adozione, convinti di non poter avere figli per le condizioni di Brunella; poi, il Signore con la sua Provvidenza ha donato loro Emanuela. Si scontrarono subito con grandi difficoltà burocratiche; cogliendo il loro desiderio, un’amica gli propose di accogliere un ragazzino dalla situazione familiare difficile: la madre aveva abbandonato la famiglia, costringendo il marito a trasferirsi con i figli dai genitori, coi quali vivevano. Inizio un’ospitalità affettuosa e sempre più continua, anche se Enzo manteneva i contatti con la famiglia di origine, tanto che questa negò che si potesse concretizzare legalmente l’affido. La crescita di Enzo fu curata anche dal punto di vista scolastico, dove fu necessario un provvedimento drastico come chiedere che fosse bocciato, per consentirgli di acquisire nozioni basilari; non mutò nulla anche quando arrivò Emanuela, il dono del Signore per Brunella e Pino. I due crescevano come fratelli, almeno fino ai 14 anni di Enzo, quando il padre decise che doveva andare a lavorare: un’accoglienza e accompagnamento durati 7 anni, intensi e significativi, in cui tra l’altro fu curato anche il rapporto con la madre, cercando di rimuovere giudizio e rancore, per riconquistare un rapporto essenziale. La cosa riuscì, tanto che la nonna ha fatto da madrina ad una delle figlie di Enzo.
Il racconto, vitale ed emozionante, ha suscitato vari commenti
Lucia: la genitorialità nasce e si sviluppa nell’amore.
d.Giuseppe: è strano che non ci si meravigli di fronte al mistero della vita al suo nascere. Manca lo stupore per un vuoto esistenziale che sta invadendo tutti.
Linda: abbiamo dimenticato di trasmettere la fede e di darne il valore.
Franco: anche le leggi della genetica dovrebbero indurre l’atteggiamento di meraviglia per la vita che nasce.
Sergio: i giovani hanno bisogno di buoni maestri, che mancano.
d. Giuseppe: Paolo VI affermava che, piuttosto che i maestri, abbiamo bisogno di testimoni.
Linda: è venuta meno l’alleanza tra i vari protagonisti della proposta educativa.
Sergio: alcuni periodi della crescita sono delicati; l’adolescenza si vede come “malattia”, quando dovrebbe essere considerato un periodo delicato che necessita di maggiore attenzione, cura ed amore.
Lilly: è importante assicurare il proprio apporto, ricoprire il ruolo che compete nella piccola realtà che si vive.
Linda: in questo è fondamentale il ruolo degli anziani, che forniscono la memoria.
Lilly: i genitori sono oppressi e sentono il dolore di una vita, situazione, che non possono modificare, per mancanza di tempo.
L’incontro di questo sabato si è svolto in maniera diversa dal solito. Essendo in vigore il decreto di distanziamento sociale per l’epidemia del COVID19, non abbiamo potuto incontrarci nel salone parrocchiale ma l’incontro si è svolto in collegamento video dalle nostre case.
Nella “stranezza” della situazione siamo comunque riusciti a creare un clima di coesione e di partecipazione condividendo sia i nostri pensieri che la preghiera.
Sono stati presi in considerazione i paragrafi 199-230 del capitolo VI dell’Amoris Laetitia, riguardanti principalmente la preparazione al sacramento del matrimonio.
Come al solito di seguito si riportano brevi appunti sei singoli interventi.
Il nostro gruppo per età è certamente distante dai problemi del fidanzamento e dai primi anni del matrimonio.
Ma i tanti anni che sono alle spalle cosa ci fanno pensare di trasmettere ad una coppia di sposi che si sta preparando al matrimonio? In pratica cosa ci ha insegnato il matrimonio? Cosa vorrei trasmettere agli altri?
Nel preparare questo incontro ci siamo chiesti cosa abbiamo imparato dal matrimonio? Probabilmente è il mettere da parte l’io per pensare maggiormente al tu. Cosa mi aspetto dal matrimonio? Quale può essere il progetto di una vita in comune?
