VII DOMENICA T.O. – Anno A
(Lv 19,1-2.17-18; Sal.102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48)
Solo lo Spirito Santo può far sì che le esigenze forti poste da Gesù nel “discorso del monte” non suonino come idee astratte, ma si trasformino in esperienza di vita. È Lui, lo Spirito del Signore, che può condurre la mente ed il cuore alla certezza della insufficienza dei criteri e delle norme che gli uomini e la società di danno per ristabilire nella giustizia gli equilibri violati dall’ingiustizia; per convincere menti e cuori della verità liberante, del salto di qualità nella parola del Signore delle ultime antitesi: “Avete udito … ma io vi dico”.
L’insufficienza della “legge del taglione”, un dente per un dente al fine di ristabilire l’equità, si palesava anticamente nel rischio della vendetta violenta, che offendeva la stessa equità, della giustizia “fai da te” che non risanava il cuore. Cristo non è venuto per sovvertire gli ordinamenti sociali, e le esortazioni delle lettere degli apostoli ai primi cristiani lo confermano ripetutamente, ma introduce un criterio nuovo. Invita a vedere in colui che delinque una persona, un figlio di Dio che ha sbagliato e che tuttavia vale molto di più del suo errore, ed è sempre redimibile: perciò chiede agli apostoli di farsi testimoni dell’amore di Dio, nella disponibilità a comprendere che la rigidezza di non cedere mai, di non saper perdere talvolta qualcosa, male si concilia con l’essere discepolo di chi, invece, propone di non ricambiare il prepotente con la prepotenza, pur senza confondere il vero con il falso il giusto con l’ingiusto.
Gesù domanderà questa conversione nell’insegnamento della “sua” preghiera, inserendo l’affermazione “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Anche i nemici vanno amati, dice, quelli che non sono nella cerchia dell’amore e degli affetti, quelli che fanno del male e perseguitano (Matteo scrive per i cristiani di Siria, mentre a Roma Pietro, Paolo e molti altri morivano per la fede).
Non è tanto l’esecuzione materiale degli esempi paradossali proposti nelle antitesi, ma il cambiamento di pensiero, nella preghiera e nei gesti. Dietro a Gesù il discepolo dovrà imparare a portare la croce a favore di quelli che glie la hanno imposta. Perché Lui, il Maestro, non offrì l’altra guancia quando lo schiaffeggiavano, ma morì sulla croce per i malvagi, un sacrificio immensamente superiore. Non avallò il tradimento: “meglio per quell’uomo se non fosse mai nato” (Mt.26,50), ma quando Giuda si avvicinò per il bacio con cui lo consegnava, Gesù gli disse: “amico” (Mt.26,50). Chiamando all’amore, abolisce la parola “nemico” dal suo vocabolario e vorrebbe che fosse cancellata dal nostro. I verbi di questa cancellazione sono: pregare, amare non solo chi ci ama, salutare non solo chi ci appartiene nell’affetto. Per quattro volte è ripetuto il verbo “agapào”, cioè amare gratuitamente. Ai discepoli questi verbi sono affidati non nel tono imperativo del Decalogo, ma come esortazione forte a puntare verso l’imitazione del Padre misericordioso, tenendolo presente come specchio di verità. Allora scopriranno che questi verbi non sono come una legge, ma l’offerta di una possibilità impensabile, quella di una eredità di valori, di affetti, di forze, di comportamenti: “voi potete amare anche i nemici”. Io posso amare come Dio!
Questo è il primo intento della vita cristiana, che rende il discepolo come un sacramento della benevolenza di Dio, suo imitatore. Amando indistintamente tutti, il cristiano esprime nel modo più vero e sicuro il suo essere figlio di quel Dio che manda su tutti il sole e l’acqua, senza tenere conto dei demeriti. L’amore “difficile” per chi fa del male o non appare amabile, è la strada diritta, l’unica norma dell’agire cristiano. È un traguardo. Quell’amore che facciamo fatica ad imparare, può essere mio, nostro. Quando l’avremo, saremo portatori di una vita che rimane per l’eternità. Quando preghiamo per averlo – in particolare nell’Eucarestia – riceviamo l’energia per attuarlo.
Diceva Agostino ai cristiani di Ippona:
“Non vi sembri una cosa impossibile.
Io so, conosco, so per esperienza personale che ci sono cristiani che amano i loro nemici.
Se vi sembrerà una cosa impossibile, non la farete.
Innanzitutto dovete credere che è possibile, e pregare che si compia in voi la volontà di Dio…
Saulo era nemico della Chiesa; così si pregò per lui e divenne amico …
Prega anche tu contro la cattiveria del tuo nemico: muoia quella ed egli viva!”
(Agostino, discorso 56,10)