Leggendo i paragrafi 209 e 210, occorre suggerire ai futuri sposi di pensarci bene, sapendo che la realtà sarà diversa da quella che ci si aspetta. È importante capire e sapere che le situazioni cambiano e occorre ripartire ogni mattina. I paragrafi 214 e 218 ci suggeriscono che occorre dire un sì definitivo, e questo bisogna ricordarselo. C’è la grazia del Sacramento che alimenta la vita della famiglia. Il matrimonio non è solo difficoltà ma le cose belle si vivono facilmente mentre per quelle difficili occorre essere preparati
Leggiamo dal paragrafo 219: “il modo migliore di preparare e consolidare il futuro è vivere bene il presente.”
La prima domanda da porsi è se si vuole veramente celebrare il sacramento del matrimonio che impegna per la vita. L’amore è donarsi, perdersi,promettersi in pieno. Questo è quello che ci siamo giurati nel giorno del matrimonio.
Il “per sempre” fa paura ma capita non solo nella vita del matrimonio ma anche nella vita sacerdotale. Dimentichiamo però che nel matrimonio entra una terza persona che insieme con gli sposi vuole costruire la famiglia.
Quando ci siamo sposati il sacerdote ci disse che l’anello nuziale è il simbolo di un amore che ha inizio ma non ha fine: un amore circolare. La riconciliazione sacramentale è un punto fondamentale non solo per la propria vita di fede ma anche per ritrovare l’unione interpersonale. Direi alle coppie giovani che è molto bello ritrovarsi ogni giorno dopo tanti anni. L’importante è trovare un compagno con cui si è capaci di condividere le scelte. Per cui ci vuole consapevolezza nella scelta ma una scelta ben fatta viene restituita con il passare del tempo.
Il matrimonio si vive e si dimostra. Abbiamo avuto il dono di incontrare tante coppie che ci hanno donato molto. Noi abbiamo solo cercato di dire loro: “si può fare”. Il matrimonio è una vocazione e quando incontriamo dei giovani cerchiamo di dare questo messaggio: insieme si supera l’io pensando al noi.
Si deve anche dire che ci sono difficoltà che però si possono superare anche grazie all’aspetto sacramentale del matrimonio. La scelta, anche quella di porre Dio al centro della vita matrimoniale, ma fatta giorno per giorno.
Per mantenere un matrimonio saldo occorre volerlo ma occorre anche aprirsi chiedendo aiuto a persone che possono far vedere punti che, nel chiuso di una coppia, non si riesce a distinguere.
I fondamenti del matrimonio civile e religioso sono uguali. Entrambi hanno bisogno di preparazione. Quello che è un di più nel matrimonio religioso è la presenza di Dio. La fedeltà è richiesta in entrambe le scelte. E si vedono coppie sposate civilmente che danno esempio di fedeltà a volte superiore a chi ha invece scelto il matrimonio sacramentale. Il “per sempre” fa paura ma la presenza della terza persona può dare una marcia in più.
Il dramma che si vive è la mancanza della reciprocità. Occorre il coraggio di preparare anche il matrimonio civile per insegnare anche in quella realtà la bellezza del “per sempre” che vale anche nel matrimonio civile.
Il nostro matrimonio diventa ora una testimonianza innanzitutto per i figli ma anche per tante altre coppie che abbiamo seguito nei corsi di preparazione. Ho sempre sottolineato come fosse un passaggio del testimone. Nel paragrafo 218 si dice: “ Lo sguardo si rivolge al futuro che bisogna costruire giorno per giorno con la grazia di Dio. Antonio Gentile che interviene nei corsi prematrimoniali come psicologo invita i ragazzi ad avere un progetto; questa prospettiva fa spaventare di meno rispetto al “per sempre”. L’altro aspetto che abbiamo sempre sottolineato è l’apertura agli altri. Diciamo loro: non dimenticate che fate parte di una comunità, che può essere la parrocchia o una cerchia di amici; il segreto è quello di confrontarsi sempre con gli altri.
Il matrimonio è come un pittore che si pone davanti ad una tela bianca. Ha inizialmente solo in mente cosa vuole realizzare ma poi lo deve realizzare veramente.
Il passo del nostro matrimonio è stato quello della casa costruita sulla roccia. Io in quella casa ci abito ancora anche se sono rimasta sola. Mio marito è presente vicino a me nelle cose che faccio, nei racconti ai nipoti, in tante piccole cose. La casa ben costruita dura per sempre anche quando una persona della coppia viene a mancare. Occorre trasmettere la gioia e non la fatica di costruire, vivendo la vita matrimoniale con gioia.
Quando sono arrivato qui in parrocchia come parroco avviando i corsi di preparazione al matrimonio volli a fianco a me una coppia. Come sacerdote io potevo illustrare la dottrina o solo una catechesi sul matrimonio. Ma una coppia poteva invece portare la propria testimonianza. Diceva Paolo VI: “non abbiamo bisogno di maestri ma di testimoni”.
Una cosa importante è di saper chiedere aiuto perché nel condividere c’è un arricchimento. Dobbiamo testimoniare sempre la gioia delle nostre scelte: a me di essere prete a voi di essere una coppia.
Essendo ancora in vigore il decreto di distanziamento sociale per l’epidemia del COVID19, e specialmente il divieto di incontri numerosi nello stesso locale anche questo mese l’incontro si è svolto in collegamento video dalle nostre case.
All’inizio dell’incontro abbiamo recitato una preghiera implorando la protezione in questo tempo di pandemia.
Padre santo,
siamo una piccola rappresentanza di famiglie che, in modo insolito, desiderano vivere un tempo di preghiera, di spiritualità e di riflessione.
Tu conosci il momento che vive l’umanità e noi con loro.
Sebbene lontani, ognuno nella propria casa, il tuo Spirito, abbattendo muri e coprendo lontananze, in Gesù ci fa essere una cosa sola.
Desideriamo vivere un tempo di comunione con Te e tra di noi, per incoraggiarci e sostenerci vicendevolmente nella fedeltà alla tua Parola e all’alleanza che il giorno del nostro matrimonio abbiamo sancito tra di noi e con Te.
Fa che siamo sempre quella realtà di cui Tu, guardandoci, ti possa rallegrare e dire come come dicesti di Adamo ed Eva: “Dio vide” era una cosa molto bella.
Tutto è grazia.
Questo tempo di coronavirus, ci ha portati, anche come coppia, a vivere maggiormente gomito a gomito.
Abbiamo riscoperto quanto siano importanti i piccoli gesti, quotidiani le piccole attenzioni che nutrono i cuori innamorati.
Ci siamo sentiti maggiormente parte di questa umanità che non offre scorciatoie personali, perché legati gli uni agli altri nel bene come nel male, siamo tutti sulla stessa barca.
Padre santo, ti preghiamo per quanti in questo momento vivono situazioni difficili, i malati, i moribondi, le loro famiglie;
Ti ricordiamo quanti per il lungo tempo di inattività e per la lenta ripresa del lavoro, hanno sofferto e soffrono per il pane quotidiano.
Ti preghiamo per le famiglie in buona salute, per quelle che hanno perso l’entusiasmo del primo amore.
Ti raccomandiamo gli sposi che da tempi più o meno lunghi si sono lasciati.
Ti affidiamo quanti portiamo nel nostro cuore.
Il tuo Santo Spirito, dono del Cristo Risorto, risvegli in noi la consapevolezza e la certezza che tu sei Padre
e vegli su di noi e non dimentichi le tue creature.
Per la nascita, la passione e morte e risurrezione di Gesù conservaci nel tuo amore.
Lo Spirito ci doni la gioia di essere tuoi figli.
Amen
A seguire abbiamo recitato il salmo 22
1 Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
2 su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
3 Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
4 Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
6 Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
A seguire il resoconto dell’incontro.
La seconda parte del capitolo 6, su cui riflettiamo stasera, può essere divisa in tre parti preceduta da paragrafo 231 che illustra l’amore che matura, l’amore che si fa diverso col passare del tempo così come noi, coppie qui presenti, sperimentiamo ora nella nostra vita. Questa maturazione deve essere consegnata alle giovani coppie per entusiasmarle e così ripetere un cammino simile.
Per rendere vivo quanto descritto dal paragrafo 231, viene proposto l’ascolto del brano “La donna della sera” di Angelo Branduardi.
Il resto del capitolo può essere diviso in tre grandi blocchi: la crisi, la separazione, e le situazioni critiche.
Ogni crisi può essere l’occasione per imparare a bere un vino migliore. Anche in questo caso i coniugi esperti possono aiutare le giovani coppie nell’affrontare la crisi. Non affrontare la crisi può rappresentare un ostacolo, occorre sempre mantenere vivo il dialogo. Ma per farlo occorre essere allenati. Non si può all’improvviso, quando necessario, pensare di essere capaci di dialogare quando non lo si è mai fatti; e specialmente se si sta vivendo un momento di crisi.
Il papa passa in rassegna le varie crisi che, con il passare degli anni, possono essere incontrate dalle coppie. Come già detto occorre mantenere sempre un dialogo ed imparare a perdonare. A questo scopo serve anche la presenza degli amici, il consiglio di esperti ed infine le unità pastorali per sostenere le crisi delle coppie. A volte la crisi parte per un retroterra di uno dei due coniugi non sufficientemente sviluppato in modo corretto nel corso della fanciullezza e dell’adolescenza (vedi 239). In questo caso avere un esperto che riesca a far comprendere le difficoltà diventa necessario per riprendere il cammino insieme.
Per andare avanti occorre mettere da parte se stessi facendo tacere l’orgoglio, la superbia e mantenendo sempre attivo il dialogo.
A volte è necessario un sacrificio per donare all’altro le nostre rinunce. Mantenere il dialogo sempre per potersi chiarire prima che i problemi diventano irrisolvibili. A volte invece occorre sforzarsi per allenarsi a mantenere vivo questo dialogo. Il progetto Oasi che si sta avviando quest’anno, vuole dare proprio possibilità alle coppie di incontrarsi e di ritagliarsi uno spazio tutto per loro e con l’aiuto di esperti o coppie più mature, cercare di costruire e consolidare il dialogo nella coppia
La crisi di coppia fa parte della vita insieme e bisogna accettarla senza spaventarsi. Anche a me, sacerdote, alla prima crisi mi sembrava che mi stesse cadendo il mondo addosso. Avrei avuto grande bisogno di qualcuno che mi dicesse: “Non ti preoccupare”. Occorre vedere sempre la crisi in senso positivo; il chicco di grano vive una crisi per crescere. Le crisi fanno parte della vita. Bisogna guardare il presente accettando quello che la giornata mi sta offrendo.
Dal paragrafo 232 leggiamo: “ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore”. Al momento della crisi si vorrebbe scappare da tutto ma riflettendo si vede che si rischiava di buttare all’aria una vita per una sciocchezza che così appare guardando da un’altra angolazione.
I pericoli nelle crisi sono nasconderla o illudersi di superarla da soli. Occorre invece riconoscere la crisi in corso e chiedere aiuto a chi ha competenze in merito.
Secondo punto: La separazione
In questo documento dell’Amoris Laetitia, forse per la prima volta, c’è una chiara affermazione che ci sono casi in cui la separazione è inevitabile. Ma, proprio per questo, non bisogna lasciare i separati da soli. Il papa ci dice che è necessario un discernimento per comprendere la situazione che vivono i separati e i divorziati in modo da accettarli nella comunità come cristiani e non far sentire loro un senso di colpevolezza.
Le persone separate e non risposate sono una testimonianza di fedeltà. Devono essere considerate al massimo anche coinvolgendole nelle attività pastorali cui possono dare grandi testimonianze. Anche i divorziati risposati sono e devono essere considerati parte della comunità anche se non possono accedere ai sacramenti. Questo coinvolgimento può e deve far parte di un cammino di conversione.
Sulla spinta di don Giovanni Sansone nel 2007 si cominciò in parrocchia un gruppo di preghiera per chi viveva una situazione di separazione. Successivamente dal 2009 il Cardinale Sepe ha fissato un appuntamento annuale con le persone che vivono la realtà di una famiglia ferita. Ormai dal 2014 è attivo un gruppo diocesano che lavora per contattare le persone che vivendo una situazione di separazione vogliono rimanere della comunità Cristiana anche con le limitazioni che esistono. Queste persone esprimono una fede profonda. In questo periodo, in cui non abbiamo potuto accedere alle celebrazioni ed all’eucarestia, abbiamo potuto solo intuire cosa significa vivere la lontananza dal Sacramento che invece queste persone vivono perennemente.
Chiediamoci perché l’amore finisce? Qualche volta c’è delusione. A volte c’è stato uno sbaglio iniziale. Spesso ci si accorge che l’amore è finito quando è troppo tardi per porvi rimedio.
La terza parte della discussione è rimandata al prossimo incontro